Corriere della Sera, 21 maggio 2024
Il fascino del Giro d’Italia, uno sport perfetto per la tv
Non si può seguire il Giro d’Italia da spettatori: bisogna anche amarlo, capirlo (è un nostro biglietto da visita, uno dei più importanti), non aver paura dei sentimenti, struggersi per non poterlo seguire dal vivo, nonostante sia uno sport perfetto per la tv. Come scriveva nel 1955 Anna Maria Ortese, prima scrittrice a seguire la corsa («la prima donna clandestina della repubblica delle lettere ciclistiche», secondo Sergio Zavoli): «Quel maggio fu il più straordinario, il più affascinante, e anche il primo e l’ultimo maggio d’infanzia. Perché chiunque parta col Giro diventa, per un mese, bambino».
Forse allora, davanti alla festa del Giro, tutti diventavano bambini, sapevano pazientare, non si lamentavano delle strade chiuse per il passaggio della carovana. Dovremmo imparare dai francesi che considerano il Tour una festa nazionale lunga tre settimane. Le imprese dei corridori, in particolare quelle di Tadej Pogacar o di Filippo Ganna, re della cronometro, non devono farci dimenticare chi queste imprese le racconta: è il nostro compito.
Il responsabile del settore è Auro Bulbarelli, un appassionato, e RaiSport ha spalmato nel corso della giornata molti programmi. Ovviamente, per chi può, la diretta è il momento più coinvolgente. A raccontarla sono in cinque: la cronaca di Francesco Pancani, il commento tecnico del rientrante Davide Cassani (in cabina dopo undici anni) e le narrazioni culturali dello scrittore Fabio Genovesi (una meraviglia!). Con loro, in moto, Stefano Rizzato e Giada Borgato. Dopo anni di telecronache, c’è molto affiatamento tra i cinque: sanno che parlano non solo ad appassionati e specialisti (la fenomenologia del cicloamatore meriterebbe un capitolo a parte: parla in continuazione delle proprie prestazioni anche con estranei, racconta le sue imprese, come se cercasse negli altri delle conferme) ma a un pubblico che ama scoprire con la corsa anche un’Italia che non conosce, l’incanto del paesaggio, la storia dei paesi. Ancora Ortese: «Uomini di ogni classe guardare ai corridori, come a fortunati e cari fratelli».
Pancani, Cassani, Genovesi non stancatevi di ammonire quegli spettatori che aspettano il Giro solo per farsi un selfie!