Corriere della Sera, 23 maggio 2024
Intervista a Valeria Golino
CANNES Lo sguardo di Valeria, il suo magnetismo inquadrano la sensualità, la voluttà, l’erotismo al femminile, il desiderio che si incarna: «A breve comincio il film di Mario Martone su Goliarda Sapienza. È un cerchio che si chiude». È a Cannes come regista di L’arte della gioia, dal romanzo scabroso di Goliarda Sapienza.
Una femminilità fuori dagli schemi, «fantasmagorica, morbosa, rivoluzionaria». La serie sarà nelle sale in due parti, dal 30 maggio la prima, dal 13 giugno la seconda, prima di arrivare su Sky, che la produce. La rinuncia, la perdizione, la violenza dell’uomo su Modesta (Tecla Insolia), un’antieroina scorticata dalla vita che viene dal nulla.
Libera, amorale…
«Nasce nel 1900 e vive come una selvaggia. Non conosce il limite, mangia con le mani, in una Sicilia senza mare. Si ritrova nell’orfanotrofio di un convento, novizia sotto la protezione della madre superiora, (Jasmine Trinca), prima di essere sbattuta fuori, finendo nella sontuosa dimora della madre «di» Jasmine, la principessa Gaia (Valeria Bruni Tedeschi). C’è qualcosa in Modesta che mi riguarda, però in lei vivono cento donne, va oltre».
Lei in cosa è trasgressiva?
«Da ragazzina ho rubato ai grandi magazzini in America, poi qualche canna. Ma sono una che cerca di non creare fratture, non ho quel tipo di insolenza. Sono più docile di quello che sembra: ma non lo sono intellettualmente».
Il romanzo fu rifiutato.
«La prima volta che l’ho letto mi ha turbato, lo sentivo come una cosa aliena da me. Poi non riuscivo a trovare il bandolo della matassa su come renderlo un film. Ho conosciuto Goliarda a 18 anni, è stata mia coach di linguaggio nel film di Citto Maselli Storia d’amore, del 1986, lei morì dieci anni dopo. Ero troppo giovane, non l’ho capita veramente ed è il mio rimpianto. Goliarda cercava il bello ovunque, aveva intuizioni continue, un’intelligenza anfibia, di terra e di mare».
L’attrice che dirige attrici.
«Ma anche gli attori li tocco, li acchiappo, gli do’ pacche. Ho un rapporto carnale con loro, maschi e femmine». Si ferma, scherza. «A Tecla ho detto: non mi denunciare. Ho visto il suo self tape e ho pensato: che c’entra lei con Modesta... Avevo fatto il casting ad altre zingarelle. Qualcuno mi ha detto che Tecla canta, pensavo che non l’avrei presa. Ha cantato Mi sono innamorata di te e si è fermato il tempo».
Ha due amiche nel cast.
«Jasmine Trinca. Di lei, anche se fisicamente nel romanzo è bionda e con gli occhi azzurri, non riesco mai a fare a meno, l’ho anche sognata, ha la giusta ambiguità e veemenza. Ed è difficile definire l’imprevedibilità di Valeria Bruni Tedeschi. Pensavo fosse troppo giovane per quel ruolo, ero riluttante. Allora mi ha detto: fammi un provino. Era già lei, stava già facendo il film. Valeria è come un cavallo di razza che deve correre, le metti le redini e la sua potenza si condensa».
Cosa pensa dell’incomprensione tra Valeria e sua sorella Carla Bruni che…
«Lo sfogo di Carla in tv? Valeria fa film sulla sua famiglia, a volte può essere fastidioso per i parenti. Sono discussioni normali, càpitano. Si vogliono bene, hanno complicità. Nei film di Valeria interpreto Carla (che ama bere), in modo grazioso e doloroso».
E la sua arte della gioia?
«La mia natura va oltre la gioia, cerco il bello da qualche parte. Vivo nel presente, ora e qui. Ho una ritrosia alla memoria. Il passato mi riguarda sempre meno, e mi ricordo sempre meno».
Il tappeto rosso?
«Incombe sempre il fastidio e il modo di esporti in modo frivolo. Ma c’è una mia parte un po’ più vanitosetta, e quando i fotografi urlano in francese Valerià, mi giro verso di loro e dico: eccomi».