la Repubblica, 26 maggio 2024
Come vincere contro Putin
Mentre guardavo la foresta di bandierine ucraine che le famiglie hanno posto sul Maidan, nel centro di Kiev, per onorare i loro cari caduti in guerra, sono stato avvicinato da un corpulento soldato ucraino in uniforme. Fa parte della 95° brigata d’assalto aereo, un corpo di elite, e da più di un decennio combatte l’aggressione russa. “Alla vittoria, mi raccomando, versi il primo bicchiere per terra, per tutti quelli che sono caduti” mi dice.
L’atmosfera in Ucraina è cupa. Crescono le vittime. Nel cimitero militare di Leopoli vedo madri e vedove sedute in silenzio accanto alle tombe dei loro cari appena sepolti, col capo chino, la condanna a un dolore perenne scritta in viso. A detta degli esperti almeno la metà della popolazione soffre di stress post traumatico. Le forze di Vladimir Putin avanzano sfruttando il vantaggio numerico e la lentezza con cui l’Occidente fornisce agli ucraini armi di difesa aerea e munizioni adeguate. Hanno aperto un nuovo fronte a nord di Kharkiv, che dista dalla frontiera russa meno di Oxford da Londra. Il primo obiettivo russo pare sia estendere la linea del fronte, lunga circa 1000 chilometri, in modo che mentrel’Ucraina dirotta le truppe alla difesa di Karkiv, l’esercito di Putin possa avanzare all’est, occupando un’area maggiore delle province del Donetsk e del Luhansk che già rivendica come facenti parte della Federazione Russa. Un esperto militare occidentale parla di un “momento di rischio” per l’Ucraina. Il Maggiore Andriy, comandante di battaglione, mi riferisce che l’umore delle truppe “non è buono”.
“Pensano che sia ora che altri vadano a combattere,” aggiunge. Ma chi sono gli altri? La scorsa settimana è entrata in vigore, tra accese polemiche, una legge che abbassa l’età della leva a 25 anni.
Gli attacchi aerei russi hanno distrutto metà delle risorse di produzione di energia del Paese. Anche ora, in estate, manca spesso la corrente. Cresce la rabbia contro l’Occidente che non fa abbastanza e con rapidità sufficiente a consentire al Paese di difendersi. Una importante fonte ministeriale mi ha detto che il Congresso Usa “non sarà mai perdonato dagli ucraini” per l’interminabile ritardo nel voto sull’ultima tornata di aiuti all’Ucraina. Si fa sentire anche un pesante scontento riguardo all’operato del presidente Volodymyr Zelensky, il cui mandato sarebbe scaduto lunedì se il paese non si trovasse sotto legge marziale. Sotto il peso di terribili perdite e preoccupazioni circa il calo del sostegno occidentale l’orientamento dell’opinione pubblica è mutato. Per il verdetto popolare sarà determinante quali territori andranno persi. Un conto è scendere a compromessi sulla Crimea e le zone del Donbass occupate dalla Russia dal 2014, ben altro è sacrificare le vaste aree di territorio ucraino tra le due regioni, dove mezzo milione di persone avevano le loro case e le loro vite. A un più ampio compromesso territoriale dovranno corrispondere maggiori garanzie di sicurezza da parte occidentale e una prospettiva più credibile di adesione alla Ue e alla Nato. Quindi l’Ucraina è alle corde. La metafora richiama il nuovo campione dei pesi massimi, il pugile ucraino Oleksandr Usyk, che sembrava finito sotto i feroci colpi del gigantesco Tyson Fury, ma poi ha rimontato vincendo ai punti, al termine di dodici round brutali. Una vittoria di misura al dodicesimo round è quanto di meglio la patria di Usyk possa sperare al momento.
La grande differenza sta nel fatto che, diversamente dal pugile, l’Ucraina non è in grado di sconfiggere da sola un avversario più grosso di lei. Le serve subito un sostegno maggiore e più deciso da parte occidentale per mettere alle corde Putin Fury.