Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 23 Giovedì calendario

FdI cala al 26,5%, il Pd sale al 22,5


Quello che presentiamo oggi è l’ultimo sondaggio prima del voto europeo. Nelle ultime due settimane di campagna elettorale è vietata la pubblicazione delle stime di voto. Si tratta quindi di una fotografia delle intenzioni attuali, che non necessariamente rappresentano il possibile esito finale del voto. Questo per almeno tre ragioni: la prima è relativa all’affluenza, che potrebbe variare in funzione dell’impatto delle ultime settimane di campagna e quindi incidere sui risultati; la seconda e la terza sono relative a una certa aleatorietà delle opinioni. Da un lato, più di un quarto degli elettori sceglie il partito per cui votare nell’ultima settimana prima del voto; dall’altro, chi si esprime per un partito nel sondaggio tiene in considerazione anche altri partiti, spesso della stessa coalizione, il che potrebbe portare parte degli elettori a cambiare il proprio voto in funzione dell’andamento della campagna elettorale. Fatta questa doverosa premessa metodologica, vediamo le stime di voto.
Fratelli d’Italia viene stimato oggi al 26,5%, con un calo netto di ben due punti rispetto ad aprile. Calo che si collega all’analoga discesa nella valutazione della presidente del Consiglio, il cui gradimento cala di tre punti rispetto al mese scorso e di cinque rispetto al livello più elevato da quando abbiamo cominciato a testare il voto europeo. E analoghi indicatori si evidenziano per il governo. Probabilmente in queste difficoltà si sommano diversi elementi, dalla difficile situazione delle finanze statali evidenziata in qualche caso ruvidamente dal ministro Giorgetti, alle differenze sempre più evidenti nella coalizione, fino alle recenti posizioni sull’Europa espresse al convegno di Vox da Giorgia Meloni che ne hanno appannato l’immagine «europeista» che si era costruita. Rimane certo il fatto che un risultato del genere non scenderebbe sotto l’asticella fissata da Meloni stessa (il 26% delle Politiche), ma se fosse confermato non sarebbe una performance entusiasmante.
Sempre nell’area governativa, si conferma il buon andamento di Forza Italia (con Noi Moderati): oggi al 9,2%, in crescita dello 0,6%. La direzione di Tajani, la sua capacità di smarcarsi dalla Lega e di tenere dritta la barra sul versante moderato ed europeista continua a pagare. Si conferma il sorpasso sulla Lega ma con un distacco che si riduce, poiché il partito di Salvini evidenzia un buon incremento, di oltre un punto in un mese, che lo porta all’8,6%. In questo caso probabilmente hanno contato da un lato le posizioni che, come spesso abbiamo detto, Salvini prende parlando alla «pancia» degli elettori (come da ultimo il piano-casa), e probabilmente anche le relative difficoltà che abbiamo evidenziato prima per Giorgia Meloni.
Il Pd è oggi stimato al 22,5%, il risultato più alto dall’insediamento della segretaria Schlein, in crescita di più di un punto nell’ultimo mese. È probabile che a fronte di un’affluenza meno elevata rispetto alle Politiche il Pd faccia registrare una maggiore tenuta dell’elettorato che si distingue per il suo «europeismo». Peraltro, le perplessità che sembravano emergere su alcune candidature, in particolare quelle più pacifiste e refrattarie sull’invio di armi all’Ucraina (da Marco Tarquinio a Cecilia Strada), sembrano essere rientrate tra gli elettori. Il partito poi, nel suo complesso, ha dato l’impressione di una maggiore unità rispetto anche a poche settimane fa, cosa particolarmente gradita da questo elettorato. Inoltre, i «mal di pancia» dell’area riformista, per quanto forse presenti, non trovano sbocchi praticabili per gli elettori del partito. E infine Elly Schlein sembra aver reso negli ultimi tempi più incisiva la sua campagna e migliorato la propria visibilità.
Il Movimento 5 Stelle, stimato al 15,4%, ha ancora un piccolo calo: di mezzo punto nell’ultimo mese, ma di due punti nell’ultimo periodo. Se da un lato Conte è molto presente in campagna (ma non è candidato), dall’altra spesso oscura i candidati «veri». Inoltre, va ricordato che il M5S ha un elettorato scarsamente europeista e molto concentrato nel Sud del Paese, dove la partecipazione alle Europee è meno forte. È quindi un partito per cui valgono, in particolare in relazione all’affluenza, le avvertenze che indicavamo in apertura.
Infine, due partiti sembrano poter superare la soglia del 4%, che consente l’accesso alla ripartizione dei seggi. Il primo è l’Alleanza Verdi Sinistra, stimata al 4,6%, con una crescita di quasi un punto nell’ultimo mese. La campagna condotta, dalla candidatura di Ilaria Salis alle battaglie ambientaliste sembra pagare. Anche se il margine non è sufficiente da dare la certezza del superamento, come pure per Stati Uniti d’Europa, forza stimata al 4,1% e in calo di qualche decimale nell’ultimo mese. Particolarmente visibile è stato Matteo Renzi, meno gli altri candidati di punta, che forse dovrebbero essere più presenti e visibili per allargare lo spettro del consenso. Leggermente sotto l’asticella Carlo Calenda con Azione, oggi stimata al 3,6%, in calo dello 0,2% nell’ultimo mese. La battaglia solitaria per ora non sembra pagare. Anche in questo caso non vi sono però certezze, i pochi decimali che separano dal successo non sono insuperabili.
Se questo fosse lo scenario, Fratelli d’Italia quasi quadruplicherebbe i propri rappresentanti in Europa, passando da sei a ventidue; Forza Italia manterrebbe la stessa rappresentanza (sette eurodeputati), mentre la Lega crollerebbe da ventinove a sette. Tra le opposizioni il Pd manterrebbe lo stesso numero di eurodeputati, 19. Il M5S ne avrebbe 13, perdendone solo uno, mentre Avs avrebbe quattro rappresentanti e Stati Uniti d’Europa 3. Questo lo stato dell’arte, con tutte le cautele del caso. Aspettiamo la conclusione della campagna elettorale e confidiamo (senza molta convinzione) che si parli davvero di Europa, un’Europa alla soglia di grandi (e obbligati) cambiamenti che non dovremmo ignorare.