ItaliaOggi, 25 maggio 2024
Uso e abuso della parola genocidio
Dover dare una definizione di genocidio è un’assurdità, dal momento che il vergognoso fenomeno si è realizzato alla massima scala ottant’anni fa, all’inizio degli Anni Quaranta, ed è ben noto. Ma certe nozioni a volte bisogna riprenderle perché tendono a coprirsi di errori o pregiudizi. Molta gente è pronta a dire che Cristoforo Colombo nel 1492 partì coraggiosamente per scoprire l’America, e allora bisogna pazientemente ripetergli che non solo, quando partì, nessuno aveva l’idea che esistesse l’America, ma che addirittura Colombo morì credendo di essere approdato sulla costa orientale dell’Asia.
Lo stesso per il genocidio che, secondo la Treccani, è la «Sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa». Sistematica significa non occasionale o sporadica. Per esempio i tedeschi cominciarono con le fucilazioni di massa. Scavavano grandi fosse, allineavano sul bordo le vittime, e le fucilavano in modo che cadessero nella fossa. Il sistema si rivelò lento e imperfetto. Allora adottarono i furgoni chiusi. Ammassavano degli ebrei in un furgone, nel quale convogliavano i gas di scarico, in modo che all’arrivo tutti fossero morti. Benché il sistema fosse industriale si accorsero presto che non bastava. Per farla breve, il sistema giusto fu quello delle camere a gas, con quale riuscirono ad uccidere milioni di ebrei. Su questo argomento si potrebbero ancora scrivere molte righe orripilanti, ma già così è facile porre la domanda: avete visto qualcosa del genere a Gaza?
Molti direbbero: «Non sapete che ci sono state 35 mila vittime civili?» Senza tenere conto che: questo numero lo dà Hamas; che Hamas non distingue i danni collaterali e i miliziani uccisi (a migliaia); che Hamas ha anche utilizzato i civili come scudi umani, mentre Israele, per principio, ha avvertito in anticipo delle sue azioni. Siamo piuttosto lontani dal genocidio.