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 2024  maggio 24 Venerdì calendario

Intervista ai figli di Mike Bongiorno

Il 26 maggio Mike Bongiorno avrebbe compiuto cento anni. È stato un simbolo, un capitolo della storia della televisione e della nostra storia. “Ha fatto tante cose, ha avuto una vita incredibile ma in casa non si è mai celebrato” raccontano i tre figli, nati dal matrimonio con Daniela Zuccoli.
Era fierissimo dei suoi ragazzi: Michele ha 51 anni e fa il produttore di documentari; Nicolò, presidente della fondazione Bongiorno, ne ha 48, è regista, sceneggiatore e produttore: Leonardo, che il padre chiamava Leolino, 34 anni, laureato alla Bocconi, si occupa di finanza.
Sentite l’affetto delle persone nei confronti di papà?
Michele: “Capita che mi riconoscano o, nel momento in cui dico il nome, di essere associato a lui. Allora dico con orgoglio: “Sono parente stretto, il figlio più vecchio”. E allora partono gli aneddoti su come lo ricordano, sia le persone giovani che quelle anziane. Ognuno ha il suo Mike Bongiorno: c’è chi lo ricorda per il lavoro, chi lo ha incontrato in ambiti sportivi, come tifoso juventino, chi ricorda le sue gaffe. Mi emoziona ascoltare: trasmettono tutto l’affetto nei suoi confronti”.
Nicolò: “Sottolineo quello che dice Michele: ci sentiamo parte di tante famiglie, ci confidano ricordi personali, privati… In effetti ci trattano come parenti, è strano”. Leonardo: “È così: la gente che ci ferma associa momenti della propria vita, la nonna con cui guardavano la trasmissione…Papà era come un metronomo, ha scandito il tempo nel privato, nella crescita del Paese. Era una figura che dava tranquillità”.
Siete sempre stati riservati: nessuno è mai stato tentato di fare tv?
Michele: “Credo molto nella professionalità, non credo in una dinastia o che si debba seguire la strada di un genitore. Bisogna prepararsi. Papà ha fatto questo mestiere di istinto, senza fare le scuole, ma era un altro mondo. Lui è stato un grandissimo professionista, ma ci vogliono le occasioni insieme alla fortuna e all’impegno. Il 900 è stato un secolo di grandi opportunità, dovevi saperle cogliere e meritare. Papà ha debuttato in un momento così delicato, con la guerra, tra l’Italia e l’America, grazie alle doti di comunicatore, vincendo la timidezza, dopo di che la carriera è stata una cavalcata”.
Nicolò: “Ho studiato cinema, recitazione tante cose, ma di fatto nessuno mi ha mai proposto e io neanche sono andato a cercarlo. Saremmo ridicoli poi magari no, non lo so. Sia io che Michele siamo entrati nel mondo dello spettacolo, ma in settori di nicchia, valorizzando la nostra identità”.
Leonardo: “Lui mi ha fatto comparire, con amore, in qualche sua trasmissione. Abbiamo girato insieme qualche pubblicità, sono stato al suo fianco in qualche gioco. L’ho fatto per lui, non era quello che volevo fare, preferisco il mio settore, la finanza. Mi costruisco la mia realtà da solo”.
 
Che padre era?
Michele: “Lo vedevamo poco, con me è Nicolò è stato anche autoritario. Oggi che sono padre lo ringrazio di questa severità, ci ha formato, non era misurato in una dolcezza casalinga”.
Nicolò: “Era severo, teneva molto all’educazione”.
Leonardo: “Io sono nato in una fase avanzata della sua età, ha avuto la felicità di avere un figlio piccolo. Con me era diverso, aveva scoperto come cambiare i pannolini”.
Raccontava sempre che era ansioso e la aspettava sveglio quando usciva la sera.
Leonardo: “È vero, fumava il sigaro e si metteva in cucina per guardare le telecamere di sicurezza per controllare. Si arrabbiava se arrivavo tardi, poi gli passava, si scioglieva e faceva una delle sue battute”.
Nella vita quotidiana com’era?
Michele: “Mamma ci è stata vicina nel day by day. Papà aveva una vita incredibile, incontrava personaggi di ogni tipo: campioni dello sport, ci portava l’autografo, ci raccontava dei suoi concorrenti. Era molto spiritoso, credo che avesse una capacità comica nascosta. Uno lo immaginava vestito elegante, professionale, ma aveva tempi comici straordinari”.
Nicolò: “Michele era il primogenito, Leo il piccolo, parlando di me faceva una battuta. ‘Con il figlio di mezzo scherzo sempre perché è il figlio che non conta. Ci facciamo sopra una risata, sa stare al gioco’. I momenti più belli erano quelli in cui si lasciava andare: si metteva la vestaglia, fumava ed era insieme padre e personaggio pubblico. Ci facevamo grandi risate”.
Michele: “Uno che ne aveva passate tante nella vita, come lui – la guerra, la prigionia – diceva sempre che bisognava anche saper scherzare”.
Leonardo: “Raccontava come negli anni della Rai ci fossero molte regole: non poteva scappare una parolaccia, la Democrazia cristiana aveva incardinato le cose. Così veniva fuori questo suo lato comico”.
Che significa essere figli di un monumento della televisione, avete sentito la responsabilità?
Michele: “Non so cosa voglia dire essere figlio di qualcun altro. Ognuno di noi ha la propria vita e la proprio identità, ma cerchiamo tutti, come famiglia, di portare avanti i suoi valori e un certo stile. E anche adesso, con la Fondazione, di fare beneficenza e offrire borse di studio. Curiamo le cose a cui avrebbe tenuto. Lo vedo anche nel rapporto con le mie figlie, il papà è comunque il papà. Un padre amorevole e perbene spera sempre di essere l’idolo dei figli, a prescindere dalla professione”.
Nicolò: “A volte è un peso, ma è anche bellissimo. Il rapporto padre-figlio è universale, per noi è così in tutte le sfaccettature. Da un lato è un privilegio, dall’altro c’è una complessità da gestire”.
Leonardo: “Oltre alla responsabilità verso il resto del mondo sento quella di portare avanti la sua eredità morale: voglio che sia fiero di me”.
Viaggi indimenticabili fatti insieme?
Michele: “Era attaccato al suo essere americano, aveva girato tutti gli Stati Uniti, si sentiva a casa. Ricordo quanto fosse felice nei parchi nazionali e quanto gli piacesse condividere quella gioia con noi. Papà aveva tutte le possibilità ma non cercava il lusso nei viaggi on the road: una sera potevi dormire nell’hotel più elegante, la sera dopo in un motel in una zona desolata e anche nel sacco a pelo”.
Nicolò: “Ricordo quando ci siamo uniti a una tribù indiana. Bellissimo”.
Leonardo: “Io ho fatto viaggi con la mamma e il papà, da soli in Cina, in India. Viaggi faticosi, duri, aveva piacere a scoprire le culture del mondo in maniera anche umile”.
Era uno sportivo, gli pesava l’età?
Michele: “Viveva la vita appieno, non ha mai smesso di fare sport. Con noi faceva trasparire il lato vero, umano, anche le debolezze, senza fare il fenomeno. Diceva: ‘Faccio più fatica, mi sento più stanco’. La maggioranza delle persone alla sua età stava sul divano con la copertina, lui mi confidava di essere un po’ stanco dopo una sciata. ‘A una certa età hai paura delle malattie, io sono contento di stare così’. Quanto è stato bravo da andare via da un giorno all’altro, le malattie le aveva schivate”.
Nicolò: “Ci teneva molto a stare in forma, era sano. Secondo me non si è mai visto anziano o nonno. Scherzava sulla longevità: ‘Mi ha detto il mio medico che dimostro 20 anni di meno’. Stressava tutti con questa cosa. Per lui era importante essere giovani, era un uomo di spettacolo che si guardava allo specchio”.
Leonardo: “Era pieno di programmi: doveva rifare Rischiatutto su Sky, aveva nuove idee. Ma non dimenticherò mai quando, in uno degli ultimi viaggi con lui, uscendo dalla piscina, tremava un po’ e si è appoggiato al mio braccio. Venti giorni dopo è mancato”.

In cosa pensate di somigliargli?
Michele: “Ci ha trasmesso tante cose. Siamo internazionali, era un uomo coraggioso e noi lo stiamo stati, abbiamo avuto anche momenti difficili”.
Leonardo: “Era sempre positivo, il suo simbolo era il sole che sorride: me lo sono tatuato”.
Nicolò: “Come lui siamo disponibili all’incontro con gli altri. Siamo un po’ di tutti e di nessuno, è l’identità dell’essere italo-americani. Lui era il cittadino più famoso ma anche un orfano”.
Per cosa lo ringraziate?
Michele: “Sembra banale, per prima cosa di averci dato la vita, di essere stato un esempio, di averci lasciato tanti ricordi. Quasi tutti i giorni accendo la tv e qualcuno lo cita, è sempre tirato in mezzo, anche prendendolo in giro, non si deve piacere a tutti. Ma parlandone, tengono viva la memoria”.
Nicolò: “Per averci trasmesso questa apertura mentale, la fecondità dei rapporti. E per la potenzialità enorme nell’essere noi stessi”.
Leonardo: “Per la cultura del lavoro: era il primo ad arrivare in studio e l’ultimo a spegnere la luce”.