la Repubblica, 22 maggio 2024
Fuoco amico sul premierato Pera: “Riforma difettosa”
ROMA – Nessun dialogo, testo blindato e avanti come un treno. Nemmeno ora che la riforma sul premierato procede spedita verso l’approvazione in prima lettura al Senato la destra apre al confronto con le opposizioni. Decise a questo punto a vendere cara la pelle: «Interverremo tutti su ogni emendamento», annunciano ostruzionismo duro Pd, 5S e Avs quando oggi si inizieranno a votare le 3mila proposte di modifica depositate dalla minoranza.
Muro contro muro inevitabile. Durante la discussione generale, conclusa ieri, la maggioranza ha ignorato le critiche di Mario Monti: il terzo senatore a vita in pochi giorni – dopo Liliana Segre ed Elena Cattaneo – a demolire il ddl costituzionale che stravolge la democrazia parlamentare. Ma pure le obiezioni di Marcello Pera, convertitosi al melonismo ma non al sonno della ragione, che suggeriva di fermare le macchine perché «questo testo è difettoso», va cambiato, «altrimenti rischia seri problemi di costituzionalità».
Niente da fare. Fratelli d’Italia, con la sponda della ministra forzista Elisabetta Casellati, ha chiuso a ogni possibilità di ritocco. Ha dileggiato il Pd: «Il premierato lo avevate proposto per primi voi, a partire da Cesare Salvi». E il centrosinistra tutto: «Ho ascoltato i vostri interventi, spesso uguali e ripetitivi, al netto degli insulti», l’esordio sprezzante del relatore Alberto Balboni, che poi chiude con una provocazione: «Alla fine sarà il popolo a decidere se la riforma va bene: non si chiama democrazia questa? O non avete fiducia nel popolo?». Mentre il capogruppo Lucio Malan si lancia in un parallelo assurdo per smentire la deriva autoritaria: «Nel 1921 si votò regolarmente e i deputati di Benito Mussolini furono il 6,5%. Se ci fosse stata l’elezione diretta del premier non mi pare che Mussolini sarebbe potuto diventare presidente del Consiglio».
La dittatura è altro, il sottotesto. «Questo sistema riconcilia la Costituzione con la sovranità popolare», taglia corto Casellati. Che nelle repliche non spende neppure una parolaper Marcello Pera. Il quale prima aveva elogiato il premierato britannico cui il modello italiano pare ispirarsi. Poi però aveva elencato tutte le «incongruenze» del testo messo a punto dalla maggioranza: «Oltre alla fiducia iniziale da togliere, ai contrappesi da aumentare, allo Statuto dell’opposizione da introdurre», ilcahier de doleance recitato dall’ex presidente del Senato, «il progettodel governo prevede che il premier sia eletto direttamente ma non dice come. Tutto è demandato ad una legge elettorale, e io ho seri dubbi che da sé sola, senza previsioni costituzionali, possa risolvere il problema del voto estero, del possibile diverso esito elettorale Camera-Senato, della divisione dei poli politici in tre anziché in due, della soglia per ottenere il premio. Questo vuol dire», l’affondo di Pera, «che ci sono punti da correggere affinché la riforma non abbia difetti di costituzionalità. Auspico che lo dicano anche il relatore e il ministro delle Riforme poiché è inutile nasconderli».
Speranza vana. Casellati nelle repliche preferisce criticare la senatrice Segre: «Fa riferimento alla legge Acerbo del 1923, che prevedeva l’attribuzione dei due terzi alla lista che avesse superato il 25% dei voti validi. Ma chi si è mai sognato di scrivere una legge così? Non ho mai ipotizzato una soglia inferiore al 40%». E attaccare a testa bassa il Pd, «abile nel giocare l’eterno gioco dell’intrigo, del ribaltone, dei governi tecnici». Stamattina nuovo round, si inizia a votare: cinque minuti di intervento su ognuno dei 3mila emendamenti per ciascuno dei tre gruppi d’opposizione fa 750 ore. Se la destra rinuncia a tagliole e canguri il via libera alla “madre di tutte le riforme” arriverà non prima dell’estate.