il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2024
Giornalisti fermati, Edoardo Fioretto: “Mi hanno tenuto 4 ore in Questura con un pretesto”
“Mi hanno tenuto per 4 ore in questura senza farmi una domanda. Poi mi hanno rilasciato con un ‘può andare’. Se gli agenti sapevano che sono un giornalista? Certo, mi occupo di cronaca nera, alcuni di loro mi conoscono personalmente”. Edoardo Fioretto è il giornalista del Mattino di Padova e corrispondente per l’Ansa della provincia padovana che lo scorso 12 aprile è stato fermato dalla polizia mentre documentava il tentato blitz di Ultima Generazione alla mostra da “Da Monet a Matisse” in corso a Palazzo Zabarella. Una dinamica quasi sovrapponibile a quanto accaduto giovedì a Roma ai tre fotoreporter Angela Nittoli (Fatto Quotidiano), Massimo Barosum (Corriere della Sera) e Roberto Di Matteo.
Fioretto, ci racconti cosa è accaduto il 12 aprile.
Una fonte anonima mi aveva avvertito che quella mattina ci sarebbe stato un blitz ambientalista nel museo. Mi sono recato sul posto, ho pagato il biglietto e ho atteso all’interno.
Poi cos’è accaduto?
La polizia aveva fiutato qualcosa ed è riuscita a evitare il blitz: ho visto che i militanti di Ug venivano bloccati fuori dal museo e caricati sulle camionette. Allora mi sono avvicinato con la macchina fotografica per provare a documentare l’episodio.
È lì che l’hanno fermata?
Un poliziotto in borghese mi ha bloccato e chiesto i documenti. Gli ho detto che sono un giornalista, ma non ho ancora il tesserino dell’ordine perché ho da poco concluso la pratica per l’iscrizione all’albo. Così gli ho dato la carta d’identità.
Lei lavora in maniera continuativa con Il Mattino di Padova?
Sì, collaboro soprattutto con loro e con l’Ansa. Avrei poi scritto degli articoli per queste testate.
Come reagisce il poliziotto?
Guarda la carta d’identità e pone dei dubbi sulla sua autenticità. Poi mi fa aspettare circa mezzora. Secondo me c’è stato un ordine dall’alto, perché al termine di diverse telefonate, gli agenti decidono di portarmi in Questura.
Dove l’hanno messa?
Nella cella di sicurezza numero 2. Prima con gli ambientalisti che avevano fermato e un turista trevigiano che non c’entrava nulla. Poi con dei ragazzi accusati di spaccio. Tutti venivano via via interrogati, io invece restavo fermo senza che nessuno mi dicesse nulla.
Per quanto tempo è rimasto nella cella di sicurezza?
Circa quattro ore.
E in tutto questo tempo nessuno le ha fatto una domanda?
Niente. Alla fine mi hanno restituito i documenti e mi hanno lasciato andare, ho solo firmato un foglio, un ‘atto di trasporto in questura’.
Sa se l’hanno denunciata? Se è indagato per qualche reato?
L’avvocato del giornale qualche giorno fa ha chiesto copia del modello 335 (documento che attesta eventuali iscrizioni sul registro degli indagati, ndr) ma non risulta nulla.
Fonti informali di polizia ci hanno raccontato che lei aveva delle bombolette spray in borsa.
È falso. Tra l’altro, se fosse stato vero, mi avrebbero interrogato e denunciato come gli altri.
Lei fa cronaca nera. Ha a che fare con la polizia tutti i giorni. Com’è stato tornare a lavorare?
I rapporti sono cordiali. Certo, c’è molto imbarazzo, perché alcuni degli agenti che mi hanno fermato mi conoscono personalmente.
Il Viminale annovera il suo episodio tra quelli in cui i fermati non hanno “dichiarato o dimostrato” di essere giornalisti.
È escluso. Sapevano perfettamente chi fossi e perché ero lì.