Corriere della Sera, 22 maggio 2024
Biografia di Claudio Ranieri
C’è sempre un momento per farsi dare del «bollito» (parole sue) ma bisogna avere l’umiltà e l’intelligenza per capirlo prima.
Claudio Ranieri, dopo la salvezza ottenuta sul campo del Sassuolo, dice addio al Cagliari e alla panchina, almeno quelle dei club. Ha detto che il Cagliari sarà la sua ultima squadra e così sarà, perché Ranieri è un uomo di parola. Al massimo può tenere aperto uno spiraglio per una Nazionale, perché parliamo pur sempre di un signore che è partito da Testaccio e ha conquistato il mondo. A 72 anni, però, si possono godere altri interessi senza rammaricarsi troppo.
Ranieri era legato da un altro anno di contratto con il Cagliari, ma il presidente Giulini non si è messo di traverso e gli ha detto: «Per sempre grazie!». Ranieri ha parlato di «decisione dura e sofferta. Preferisco andare così. Già avevo paura nel tornare, temevo di macchiare i tre anni che ho vissuto qua (dalla C alla A tra il 1988 e il 1991) e che mi hanno riempito il cuore. Quando ho letto le parole di Gigi Riva – “Claudio è uno di noi” —, sono tornato. Mi sono detto lasciamo stare gli egoismi e andiamo a rischiare. Mi auguro di essere ricordato come una persona positiva, che ha chiesto aiuto ai cagliaritani e ai sardi: senza di loro non ce l’avremmo fatta. Ho vissuto un anno e mezzo meraviglioso, giovedì ci sarà l’ultima partita e abbraccerò tutti calorosamente».
In inverno, il tecnico aveva dato le dimissioni: «Ho sempre detto ai ragazzi che giochi come ti alleni. Loro si allenavano benissimo, ma giocavano male. Non erano sul pezzo. Allora ho pensato di andar via, perché mi dicevo: questi credono che si salveranno solo perché ci sono io. Si sono ribellati alla mia decisione e mi hanno chiesto di rimanere. I ragazzi hanno sempre dato tutto, anche quando abbiamo giocato male».
Preferisco così
«È stata una decisione dura e sofferta, ma preferisco così. Avevo già paura nel tornare»
Ranieri ha allenato ovunque, ma in tre città potrà sempre entrare in un ristorante, mangiare e sentirsi dire che il pasto è offerto: Cagliari, Roma e Leicester. In Sardegna ha guadagnato tre promozioni e due salvezze.
Roma è stata la squadra del cuore, prima sul campo da calciatore e poi in panchina da allenatore. Al suo nome è legata la straordinaria rimonta sull’Inter di Mourinho, che lo portò a sfiorare lo scudetto 2010. Prese la squadra a zero punti dopo due giornate e le dimissioni di Spalletti: per la statistica ha avuto una media punti più alta di quella di Mourinho. Il trionfo sfuggì all’Olimpico, contro la Samp allenata da Delneri. Una grande delusione ma anche un’emozione incredibile. Nel derby ebbe il coraggio di lasciare Totti e De Rossi in panchina all’intervallo, dopo il primo tempo finito sotto 0-1. La Roma vinse 2-1 con doppietta di Vucinic e con il rigore parato sullo 0-1 da Julio Sergio a Floccari. Quella sera, in conferenza stampa, un giornalista di fede laziale provò a tormentarlo con una domanda faziosa ma lì il futuro sir Claudio era ancora sor Claudio: «Se andate avanti così, ci fate godere come ricci!».
A Leicester, che in Inghilterra è la città del rugby, è entrato nella storia vincendo la Premier League 2016 e inventando la frase «Dilly ding, dilly dong». Il trionfo del Leicester, contro le squadre più forti del mondo, è qualcosa che non si vedeva dai tempi degli scudetti di Cagliari o Verona. Una specie di Gronchi Rosa, introvabile in un calcio dove ormai al 99% vince il più ricco.
Professionale ma umano, capace di creare un rapporto speciale con i campioni ma tenendo il bene della squadra sempre al primo posto, Ranieri si è fatto voler bene quasi dappertutto. Meno che al Chelsea, dove lo chiamavano «Tinkerman», cioè quello che ripara gli oggetti anche quando non ce n’è bisogno. La spocchia dei ricchi e degli arricchiti. La Londra «posh» non è Testaccio e nemmeno la spiaggia del Poetto. Per essere veri si deve pagare un prezzo. Ma sono soldi ben spesi.