il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2024
Quella volta che Vespa, umiliato da Berlusconi, gli intonò “Bella ciao”
Nel 2001 il caso Satyricon (l’intervista di Luttazzi a Travaglio sulla nascita di Fininvest, sui rapporti di Berlusconi col boss mafioso Mangano e sull’intervista di Borsellino due giorni prima della strage di Capaci) provocò reazioni furibonde da parte del centrodestra e divenne oggetto di approfondimento di Bruno Vespa in una puntata di Porta a Porta. Vespa mandò in onda la registrazione integrale della video-intervista a Borsellino: il giudice rivelava che era in corso un’indagine della Procura di Palermo su Berlusconi, Dell’Utri e Mangano. Forza Italia avanzò contro Vespa un esposto all’Agcom con l’accusa di violazione della par condicio e di favorire l’Ulivo. L’Authority rispose che Porta a Porta non è una Tribuna elettorale, ma una trasmissione di informazione; e che non si era ancora in par condicio. Nella medesima puntata intervenne telefonicamente Silvio Berlusconi, che accusò Vespa di svolgere “un processo in diretta”: per protesta contro l’assenza di “tutele”, annunciò che la coalizione di centrodestra avrebbe disertato i programmi Rai. Nella puntata successiva di Porta a Porta, Vespa mandò in onda una video-intervista di Tmc a Montanelli, che accusava Berlusconi di “squadrismo fascista”. Il centrodestra denunciò ancora una volta la “faziosità” di Porta a Porta: l’Agcom ordinò a Vespa una puntata “riparatoria” con Dell’Utri, per garantire diritto di replica sul caso Mangano. Vespa lo fece parlare per un’ora: ciò nonostante, Forza Italia presentò all’Agcom un secondo esposto contro Porta a Porta per quella puntata, e poi altri due esposti per chiedere la chiusura del programma. Ma aveva ragione Vespa a informare gli italiani sul braccio destro di Berlusconi: Dell’Utri fu poi condannato a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Il 18 aprile 2002, durante una conferenza stampa a Sofia, Biagi, Vespa e Luttazzi furono duramente attaccati dal presidente del Consiglio Berlusconi per aver fatto “un uso criminoso della televisione pubblica”. Vespa replicò definendo Berlusconi “un vigliacco che abusa dei suoi poteri per attaccare persone più deboli di lui, alle quali non concede il diritto di difesa”; e il giorno successivo, per protesta, iniziò la puntata di Porta a Porta intonando il canto partigiano Bella ciao. Il 24 maggio Vespa volle dedicare la puntata di Porta a Porta all’informazione in Rai e invitò a condurla con lui Maurizio Costanzo, uomo Mediaset. Nonostante il 21,98% di share ottenuto, i vertici della Rai s’imbufalirono: non avevano approvato la doppia conduzione. Il Cda Rai, a maggioranza di centrodestra, cancellò Porta a Porta per “motivi di tutela aziendale”. Il presidente Rai Baldassarre arrivò a dire che “Il programma di Vespa non è degno di un Paese civile. Può andare bene per il Venezuela, non per l’Italia”. Vespa iniziò la sua battaglia legale per ritornare a condurre un programma Rai. Nel dicembre 2002 il Giudice del lavoro Pagliarini ordinò alla Rai di ricollocarlo nelle sue mansioni precedenti “ovvero alla realizzazione e alla conduzione di programmi televisivi di approfondimento dell’informazione e di attualità”; il Tribunale di Roma respinse il ricorso della Rai e confermò l’ordinanza di Pagliarini. Con Vespa tornarono le aspre critiche del centrodestra al suo programma. Nella puntata del 16 novembre 2006, dedicata alla Sicilia e ai numerosi sprechi di denaro pubblico, Vespa fu accusato di demagogia dal presidente della Regione Salvatore Cuffaro. Cinque anni dopo, Cuffaro veniva condannato a 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia. Il commento di Vespa fu cordialissimo, penetrante ed esatto: “Suca”.