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 2024  maggio 20 Lunedì calendario

Intervista al ministro Urso


Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso partiamo dai temi più caldi del momento: Stellantis e Ilva. Sul primo dossier, quello strategico per la nostra manifattura, siamo quasi alla fine del negoziato con la casa automobilistica per aumentare la produzione nazionale, lei è ottimista?
«Siamo positivi, perché sappiamo di essere dalla parte della ragione e lavoriamo sempre e solo a tutela dell’interesse generale».
Ma la svolta è imminente?
«Gli stabilimenti di Stellantis si reggono solo se aumentano i livelli produttivi, con nuovi modelli elettrici ma anche ibridi. Ci aspettiamo che avvenga a Mirafiori, per raggiungere la soglia di 200mila auto, ma anche a Melfi, dove vi sono le più significative criticità nell’indotto. Un milione di veicoli è l’obiettivo su cui lo stesso Carlos Tavares concordò quando ci incontrammo al ministero in giugno dell’anno scorso. Nei prossimi giorni porteremo a definizione il contratto di sviluppo per la gigafactory di Termoli ed entrerà in vigore il nuovo piano incentivi auto. Ora tocca all’azienda».
Qualcuno sostiene che manca il dialogo.
«Personalmente ho incontrato tre volte John Elkann e tre volte Tavares. Non è necessario comunicarlo ogni volta. Abbiamo insediato il tavolo automotive a inizio legislatura e il tavolo specifico su Stellantis a dicembre scorso. Si concluderà a fine maggio con le riunioni su Pomigliano e Cassino, poi tireremo le somme, insieme. Spero che ci sia piena convergenza di tutti gli attori, ovviamente dell’azienda ma anche di sindacati, Regioni ed Anfia, l’associazione che rappresenta la filiera dell’automotive, orgoglio del Made in Italy. Più produzione, modelli innovativi, investimenti in ricerca e innovazione, salvaguardia occupazionale, tutela dell’indotto».
Ma il secondo produttore di auto, come più volte annunciato, arriverà in Italia per creare nuovi posti di lavoro?
«Penso di sì. È assolutamente necessario per colmare il gap, solo in Italia così ampio, tra produzione nazionale e immatricolazione. Ogni anno si producono 500mila auto e se ne immatricolano tre volte di più. Dobbiamo colmare questo divario».
L’ad del gruppo Carlos Tavares vuole importare e vendere nella rete Stellantis anche le auto prodotte con il suo partner in Cina.
«E noi intendiamo invece sostenere la produzione interna, e quindi il lavoro e l’impresa italiana, con la sua filiera».
Ma il sequestro delle Fiat Topolino a Livorno, così come l’operazione su Alfa Romeo Milano, ha messo in luce comportamenti anomali, da furbetti? Una minicar prodotta in Marocco ma con la bandiera tricolore sulla fiancata. La legge sul Made in Italy va rispettata....
«La legge è uguale per tutti. A tutela dei consumatori e dei produttori. Vale in Italia, dove peraltro è stata codificata venti anni fa, nel 2003, in una norma contro l’italian sounding da me stesso ideata quando ero al Commercio Estero. Ma attenzione vale anche per tutti i 53 Paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Madrid contro le indicazioni fallaci, Francia e Marocco compresi».
Ciò significa che agirete anche a livello internazionale?
«Noi ci auguriamo e lavoriamo affinché Stellantis affermi la sua leadership di produttore nazionale proprio perché tutti siamo ben consapevoli del valore aggiunto del Made in Italy, ovunque percepito come marchio di qualità ed eccellenza, proprio per questo il consumatore mondiale è disposto a pagare qualcosa in più pur di acquisire un prodotto italiano».
Altro capitolo. Su Ilva invece a che punto è la trattativa con la Ue sul prestito ponte? L’impianto più grande d’Europa avrà un rilancio?
«A buon punto. Il confronto prosegue in modo positivo e presto saremo in condizione di erogare anche i 320 milioni del prestito ponte. 150 milioni di patrimonio destinato sono già stati erogati e altrettanti lo saranno a brevissimo per le opere di manutenzione, assolutamente urgenti e necessarie».
Avete stanziato altri fondi, cambiato passo rispetto ad Arcelor, ora cosa devono aspettarsi i lavoratori di Taranto e il Paese per una filiera strategica nel contesto del mercato globale?
«Abbiamo salvato gli impianti, realizzando un piano di ripristino produttivo, a fine anno si potrà tornare a produrre 4 milioni di tonnellate annue. A fine 2025, 6 milioni. La siderurgia è strategica per la nostra industria, per questo siamo impegnati anche a Piombino e Terni e a sostenere le acciaierie del Nord, le più avanti nella tecnologia green in Europa».
Ma farete causa al colosso Arcelor Mittal che, a giudizio dei sindacati, non si è impegnato a Taranto come avrebbe dovuto?
«Spero che vi sia un accordo sull’ammontare del risarcimento. Sono state certificate oltre mille criticità agli impianti. E si stanno valutando anche i danni potenziali per la mancata produzione».
I segnali dall’economia reale sono positivi, l’occupazione cresce, la spinta delle misure del governo funziona nonostante la Bce non abbia ancora tagliato i tassi, che previsioni fa?
«Gli indicatori sono positivi. In Italia, per la prima volta, si registra una crescita del Pil superiore a quello di Francia e Germania, le altre grandi nazioni europee membri del G7, e un tasso di inflazione nettamente inferiore, ad aprile appena lo 0,9. Lo spread si è ridotto di oltre 100 punti, la Borsa di Milano segna il record di crescita, l’occupazione è aumentata di oltre mezzo di milione di posti di lavoro, l’export continua a crescere, nello scorso anno abbiamo superato la Corea del Sud diventando il quinto paese esportatore a livello mondiale. Siamo sulla strada giusta ma sappiamo che non bisogna demordere, abbiamo ancora tanto da fare».
Uno sguardo ai tavoli di crisi aziendali. Molte vertenze sono state risolte dopo anni di immobilismo, facciamo un bilancio sintetico da Nord a Sud?
«Whirlpool di Napoli come Ferrosud in Basilicata, Speedline, Treofan, Marelli e Termini Imerese, dopo dodici anni di cassa integrazione, ripartono. Siamo vicini alla soluzione per Wartsila a Trieste come per Piaggio a Genova».
I sindacati spingono per una soluzione su Industria Italiana Autobus. Come procede il vostro lavoro su questo fronte?
«Ho convocato per mercoledì un confronto con il gruppo Seri, che ha presentato una proposta di acquisizione, con i sindacati, insieme con Leonardo e Invitalia perché siano chiare le prospettive industriali e le garanzie che abbiamo ottenuto anche al fine di garantire che nel sito industriale possano insediarsi altri importanti attori nel settore della mobilità elettrica».
I venti di guerra si fanno sempre più insistenti. Come saranno i prossimi mesi?
«La prossima trilaterale Italia-Francia-Germania sulla politica industriale, si terrà a Berlino, su richiesta del collega Habeck, sull’industria della Difesa. Cambiano le priorità perché sono cambiati gli assetti geopolitici. Dobbiamo passare dall’Europa dei consumatori all’Europa dei produttori, sostenendo l’impresa e il lavoro europeo, come fanno gli Stati Uniti, anche per garantire, attraverso la filiera produttiva, l’autonomia strategica europea. Per questo stiamo investendo sulla siderurgia e sulla chimica verde, sulla microelettronica e sulle materie prime critiche che servono alla tecnologia digitale e green, dalle batterie ai pannelli fotovoltaici, ai semiconduttori, all’aerospazio. La sicurezza economica sarà il nuovo paradigma dell’Europa».