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 2024  maggio 22 Mercoledì calendario

La sfida Tajani-Salvini

ROMA – Una bordata diretta, nel corso di un dibattito nella sede della confederazione nazionale degli agricoltori: «Dire meno Europa non ha alcun senso. Serve un linguaggio meno reboante, meno da Capitan Fracassa», sibila Antonio Tajani. Il leader di Forza Italia trasforma l’attacco velato in una esplicita critica a Matteo Salvini. Fa emergere in modo chiaro lo scontro fra i due vicepremier: dispetti e battute in nome della supremazia elettorale. Va avanti così da giorni, ormai. In palio c’è la piazza d’onore dietro Fratelli d’Italia. Il “mite” Tajani ha subito una vera e propria trasformazione. Mette da parte i fronzoli, non esita ad aprire crepe nella maggioranza che si avvicina divisa alle Europee. Nessuno sconto alla Lega. Pochi minuti dopo la presentazione del disegno di legge del Carroccio sulla reintroduzione della naja, ecco immediata la stroncatura di Tajani: «Non credo che si possa istituire nuovamente la leva obbligatoria, costerebbe talmente tanto… Con il sistema che abbiamo noi sarebbe troppo dispendioso». Lo scontro è aperto e non ci sono più mezzi termini. Il senatore Claudio Borghi, fedelissimo di Salvini, propone di eliminare la bandiera europea dagli edifici pubblici italiani? Il segretario di FI lo liquida con un perentorio «ignorante». C’era una volta la colomba, il capo di una forza “rassicurante” come da slogan elettorale. Tajani ha cambiato strategia.
Ha i sondaggi sul tavolo che dicono che il sorpasso ai danni della Lega, dato quasi per scontato fino a qualche giorno fa, è adesso incerto. Quei numeri segnalano che il generale Roberto Vannacci, su cui Salvini ha puntato tutte le sue fiches per non fare affondare il suo Carroccio, sta portando qualche beneficio alla sua lista. Quelle proiezioni vedono un sostanziale testa a testa. E allora bisogna recuperare. Distinguersi. Anzitutto dentro la coalizione: la rottura sul Superbonus e sulla Sugar tax ha sorpreso tanti. Forse il punto di frizione più elevato da quando c’è il governo Meloni. «Su questi due temi, come sul rilancio del redditometro, non siamo informati e non è molto normale: non siamo ancora nel partito unico», dice Paolo Barelli, l’uomo che di Tajani èla longa manus a Montecitorio.
Sono le tensioni che caratterizzano la lunga vigilia elettorale del centrodestra, quelle che hanno portato al rinvio delle sedute del cdm sul condono edilizio. Ma il capo dei Forza Italia gioca una gara tutta sua: non vuole solo confermare queltrend positivo del partito che, dopo la morte di Berlusconi, dai più era dato per impossibile. Tajani, a differenza di Salvini, ci ha messo anche la faccia, candidandosi in prima persona. E non vuole sfigurare nel confronto con altri leader, come Meloni e Schlein, che sono scesi direttamente in campo. Per non parlare del rischio di prendere meno consensi di altri centristi come Renzi e Calenda. Non a caso il responsabile organizzativo di FI Francesco Battistoni ha scritto a tutti i segretari provinciali e regionali per chiedere «sostegno indiscusso al leader». E non solo al partito. C’è qualche dubbio soprattutto al Nord.
Ma il chiodo fisso è Salvini. Alla Lega spostata a destra, Tajani risponde con un’improvvisa incursione sui temi della società civile. Si dissocia dalla decisione dell’Italia di non sottoscrivere la dichiarazione Ue contro la transomofobia. Altra mossa studiata. Poi c’è la scelta di una dimensione di comunicazione pop: domani, a Roma, ha invitato al suo comizio del Palatiziano, i Ricchi e poveri e Gigi D’Alessio, già ospite del quasi-matrimonio di Berlusconi con Marta Fascina. E ieri, nel rispondere alle domande degli studenti nel corso di un dibattito sull’Europa del futuro organizzato da Tgcom24,Tajani ha richiamato Totò e il suo film “Gli onorevoli” del 1963, con un lungo ragionamento sulla politica che non deve diventare un mestiere. E in mezzo la citazione più famosa: “Vota Antonio”, ha detto ai ragazzi il segretario di Forza Italia. Tutti i colpi sono leciti, nella sfida a distanza con il Capitano. Nella contesa dei numeri due.