la Repubblica, 25 maggio 2024
I 34 “non ricordo” di Toti ai magistrati E sui soldi di Spinelli “Ci finanzia dal 2015 ”
GENOVA – Nella narrazione sterilizzata di Giovanni Toti, qualsiasi azione del presidente finisce per rientrare nella legittima attività politica. Aver lavorato per assicurare all’imprenditore Aldo Spinelli il buon esito di una pratica in porto e subito dopo battere cassa non è una mazzetta, come la vede la Procura. È una «captatio benevolentiae». Tra l’altro proprio «il gruppo Spinelli inizia a sostenere i miei comitati politici dal 2015», ma tutto per il governatore è legittimo. Poi: definire un membro del comitato portuale – l’avvocato Andrea La Mattina – uno che «si compra con una carta unta», secondo il presidente arrestato vuol dire «dargli più considerazione». Fare pressioni sul sindaco di Genova Marco Bucci per «raddrizzare» un altro componente dello stesso board,Giorgio Carozzi, significa invitare il primo cittadino «a fare allineare Carozzi e farlo convergere». E compiere «il giro del porto», come da Toti suggerito a Bucci, è doveroso «per ragionare dei piani di sviluppo e non per parlare dei finanziamenti».
Insomma Toti, nel verbale che racconta le sue 8 ore di interrogatorio di fronte ai pm Luca Monteverde e Federico Manotti (oltre all’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati), ha risposto a 167 domande ma con 34 fra «non ricordo» e «non so». Soprattutto, ha dato un’interpretazione dei fatti (mai negati) diametralmente opposta a quella accusatoria. Per dirla con il legale che lo assiste, Stefano Savi, «le richieste di finanziamenti a sovventori abituali non erano collegate ad alcun tipo di favore». Anzi si tratta di «richieste fatte in modo esplicito e diretto, proprio nella convinzione di avere indirizzato i suoi interventi all’interesse pubblico».
Il problema è che gli inquirenti non la pensano affatto così. E l’aria che tira, resta per nulla favorevole al governatore. Non è casuale che Savi, nonostante le dichiarazioni della vigilia, al momento abbia deciso di non presentare alla gip l’istanza di revoca dei domiciliari. Una richiesta del genere senza un parere favorevole della Procura è un enorme azzardo. E così la posizione del presidente sospeso resta congelata, e potrebbe rimanervi fino alle Europee.
Di certo nella villa di Ameglia le dimissioni non sono in discussione e, anzi, Toti rivendica «la dignità» di uomo politico azzoppato dai pm. Quegli stessi magistrati che gli hanno consentito di parlare 17 giorni dopo l’arresto, e lo hanno tenuto una giornata nella caserma dentro il porto (uniche pause per focaccia e sigarette). Toti ha risposto in primis sui contatti elettorali con la comunità dei riesini e con i gemelli Italo Maurizio e Arturo Angelo Testa. Se il presidente è accusato di voto di scambio, ai fratelli è contestata pure l’aggravante di agevolazione mafiosa. Il governatore riconosce che «sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo (parlamentare, ndr )parlando con uno dei due Testa. Ma di certo non ho mai immaginato un collegamento diretto tra voti e posti di lavoro». Pure un’intercettazione di Matteo Cozzani divenuta ormai celebre, quella in cui il capo di gabinetto teme di essere «squartato» dai riesini, viene ridimensionata: «Era un dialogo ironico».
Ma è sulle accuse più gravi di corruzione che Toti dà l’impressione di cercare equilibrismi semantici pericolosamente vicini a un’ammissione. La Procura chiede conto di una conversazione chiave con Spinelli: «Lei afferma: “Il 29 va la tua roba... ricordati che io sto aspettando anche una mano..?”. C’era una correlazione tra la pratica del rinnovo e il finanziamento?». Il governatore risponde che ascio’ Aldo «davo una buona notizia e cioè che il 29 andava all’ordine del giorno la sua pratica, e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose; al massimo era una captatio benevolentiae; volevo fare vedere che mi ero interessato per velocizzare la pratica». Poi c’è il discorso della spiaggia di Punta dell’Olmo, ancora un interessamento per Spinelli, e quel «bisogna trovare una soluzione» rivolto al consigliere regionale Alessandro Bozzano: «Intendevo dire che, sempre che la normativa lo avesse consentito, sarebbe stato bene anche secondo il nostro indirizzo politico venire incontro alla richiesta di Spinelli». Pure le pratiche per sbloccare l’apertura di un supermercato Esselunga non sono state agevolate da tangenti versate dal manager Francesco Moncada, ma avviate «perché l’arrivo del colosso in Liguria era per noi obiettivo politico preminente».