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 2024  maggio 20 Lunedì calendario

Costner e la nuova saga western: rischio con 50 milioni di dollari

CANNES Forza Kevin, rimonta in sella e galoppa nella prateria, mostraci nuvole e cieli aperti sull’orizzonte senza fine. Kevin Costner in Horizon: An American Saga (nelle sale in due capitoli, il primo dal 4 luglio e il secondo dal 15 agosto) rinverdisce il sogno americano del cinema popolare western. Stare in quell’epopea è quello che a Kevin Costner, 69 anni, riesce meglio. Il tenente nordista nell’avamposto sperduto di Balla coi lupi (nel 1991 vinse 7 Oscar, tra cui quello per il miglior film e miglior regista) torna a cavallo, tenendo la colt nella fondina.
Fa tutto, attore, regista, cosceneggiatore, produttore. Troppo presto per andare in pensione. In Yellowstone, la saga tv, c’era tornato vicino, il cappello a falde larghe, e gli stivali vaqueros, tra il bestiame del Montana, patriarca nel suo bel ranch. I cowboys nel Texas sono vivi e vegeti, e quella è l’America di oggi.
In Horizon invece siamo nel cuore del vecchio, selvaggio West. Nordisti e indiani apache («erano le loro terre e volevano difenderle»), carovane di pionieri, inseguimenti, campi di grano e il rosso della Monument Valley cara a John Ford. Gente che lotta per la sopravvivenza nella natura incontaminata in un territorio inospitale. «Era un’epoca violenta e avventurosa, si galleggiava tra la vita e la morte. Non sono ossessionato dai film western ma dalla Storia del mio paese, costruita con sangue, sudore e lacrime», dice l’attore.
Rieccolo al festival: «Sono passati vent’anni da quando ho avuto il piacere di stare sulla Croisette, con Open Range, altro western. Ho aspettato il tempo giusto per tornare: non c’è posto migliore per rivelare al mondo il risultato di questa magnifica avventura».
Nel film è un tipo solitario coi baffoni, «stanco della vita e in cerca una tregua in un mondo pericoloso, e pensa agli affari suoi». Nel cast ci sono poi Sienna Miller «in cerca di una vita migliore», Sam Worthington «un soldato idealista» e Danny Huston ( figlio del maestro John Huston), che è «un colonnello realista e pragmatico». Come Francis Ford Coppola, Kevin Costner si è autofinanziato, con oltre 50 milioni di dollari: «È il prezzo della libertà e della mia integrità. Penso a questa storia da prima di Balla coi lupi. È un western convenzionale, con un inizio, una parte centrale e una fine. Non sono riuscito a convincere nessun produttore. Ma sono testardo come Francis e ho aperto io il portafogli. Non sono il tipo che va a Las Vegas, non sono quel tipo di giocatore d’azzardo. E non sono un grande uomo d’affari. Scommetto sull’amore per una storia».
Scommessa
«Non sono il tipo che va a Las Vegas, scommetto sull’amore per una storia»
Nei suoi saliscendi cinematografici, il divo americano non ha rimpianti e non ha il film preferito in tasca: «Mi piace guardare avanti». Dice che «la gente è presa dai film d’azione in cui mangi pop corn in sala».
Kevin Costner dieci anni fa si presentò alla Festa del cinema di Roma con i capelli rossicci, la sfumatura alta come la portava il calciatore Ribéry, e 15 chili di troppo. Ora è tornato asciutto e viene accolto da un’ovazione, mentre fuori la banda suona «Bella Ciao». Ha origini proletarie, suo padre riparava qualsiasi cosa, automobili e frigoriferi, mentre lui da ragazzo scriveva poesie e fantasticava, prima di scoprire il cinema. «Ma anch’io ho fatto di tutto da giovane, manovale, camionista…».
È padre di sette figli, tre avuti dalla prima moglie Cindy Silva, uno da Bridget Rooney, gli ultimi tre dall’ex modella Christine Baumgartner: «Sono grato ai miei film: daranno loro l’opportunità di conoscermi quando ero giovane». Daniel Bauer, il manager che si occupa della vendita di Horizon, dice che più che spacciarlo come il ritorno al western lo accrediterà come «il ritorno di Kevin».
Chissà se la conquista del west e la conquista del botteghino coincideranno. «Girerò il terzo e il quarto capitolo, ma devo trovare i soldi». Al box office oggi è difficile che funzionino i western. L’attore cerca il bis di Balla coi lupi, che incassò 424 milioni di dollari, oltre la metà fuori dai confini nord americani.