La Stampa, 25 maggio 2024
Fazio ricorda Mike
«Mike era Mike, nel vero senso della parola e in ogni circostanza. Non un conduttore o un presentatore. Mike Bongiorno. Era riuscito a fare di se stesso una specie di archetipo». Fabio Fazio lo ricorda, nel giorno in cui avrebbe compiuto 100 anni: «Anche quando parlava al telefono era Mike Bongiorno che telefonava, perché aveva quella voce lì, quell’incedere lì, era diventato il suo modo di essere. E faceva impressione, perché sembrava che ti chiamasse dalla televisione. Lui era la televisione sempre». E della televisione italiana, Mike è stato indiscutibilmente l’icona più icona. Italoamericano, il nonno emigrato in America dalla Sicilia alla fine dell’800, nasce a New York il 26 maggio 1924. Poi torna in Italia, a Torino, città d’origine della madre, quando i genitori si separano. A Torino studia, dai padri Rosminiani, e a Torino tornava sempre volentieri. Ha una prima giovinezza molto avventurosa. Dopo l’8 settembre 1943, i tedeschi lo cercano per arrestarlo. La cattura si compie a Crodo, nella primavera del ’44: portato a San Vittore, viene condannato a morte; è trasferito in un campo di concentramento in Austria, finché nel’45 è scambiato con un prigioniero tedesco e rimpatriato. Pesa 40 chili. Torna a New York, lavora per la radio, manda alcune collaborazioni a «La Stampa», viene inviato in Italia, si avvicina alla Rai. Debutta in televisione con la televisione medesima, che nasce il 3 gennaio 1954. Lui c’è già. Con un quiz, «Arrivi e partenze».Bongiorno era l’archetipo, come dice Fazio, ma era anche molto altro. Aggiunge lo stesso Fazio: «Di lui ricordo assolutamente, e sempre, l’umiltà». Con una grande disponibilità comunicativa. Il mio personale ricordo è che, infatti, lo tormentavo. Qualunque cosa accadesse nel mondo, un genitore che uccideva un figlio o viceversa, un alpinista che si perdeva in montagna, un sub che batteva il record di apnea, c’era sempre Mike Bongiorno da sentire. Perché lui era padre, era alpinista, era subacqueo. Perché lui era gentile. Poiché avevamo un buon rapporto, al giornale mi chiedevano continuamente di telefonargli per avere un suo parere. Su tutto. I giornalisti sanno essere petulanti. Ma Bongiorno, l’uomo dei quiz, della pubblicità e di «Allegria!», era stato anche giornalista. Quindi capiva. E parlava proprio come le sue imitazioni, quelle di cui Fazio è campione: «Eh, eh, sentiamo che cosa vuole adesso, si sbrighi perché non ho tempo».Ricorda ancora Fabio Fazio: «Io ho avuto la sorte curiosa, bella, divertente, di essere suo inquilino per alcuni anni, abitavo sotto di lui, ci vedevamo con frequenza, e questa è stata una fortuna, certo. Al tempo stesso non mi sono mai abituato, non riuscivo. Per me era sempre Mike Bongiorno. Ci legano tantissimi ricordi personali belli, affettuosi: ci volevamo bene, e ritengo un privilegio l’aver potuto godere della sua amicizia e credo anche della sua stima. Lo ricordo quando mi telefonava per commentare “Che tempo che fa”; o la prima volta che andai a contattarlo a Mediaset per chiedergli di partecipare a una puntata di “Quelli che il calcio” come tifoso della Juventus, e doveva partecipare mentre sciava. Perché io cercavo di ricreare le copertine tipo quelle del settimanale “Oggi”, dove lui era un punto di riferimento ammirato da tutti. Provavo a ricostruire quella sorta di memoria».Nel 1955 aveva portato in tv «Lascia o raddoppia?», ispirato a un format americano: il gioco dilaga, diventa un fenomeno di costume e contribuisce alla diffusione dei televisori in Italia. Quando la Rai, allora naturalmente ad un canale solo, trasmetteva il programma, tutto si fermava. A lui, alle sue caratteristiche di uomo comune, affascinante nella candida banalità impreziosita di gaffe vere o studiate ad arte, Umberto Eco dedicò il saggio «Fenomenologia di Mike Bongiorno». Solo che Mike, alla faccia di Umberto Eco, era intelligente, preparatissimo, geniale nel capire l’aria dei tempi e gli umori del pubblico. Con gli Anni ’70 del ’900 arriva un altro grandissimo successo, «Il rischiatutto». Ma non di soli quiz vive l’uomo: conduce un Festival di Sanremo dietro l’altro. Alla fine ne totalizzerà undici: il primo nel 1963, l’ultimo nel 1997 con Piero Chiambretti, che veniva giù sul palcoscenico con le ali dell’angelo. Agli inizi degli Ottanta, fu tra i primi a lasciare la Rai per TeleMilano (la futura Canale 5) e a capire la potenza delle tv commerciali e delle inserzioni pubblicitarie, di cui diventò maestro. Come era convincente lui sulla bontà dei prosciutti, non lo era nessuno.Nel 1987 fu nominato vicepresidente Fininvest, ma infine ci fu una sorta di tormentato divorzio da Berlusconi e da Mediaset. Mike disse una volta a «Che tempo che fa»: «Ora c’è il figlio Piersilvio, che fa come gli pare. Però quello che mi fa star male è lui, Silvio. Mi chiamava tutte le settimane, adesso mai. Vedi come sono ben pettinato? Il mio parrucchiere è lo stesso di Silvio». Fazio: «Vuoi dire che i suoi capelli sono i tuoi?» Mike»: «No, solo che penso ci stia vedendo». E insomma, barbiere o non barbiere, la telefonata attesa poi arrivò. Ma non riuscì a far cambiare idea al presentatore, che intanto era diventato amico di Fiorello. La stralunata coppia funzionava. Avevano qualcosa di felliniano, insieme. E Bongiorno decise di passare a Sky. Con Fiorello doveva fare un programma che si sarebbe chiamato «Riskytutto». Raccontava Fiorello: «Ho preparato un monologo di tre pagine con tutte le sue frasi celebri. Una in particolare è bellissima: “Qual è il segreto per stare per tanti anni con una donna? Abbozzare”». Ma poi arrivò l’8 settembre 2009, il giorno della morte, e il «Riskytutto» salì nell’etere con lui.Ancora le parole di Fazio: «La sua raccomandazione “Non montarti la testa” è una frase indimenticabile che dice due cose fondamentali: primo, che bisogna essere umili, e secondo che bisogna avere la testa, altrimenti non ce la si può montare, neanche volendo». —