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 2024  maggio 24 Venerdì calendario

Gli incroci pericolosi tra Meloni e Le Pen

Una volta di più il presente s’intreccia col passato. Ed è un incrocio pericoloso se appena si fa un passo falso. La francese Le Pen, da sempre aspirante all’Eliseo, e l’italiana Meloni, vincitrice delle elezioni quando pochi lo credevano possibile, non si amano ma provano a lavorare insieme per unire la destra italo-francese. Nelle intenzioni la prima vittima dell’operazione dovrebbe essere Macron, inviso a entrambe e simbolo di quell’Unione europea che loro vorrebbero non abbattere, ma disarticolare per ricostruirla su basi non ben precisate. Legittimo come progetto, ma parecchio fumoso. In primo luogo, il divorzio dagli impresentabili simil-nazisti tedeschi di Alternative è apparso troppo sbrigativo e intriso di opportunismo. Come mettere in fretta la polvere sotto il tappeto. L’occasione è stata lo “scoop” di Tonia Mastrobuoni su questo giornale: l’intervista a un dirigente di AfD secondo cui bisogna andarci piano a generalizzare con le Ss perché non tutte erano criminali. Come dire che nel 2024 la nuova destra radicale europea affida la sua credibilità al fatto di non condividere i giudizi positivi sulle Ss da parte di un neonazista tedesco.
La versione di Krah: “Non prendo soldi dai russi. Le SS criminali? Sbagliato generalizzare”
dalla nostra corrispondente Tonia Mastrobuoni
18 Maggio 2024
La verità è che altri sono i distinguo, come la storia insegna. In Francia la destra, o meglio il centro-destra di cui fu a capo il generale De Gaulle, non volle mai spartire alcunché con i nostalgici di Vichy, ossia i collaborazionisti di Pétain da cui deriva il movimento di Le Pen padre e ora di Marine. E non è l’ombra di un lontano passato, visto che si riferisce al dopoguerra e agli attentati subiti dal presidente della Quinta Repubblica. Il solco era ed è tuttora profondo. In Italia non sono mancati un tempo gli intrecci tra il Msi e il fronte lepenista, ma Giorgia Meloni sembrava essersi ispirata a un’altra tradizione: il presidenzialismo, da cui discende quel figlio mal riuscito che è il “premierato”. Nel presidenzialismo (per meglio dire, “semi-presidenzialismo”) la radice è gollista, è la storia della Quinta Repubblica; ed è altresì la corrente minoritaria che alla Costituente abbracciò questa ipotesi con Piero Calamandrei, Leo Valiani e pochi altri: il loro obiettivo era difendere la democrazia attraverso governi forti e non metterla a rischio per la debolezza in stile Facta dell’autorità centrale. Ora tutto si rimescola e si dimentica, peraltro è chiaro che il vantaggio politico dell’alleanza Meloni-Le Pen è senza dubbio della parte francese: come detto, è carburante per la campagna anti-Macron in corso Oltralpe. Fratelli d’Italia, per come si era capito, aveva un altro scopo, quello di evolvere in senso in senso liberal-conservatore e coprire l’arco di opinione che a partire dagli anni Novanta era stato rappresentato soprattutto da Berlusconi. S’intende, il profilo “liberale” è quasi sempre rimasto nell’ombra, ma il fondatore di Forza Italia non si è mai mescolato con la destra radicale europea, privilegiando invece l’adesione al Partito Popolare. La stessa apertura alla destra post-fascista italiana era avvenuto sotto il controllo berlusconiano. Adesso, alla vigilia delle elezioni europee, la Meloni è tentata dall’avviarsi in un’altra direzione. Conta forse la delusione di non essere riuscita a inserirsi tra i Popolari per rafforzarne le correnti più ostili ai patti con i socialisti. Forse questa ambiguità contribuisce alla frenata di FdI nei sondaggi. La lista della premier sembra si sia fermata, sia pure su livelli di consensi ragguardevoli. Viceversa i suoi alleati recuperano un po’ di fiato: soprattutto il partito di Tajani, forza tranquilla che parla a una certa Italia. La quale non gradisce i pasticci tipo il redditometro: danno l’idea di una squadra governativa confusa e di qualche fragilità nella leadership.