Il Messaggero, 20 maggio 2024
Il coraggio che manca alla Bce
Manca poco più di due settimane alla riunione del Consiglio direttivo della Bce, che il 6 giugno è chiamato a decidere sulla politica monetaria. Nelle dichiarazioni spesso discordanti dei membri del Direttivo appare consolidato l’orientamento per un taglio dei tassi d’interesse di riferimento di 25 punti base che, tuttavia, si potrebbe considerare in parte scontato dal mercato. L’inflazione nell’area al 2,4 per cento e in marcia verso il target della Bce (il 2 per cento che segnala il conseguimento della stabilità dei prezzi, come è nel suo mandato) e l’osservazione di un non innesco di una temuta spirale salari-prezzi non potrebbero che portare, a questo punto, che alla decisione del taglio. Semmai sarebbe opportuno valutare un aumento della prevista percentuale, portandola a una riduzione di 50 punti base dei tassi in questione che, per i diversi tipi di operazioni, oggi si articolano nel 4 per cento, 4,50 e 4,75.Il dibattito tra gli esponenti di vertice dell’Istituto centrale, pur con gli accennati contraccolpi negativi, si rivolge ora al dopo giugno, con i cosiddetti falchi del Direttivo pronti sin d’ora a escludere che si possano tagliare i tassi anche a luglio per altri 25 punti base. Insomma, quasi un modo per configurare quella di cui si discute come una riduzione straordinaria, senza che siano maturi i tempi per prevedere altri tagli, nell’anno, tra lo O, lo 0,75 e l’1 per cento complessivi. Torna a farsi strada l’indirizzo delle scelte da operare senza programmare, «riunione per riunione» e «in base ai dati», rinunciando così ad agire d’anticipo, sulle aspettative, come è, invece, proprio della politica monetaria. Ora che, sia pure in maniera ancora insufficiente, nell’Eurozona e nell’Unione sembra avviarsi una ripresa del Pil, per l’anno di poco sotto l’1 per cento, un impulso deciso, che venisse dal costo del denaro e dall’effetto annuncio di un allontanamento progressivo da un governo restrittivo della moneta, sarebbe particolarmente importante. Gli effetti delle decisioni della Bce si dovrebbero trasferire sui tassi di mercato, migliorando il trattamento di famiglie e imprese. In Italia, il tasso sui mutui è sceso, secondo i dati Abi, ad aprile al 3,67 per cento dal 3,79 di marzo, mentre la remunerazione dei depositi in conto corrente è passata, nei due mesi, dallo 0,57 allo 0,59 per cento. I tassi dei crediti alle imprese sono, però, in media aumentati dal 5,26 per cento al 5,32.Ma i tagli dovrebbero innescare pure una riduzione dell’onere del finanziamento del Tesoro. Occorre, però, che il mutamento d’impostazione sia percepito come proprio di una nuova linea strategica nella quale potere in qualche modo confidare, pur tenendo conto dell’elasticità che deve avere la leva monetaria. Il contesto non è certo dei migliori, con le due guerre in corso da un lato, e con la pendenza di scelte politiche importanti dall’altro, a cominciare dalle elezioni europee che a novembre saranno seguite da quelle americane. È auspicabile che il quadro che presenterà e farà proprio il G7, che si terrà a ridosso dal voto comunitario, sia in grado, per quel che è possibile, di dare certezze non solo sui grandi temi del multilateralismo, ma anche sulle diverse transizioni e sulle relazioni tra le grandi aree monetarie.Comunque resta sempre fondamentale un raccordo tra politica monetaria, politica economica e di finanza pubblica e politica dei redditi, nel rispetto delle relative autonomie, che un diverso ruolo dell’Unione e dell’Eurozona dovrebbero sostenere. A ciò comunque non possono che nuocere indecisioni, contraddizioni e vaghezza di obiettivi della politica monetaria. Non si equilibrerebbe di certo l’aver tenuto per lungo tempo i tassi prossimi allo zero, ritenendo che lo sviluppo dell’inflazione fosse transitorio, e così gravemente sbagliando, con il temporeggiare oggi sugli «0,25 per cento», alla stregua del Don Ferrante manzoniano, incapace di decidere se la peste fosse sostanza o accidente, con la tragica fine purtroppo nota. Un raccordo altresì continua ad essere importante, ma purtroppo finora inattuato, tra politica monetaria e Vigilanza bancaria. Opportune sarebbero scelte di «premi e sanzioni» per le banche commerciali, a seconda delle loro politiche, a cominciare dalla remunerazione dei depositi e dal margine di interesse. Insomma, servirebbe una vera svolta, che facesse tesoro degli insegnamenti degli errori di questi ultimi anni e della pessima comunicazione adottata. Non dovrebbe riguardare solo i tassi, ma dovrebbe ridiscutere le strategie e l’operatività della seconda Banca centrale del mondo.