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 2024  maggio 26 Domenica calendario

Vannacci separato in casa La campagna solitaria mentre il partito lo snobba


MILANO – Magari sarà pure vero come prevede con la consueta modestia Roberto Vannacci – che il generale sospeso dall’esercito porterà a casa le sue 6-700 mila preferenze in tutta Italia. Di sicuro lo farà senza l’aiuto del corpaccione della Lega, il partito che lo ha candidato. Il patto con Matteo Salvini sembra più che altro la solitudine dei numeri primi. Il leader del Carroccio lo ha voluto a tutti i costi, su di lui punta le proprie fiches di rilancio, e sempre con lui chiuderà la campagna per le Europee a Milano e a Roma. Ma dietro alla coppia c’è una specie di deserto, una diffusa e ostentata indifferenza che a seconda di come andrà il voto potrebbe portare con sé la resa dei conti.
L’esempio più lampante è ciò che sta avvenendo nel collegio Nordovest, quello dove la Lega dovrebbe o potrebbe andar meglio, assieme al Nordest. I due territori storici del partito. Nel gioco delle preferenze – tre per ogni elettore, con alternanza di genere – e quindi dei santini da distribuire agli eventi, nei banchetti e nei mercati, nessuno dei candidati leghisti ha scelto di far spazio a Vannacci. Ci sono i ticket, ad esempio l’uscente Angelo Ciocca con la piemontese Gianna Gancia, oppure l’ex sindaco di Adro Oscar Lancini con Simona Bordonali; il tris con il candidato forte, fosse pure per fare una bella figura con Salvini che tanto lo pompa, non vuole però farlo nessuno. Anche perché Vannacci stesso, in piena trance agonistica, convinto di poter prendere più voti anche del presidente di Forza Italia Antonio Tajani, non facoppia con nessuno, elettoralmente parlando. Il generale che ha «disonorato la divisa» – così recitava il provvedimento della Difesa – è fisso in televisione, va in giro a presentare i suoi libri, i giornali locali lo intervistano a tutto spiano ed è a posto così. Il primo caso al mondo di un «perseguitato dal sistema» con il microfono del sistema sempre davanti.
Giusto i fedelissimi del “Capitano”, coloro i quali devono tutto a Salvini, si stanno esponendo per Vannacci. Tipo il vicesegretario Andrea Crippa e il commissario (liquidatore) della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania Igor Iezzi: portaborse di Salvini quand’era parlamentare europeo, il primo, sin dagli anni ’90 compagno di scorribande milanesi del vicepremier il secondo, nominato a fare la guardia del bidone del guscio vuoto di via Bellerio. E tutti gli altri che contano? Il presidente della Lombardia Attilio Fontana, con un tempismo ragguardevole se si pensa che siamo in piena campagna elettorale, è volato negli Stati Uniti. Prima Chicago, poi Indianapolis, «con l’obiettivo di attrarre nuovi investimenti sul territorio» fanno sapere dal palazzo della Regione. Insieme a Giancarlo Giorgetti, lo stesso Fontana aveva già annunciato di non voler votare per Vannacci. La stessa cosa che hanno fatto Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, i presidenti di Friuli Venezia-Giulia e Veneto. Sceglieremo candidati del territorio, è la formula di rito, dove la notizia è che hanno ancora voglia di barrare il simbolo della Lega l’8 e 9 giugno.
Si diceva della corsa in s olitaria, giusto affiancato dal dominus leghista quando capita, del militare- saggista. Le sezioni della Lega lo ignorano beatamente, per un evento a Milano ha dovuto fare mente locale di qualche vecchio amico disposto a ospitarlo, a Pavia s’è fatta viva una leghista candidata al Consiglio comunale. Non gli manca però il supporto del suo comitato denominato “Il mondo al contrario” e composto da ex militari e neofascisti, piccola ossatura di un futuro partito, chissà. E anche Roberto Jonghi Lavarini, alias il “Barone nero”, famoso per l’inchiesta sulla “lobby nera” (finita in un nulla di fatto), fa sapere che quel pezzo di estrema destra anti- Nato e filorussa voterà Vannacci con «l’obiettivo pragmatico di contrastare la sinistra mondialista arcobaleno».