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 2024  maggio 23 Giovedì calendario

Intervista a Elly Schlein

La segretaria del Partito democatico Elly Schlein è in campagna elettorale, a Recanati, ed esordisce così: «Sono stata in una cooperativa in cui da 40 anni includono al lavoro persone con disabilità. Immagini come hanno preso qui l’idea delle classi separate».
Per fortuna non è un’idea del governo, ma del generale Vannacci, che poi ci ha ripensato.
«Sa da chi l’ha presa? Da Eric Zemmour. E sa con chi sta Zemmour in Europa?».
Con i conservatori di Giorgia Meloni. Sta dicendo che non basta prendere le distanze dall’Afd come hanno fatto Le Pen e Salvini? Che le destre europee sono piene di idee del genere?
«Non vedo la differenza tra l’Afd e il razzista, misogino, fan di Putin e omofobo Eric Zemmour. Quindi vorrei fare una domanda a Meloni: dopo di lui è pronta ad accogliere Orban e Le Pen?».
È una domanda retorica?
«Vedo i segnali e dico che i cittadini hanno il diritto di saperlo prima del voto».
Quali segnali?
«Meloni a Madrid, dov’era anche Le Pen, in mezzo a nazionalisti, nostalgici della dittatura franchista, amici di Trump, ha pensato bene di attaccare la sinistra dicendo che cancella l’identità. Un giorno ci spiegherà cosa vuol dire. Intanto ricordo che in questo anno e mezzo di governo lei sta cancellando la libertà delle persone».
Non le pare un giudizio esagerato? Quali libertà ha cancellato il governo?
«Se hai un salario da fame e non riesci a pagare l’affitto non sei pienamente libero, e questo governo ha bloccato il salario minimo e cancellato il fondo affitto. Non lo sei se ti ammali e la prima visita te la danno tra un anno e mezzo».
Torniamo all’identità. Quella della destra è più chiara di quella della sinistra?
«Sono molto orgogliosa della nostra identità: antifascista, come la Costituzione. Vorrei che la premier potesse dire lo stesso».
Crede che il Ppe possa farsi attrarre dalle destre di Meloni e Le Pen?
«È già così ed è gravissimo. I popolari stanno rincorrendo l’estrema destra nazionalista tradendo la loro cultura politica che fino a qui era comunque stata europeista».
In cosa vede questa rincorsa?
«Nelle gravissime e ambigue dichiarazioni con cui Ursula von Der Leyen non ha smentito un’ipotesi di coalizione con i nazionalisti dell’Ecr e di Identità e democrazia, i gruppi di Salvini e Meloni in Europa».
In quel caso i socialisti cosa farebbero?
«Siamo stati a Berlino insieme a Scholz e a tutte le altre forze del Pse per dire che mai saremo in coalizione con le forze nazionaliste».
In Olanda Wilders sta per andare al governo con popolari e liberali.
«Stanno prendendo una china pericolosa. Wilders, l’amico di Salvini, è quello che girava con il cartello: “Non un centesimo all’Italia”. Queste destre sono nemiche del nostro Paese. Non hanno mai creduto nella strada della solidarietà europea e degli investimenti comuni. Dire meno Europa vuol dire tagliare le gambe allo sviluppo dell’Italia».
Il ministro della Salute Schillaci ha annunciato un decreto sulle liste d’attesa il 3 giugno in Cdm. La sua legge sullo stesso tema è in discussione alla Camera. Vede una convergenza?
«Siamo felici se la nostra iniziativa costringe il governo ad affrontare la drammatica situazione della sanità pubblica dovuta ai loro tagli. Possono votare insieme a noi, com’è accaduto a livello regionale, su due cose: portare la spesa sanitaria alla media europea, quindi al 7,5% del Pil, e sbloccare le assunzioni con un piano straordinario. Già in manovra il governo aveva finto di volersene occupare, e sa che hanno fatto? Hanno incentivato gli straordinari. Il che fa capire che non parlano con un medico o un infermiere da più di un anno».
Questo potrebbe essere un passo avanti.
«Difficile dirlo senza vedere il loro testo, ma vede: la destra sulla sanità è in difficoltà non per caso. Hanno un disegno diverso: vogliono una sanità in cui chi ha le risorse salta le attese e va al privato e chi non le ha rinuncia a curarsi. Non vorremmo fosse l’anticamera dello smantellamento del pubblico a favore di un sistema assicurativo privato».
Oggi il manifesto pro Vita è stato firmato da alcuni esponenti della maggioranza, ma non da Meloni. Crede davvero che la legge 194 sull’aborto, che la premier giura di non voler toccare, sia in pericolo?
«Meloni non ha nessun bisogno di toccarla se vuole impedire l’accesso all’aborto, che è un diritto fondamentale.Perché ovunque governa la destra ha ostacolato l’accesso con altri mezzi: non applicando le linee guida sulla pillola abortiva, non adeguando il numero dei medici non obiettori che dovrebbe essere garantito ovunque. Hanno fatto solo una cosa concreta sulla sanità: hanno permesso agli antiabortisti di entrare nei consultori a praticare pressioni violente sulle donne e le ragazze che vogliono accedere a un’interruzione di gravidanza. È così in tutt’Europa: le destre amiche di Meloni e Salvini attaccano il diritto delle donne a decidere del proprio corpo».
L’ha colpita che quest’iniziativa non sia stata fermata dall’ala più moderata del governo?
«In questo governo non c’è più una destra moderata».
E Forza Italia?
«Parlo di loro. Rincorrono Meloni e Salvini su scelte che sono bandiere ideologiche piantate come discriminazioni sui corpi delle donne. Vale lo stesso per le persone Lgbtqia+. Bisogna ricordare che questo governo vergognosamente non ha firmato la dichiarazione sui loro diritti. È impressionante guardare la geografia del voto: è come se in Europa ci fosse ancora un muro, e l’Italia ha scelto di stare dalla parte sbagliata».
Oggi doveva esserci il confronto tv con Meloni saltato per volontà dell’Agcom dopo un esposto dei 5 stelle. È pronta a farlo anche sul web o in un teatro?
«Ho preso atto che c’è chi ha preferito rinunciare a un ampio spazio di confronto in prima serata pur di impedirlo alle due donne che guidano i primi due partiti del Paese».
Sessismo?
«Non dico di più. Ma si ricordi com’era nato. Decisi di non andare ad Atreju in mezzo ai nazionalisti, ai franchisti, a chi voleva vedere Sanchez appeso per i piedi. Meloni disse che mi mancava il coraggio. E io risposi: dove e quando vuole. Rimango di quest’idea. Al punto che avevo accettato di farlo su Telemeloni».
La presidente Soldi ha escluso che ci sia stata censura dei vertici Rai su Scurati a Che sarà.
«Siamo rimasti molto colpiti da questa inversione di rotta perché ricordiamo come si era espressa sulla censura. Ci chiediamo cosa sia cambiato in questi giorni, perché la censura dei pensieri non allineati sta diventando un tic in Rai. Speriamo non vogliano ricominciare con le epurazioni».
Romano Prodi ha detto di non aver sentito idee forti dal Pd. Ci è rimasta male? È una campagna elettorale a corto di idee?
«Noi stiamo facendo una campagna splendida in mezzo alla gente, dove c’era bisogno di tornare per ascoltare le preoccupazioni e proporre soluzioni. Lo stiamo facendo con le proposte sulla sanità pubblica, continuando la raccolta firme sul salario minimo, sull’abolizione degli stage gratuiti, unica forma di accesso al lavoro che però è già precario, è già sfruttato. E con la battaglia per proseguire negli investimenti comuni europei e contro i paradisi fiscali: le tasse si pagano dove si fanno i profitti, non dove conviene perché ho fatto un accordo con un governo che vuole fregare risorse ai suoi vicini».
Sta dicendo che le idee forti ci sono.
«E che a ogni critica che facciamo al governo affianchiamo una proposta concreta».
Meloni dice, sintetizzo, che la sinistra dei laureati si sente superiore e non sa parlare al popolo. Non ha un po’ ragione? Non è stato uno dei problemi della sinistra nel mondo?
«La scuola pubblica e l’università pubblica sono la più grande leva di emancipazione sociale delle persone. È sostenendola che ci si avvicina al popolo. Bisogna investire di più sul diritto allo studio, pagare meglio gli insegnanti. Quello che mi colpisce è che scuola, sanità, siano i grandi rimossi della destra. E ripeto non è un caso: è un disegno. Nell’ultima manovra sulla scuola e il diritto allo studio non c’era nulla. Come su diritto alla casa, emergenza climatica, le cose che più ci chiedono i giovani quando ci dialoghiamo. Insieme alla salute mentale».
Sulle politiche per le donne aveva cercato un’alleanza.
«Avevo detto facciamo il congedo parentale paritario, cinque mesi obbligatori anche per i papà come hanno fatto in Spagna e stanno facendo in Francia. Mi fa arrabbiare che il primo governo guidato da una donna faccia scelte che penalizzano le donne».
Ci sono state misure per il lavoro femminile che Meloni rivendica, come gli aiuti per le lavoratrici con figli.
«Se non metti un euro sul sociale, riduci il numero di asili nido che faremo con il Pnrr e riduci il fondo 0-6 non stai solo negando futuro e aumentando diseguaglianze tra bambini, ma stai lasciando il carico di cura sproporzionatamente sulle spalle delle donne. Vorrei chiedere alla premier se ha visto il numero di dimissioni volontarie delle donne che quando si chiede loro perché rispondono: per la difficoltà di conciliare tempi di lavoro e tempi di vita».
Ci sono state aperture sul congedo paritario?
«Hanno votato contro al mio emendamento in manovra. Ma hanno votato a favore tutte le altre opposizioni: è un altro punto su cui lavorare insieme». —