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 2024  maggio 25 Sabato calendario

L’addio amaro di Luciano Benetton: «Sono stato tradito»



L a voce di Luciano Benetton è ferma. Ha sempre avuto uno sguardo positivo. Negli Anni Sessanta, ormai dimenticati, in quelle zone agricole del Veneto, diciamocelo «depresse», la voglia di portare lavoro buono fu alla base dello sviluppo della sua azienda. Persino il sopportare la tragedia del Ponte Morandi sebbene il «signor Luciano» come lo hanno sempre chiamato nel gruppo, avesse da tempo lasciato (dal 2012) qualsiasi attività in azienda per dedicarsi ai suoi progetti personali come «Imago Mundi» che ha riunito quasi 30 mila artisti, l’aveva vissuta con la «responsabilità» di chi sa di esserlo sia per quello che fai, sia per quello che non fai. Ma in queste settimane nelle sue parole prevale di nuovo l’amarezza, quella di un uomo classe 1935. Amarezza profonda. Si appresta a lasciare nei giorni del suo compleanno quella Benetton che aveva creato. Dalla quale tutto era nato. I 5 mila negozi nel mondo, gli imprenditori che con lui avevano aperto luoghi di identità non solo scaffali ricolmi di maglioni colorati. Sessant’anni dopo, in quel Veneto dove non era stato facile creare posti di lavoro più confortevoli delle case, con l’aria condizionata, facendo il contrario di quello che accadeva nelle fabbriche accanto, si consumerà un addio. Definitivo stavolta.
Andiamo con ordine. Cosa sta succedendo perché questo addio a Benetton? È la sua azienda…
«In sintesi, mi sono fidato e ho sbagliato. Sono stato tradito nel vero senso della parola. Qualche mese fa ho capito che c’era qualche cosa che non andava. Che la fotografia del gruppo che ci ripetevano nei consigli di amministrazione i vertici manageriali non era reale».
Sono accuse pesanti…
«Per fortuna avevamo deciso di ritirare da tempo dalla Borsa la Benetton. E quindi i rischi imprenditoriali erano e sono tutti in capo alla famiglia. Ma ancora una volta per la mia storia, per quello che significa la società, per i dipendenti, le famiglie, i tanti che entrano fiduciosi nei negozi dalla Moldavia a Parigi da Nuova Delhi a Los Angeles, prima di lasciare il gruppo intendo spiegare con la trasparenza che mi caratterizza cosa è successo senza per questo sottrarmi alle mie responsabilità».
Ma cosa è accaduto di così grave per arrivare al punto di lasciare tutto?
«Facciamo un passo indietro. Sono uscito dall’azienda nel 2012 con la società in salute, con un fatturato di 2 miliardi e in utile, anche se la logica dice che si può sempre fare meglio. Solo dopo una forte insistenza da parte di mio fratello Gilberto ho deciso di rientrare nel 2018, poco prima della sua scomparsa. Edizione non era riuscita a trovare una compagine manageriale di qualità. La società perdeva parecchio. Appena rientrato cerco di risolvere gli errori più evidenti, verso la fine del 2019 mi suggeriscono una candidatura per il ruolo di amministratore delegato».
Fate come si legge nei manuali: è meglio che le famiglie imprenditoriali si affidino a un certo punto dello sviluppo o di una crisi a un manager…
«Sì, la mia funzione in quel momento era quella di tutor per portare ad autonomia manageriale la società. Avessi avuto vent’anni in meno mi sarei impegnato in prima persona. La scelta cade su un candidato che viene dalla montagna, mi fa simpatia, mi dico “scarpe grosse cervello fino”, si presenta con apparente volontà di capire e farsi carico dei problemi, compresa la compagine manageriale da integrare. Va detto che vengo avvertito da una telefonata accorata di un conoscente di non proseguire con questa persona perché la definisce assolutamente non idonea a un incarico così complesso».
Quindi c’era stato chi vi consigliava prudenza.
«Certo e naturalmente condivido la mia forte preoccupazione con il consulente che lo aveva proposto il quale invece mi tranquillizza insistendo che la persona è ambiziosa e molto adatta a crescere professionalmente».
Cosa accade a quel punto?
«Iniziamo la collaborazione e spiego che sono a disposizione per domande o approfondimenti nella massima autonomia dei rispettivi ruoli. Va detto che non mi ha mai chiesto nulla, né lui né i nuovi collaboratori che ha inserito, tra questi cinque provengono dall’area commerciale di una azienda con tradizione di mercato completamente diversa dalla nostra».
Lei era presidente poteva intervenire. Ha avuto tutte le possibilità.
Mi sono accorto che i conti non quadravano Poi lo choc: buco da 100 milioni
«Vede, sono stato abituato molto bene o a questo punto dovrei dire male, nel corso della mia vita professionale. Ho avuto relazioni con persone straordinarie dal carattere imprenditoriale che se si prendevano una responsabilità potevi stare certo che portavano a termine l’impegno preso. Questo valeva sia per chi faceva impresa nei negozi sia per chi lavorava all’interno della Benetton. Un patrimonio di capacità che i cosiddetti nuovi manager hanno “sfoltito” in poco tempo. Il fatto che non mi chiedesse mai niente e non si confrontasse mai su scelte anche sensibili, tipo quelle di eliminare figure professionali dalla lunga esperienza senza parlarmene, l’ho interpretato come chi ha studiato il caso e agisce consapevolmente. Sa, non mi immagino che cambino persone capaci con persone senza esperienza. Penso che i cambi siano per migliorare. Come ripeto sono stato abituato male, ho avuto la fortuna di avere attorno persone “responsabili”».
Deve tenere conto che in mezzo c’è stata anche una cosa come il Covid...
«Sì, il Covid che logicamente ha alterato l’attività e i risultati. Per questo il piano triennale per il pareggio è stato spostato al 2023 e l’obiettivo era risultato accettabile. Infatti nei vari consigli i numeri continuano a dare la fotografia di un pareggio possibile. Solo il 23 settembre del ’23 viene accennato a qualche problema ma in modo tenue. E sembrava tutto sotto controllo».
Ma siamo solo a settembre del ’23 quasi dieci mesi fa...
«Mentre riceviamo in consiglio questi primi segnali, dati in modo assolutamente non preoccupato da parte loro, mi accorgo che i numeri non mi tornano e che il problema va ben oltre a quanto hanno dichiarato a settembre. Tra l’altro era da parecchio tempo che mi arrivava uno scontento interno ed esterno all’azienda per l’atteggiamento arrogante e poco capace dei nuovi dirigenti. Frasi del tipo “abbiamo deciso noi e dovete attenervi” che non siamo abituati né a sentire né ad utilizzare in azienda, danno la levatura della nuova compagine manageriale. Naturalmente lo faccio presente con fermezza ai “nuovi” e in un cda manifesto la mia grande preoccupazione per un andamento economico che non quadra assolutamente».
Lei fa presente che i conti non quadrano e cosa succede, vengono presi rimedi...
«In uno dei consigli dei mesi successivi scoppia la bomba, di questo si tratta. Presentano d’improvviso un buco di bilancio drammatico, uno shock che ci lascia senza fiato».
Non mi dice la cifra?
«Saremo attorno ai 100 milioni. Comunque tutto quello che è emerso e sta emergendo da settembre ’23 è una vergogna».
Dove è stato l’errore?
«Guardi, o sono impreparati al punto da non saper comprendere i fondamentali dell’azienda, quindi in buona fede ma gravemente inadeguati agli incarichi che hanno ricoperto, oppure hanno deciso volontariamente di tenere nascosta la realtà dei fatti quindi omettendo informazioni preziose, fino al punto in cui non hanno più potuto nascondere la verità. Ci sarà un’investigazione a riguardo».
Non ha nulla da rimproverarsi?
«Da parte mia è stato grave l’essermi fidato e l’aver pensato che fossero consapevoli e responsabili. Una cosa del genere, però, a questo livello di gravità e sorpresa, è comunque impossibile prevenirla. Ma ripeto, non cerco scuse, mi assumo la responsabilità di aver sbagliato la scelta».
Da parte mia è stato grave essermi fidato Ora bisogna ritrovare l’energia migliore
Ora cosa succede alla Benetton, lei lascia e?
«Adesso occorre guardare avanti, nei prossimi mesi sarà fatto un piano per il futuro, abbiamo perso quattro anni e questo rende tutto più difficile non avendo la bacchetta magica. Purtroppo ci saranno sacrifici da fare. Quello che posso dire è che sarà messo il massimo impegno per ritrovare l’energia dei tempi migliori e dare nuova linfa a questo brand che rappresenta così tanto per la nostra famiglia e che porta il nostro nome».