Il Messaggero, 23 maggio 2024
Roma-Liverpool 1984, il dolore che non passa
Quando è successo tutto quello che non doveva succedere avevo tre anni. Di quei giorni non ho ricordi veri. Del 30 maggio 1984 penso di ricordare le luci di un televisore, persone che si muovono davanti a quelle luci e voci indistinte. Nient’altro.
La sconfitta ai rigori in una finale di Coppa dei Campioni, la morte e i funerali del segretario del Partito Comunista Enrigo Berlinguer, il suicidio di Agostino Di Bartolomei, il capitano della Roma sconfitta in quella finale: per tanti e tante è stato tutto talmente doloroso che in pubblico era meglio non parlarne o troncare con “Quella partita non è mai stata giocata”, “Non me lo chiedere sennò piango”, “Non c’è niente da dì”, “Lascia stare”.
I FATTI
Anche scegliere di non raccontare è un modo per dare un senso ai fatti. Se fosse un saggio, e non lo è, quello che segue potrebbe essere lo studio dell’acustica di un silenzio che segue tre lutti collettivi. La voce viene prima della parola e per questo ho scelto di registrare e trascrivere il ricordo e quindi le versione dei fatti di chi c’era e ha voluto raccontarli. Ho provato a ricostruire contenuto e forma parlata delle persone che hanno raccontato quello che gli è successo in relazione a quei fatti, e del senso che quei fatti hanno per loro ancora oggi. Fatti ai quali qualcuno fa risalire il momento preciso che ha determinato ciò che oggi sono loro e la loro città.
I DOCUMENTI
Il testo però contiene anche documenti ufficiali come bollettini medici, giornali, un telegramma ripescato da un archivio, tabellini di partite ufficializzati dalla Uefa e della Figc. Quella che segue, quindi, non può che essere una messa in scena del racconto di personaggi su fatti storicamente accertati e persone veramente esistite, e della loro ostinata ricerca di senso in tutto quello che non sarebbe dovuto succedere, e che invece è successo.
(...) Il dolore è una cosa privata la gioia è una cosa pubblica che va condivisa perché ti dà la sensazione che fai parte di una famiglia enorme di persone che improvvisamente diventano uguali a te. Questa è la prima cosa che mi viene in mente, mi ricordo la delusione pesante da bambino di sette anni vedere la Roma in bianco perché la Roma giocava in bianco e invece io mi ero immaginato il completino rosso con Barilla scritto in giallo e invece ero spaesato a vedere la Roma completamente in bianco e quindi non mi capacitavo (...) per questo come anche i rigori, non mi chiedere quello che è successo perché non capivo neanche le regole dei rigori (...) ogni rigore che tiravano chiedevo “Ma è quello decisivo? Ma è quello buono? Poi al tiro di Graziani ho capito che aveva sbagliato perché è piombato il silenzio tutti scendiamo silenziosi dallo stadio e arrivo a casa e su un muro c’era già scritto “Grazie lo stesso”.
IL LUPETTO
Io questo me lo ricordo. Cioè la partita era finita da due ore e già qualcuno aveva fatto una scritta enorme con scritto “Grazie lo stesso” con un lupetto (...) Noi ancora festeggiavamo lo scudetto dell’ottantatré e al Rione Monti, dove vivevo io, c’era ancora quel lupetto disegnato e in quella via il muro era ancora intonso e io quando tornai mio padre mi aspettava sulla strada, ci abbracciammo e piangemmo e lui sapeva che quella era la mia prima partita (...)
LA GIORNATA
Ovviamente da quella giornata sono diventato ufficialmente un tifoso della Roma (...) Atto primo. 30 maggio 1984. Silenzio. Trenta Maggio è come chiedeme come me chiamo il Trenta Maggio ha significato tanto, forse troppo. Tanto e troppo, personalmente anche tutto. Io mi sono sposato il Trenta Maggio nel 2005 perché vedevo in quella data tipo I fiori del male qualcosa da sublimare non tanto per la partita quanto per il suicidio di Agostino.
IL “MAINAGIOISMO"
Una cosa così forte così troppo totalmente romanista di cui tocca avecce a che fare ogni anno (...) devo premette che non sopporto il mainagioismo ma è una data romanista, nel senso che ci riguarda non perché è legata alla sconfitta e al suicidio. Ci riguarda perché quando Di Bartolomei segna il primo rigore sei Campione d’Europa (...) è il punto più alto della storia della Roma.