il Fatto Quotidiano, 20 maggio 2024
I papà massoni della legge sul divorzio, la P2 e la reazione liberale: “Gelli prosperò con Dc-Pci”
Il liberale Antonio Baslini (1926-1995) e il socialista Loris Fortuna (1924-1985) sono entrati con grande e giusto merito nella storia dell’Italia per essere stati i padri della legge sul divorzio che, quattro anni dopo la sua introduzione nel dicembre del 1970, resse all’onda d’urto del referendum abrogativo voluto dalla Democrazia cristiana.
Il cinquantesimo anniversario della vittoria dei no al referendum – quasi il 60 per cento dei votanti – è stato celebrato una settimana fa, il 12 e il 13 maggio, e per l’occasione il Grande Oriente d’Italia (GOI), la maggiore obbedienza massonica, ha rivendicato per l’ennesima volta l’appartenenza alla libera muratoria dei “fratelli” Baslini e Fortuna. Quest’ultimo, parlamentare e ministro socialista fino all’anno della sua morte, il 1985, “era stato iniziato in una Loggia all’obbedienza della Gran Loggia del Territorio Libero di Trieste, costituitasi in pieno accordo con il Grande Oriente d’Italia, immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
Più controverso, invece, il caso di Baslini, esponente di quel Pli che si richiamava alla tradizione della Destra storica di Cavour e poi alla lunga fase giolittiana. Il Grande Oriente infatti non specifica in quale loggia fosse stato iniziato Baslini. Per un semplice motivo: il nome dell’allora parlamentare liberale (fu deputato dal 1963 al 1987) figurava nella fatidica lista della P2 di Licio Gelli, trovata nel 1981. E la Propaganda 2 era una loggia “coperta” e deviata proprio del GOI. Tra le carte dell’inchiesta c’erano un invito di Gelli a Baslini e una ricevuta delle quote pagate dal politico del Pli ma con la dicitura “annullata”.
Il deputato si difese producendo una sua lettera del luglio del 1978 e indirizzata al capo della loggia piduista in cui rifiutava di aderire alla massoneria. Non solo. Nel 1984 querelò per falso e diffamazione Gelli e nella denuncia scrisse: “I miei rapporti, non con la Loggia P2, ma con la massoneria sono stati esigui e occasionali. Questa organizzazione aveva di propria iniziativa appoggiato la mia campagna elettorale in occasione delle elezioni dell’anno 1972, in considerazione della mia particolare posizione, quale presentatore della legge sul divorzio. E ciò in quanto le finalità della campagna sul divorzio coincidevano con quelle tradizionali della massoneria”. La denuncia di Baslini fa parte delle carte di Valerio Zanone (1936-2016) custodite nell’archivio del Senato. Più volte ministro, Zanone fu segretario nazionale del Pli dal 1976 al 1985 e nel 2006 fu senatore della Margherita poi Pd. Anche Zanone ammise di essere massone, ma senza alcun legame con la P2. Ordinò pure un’indagine interna condotta dal presidente del Collegio dei probiviri del Pli, con “interrogatori” agli esponenti “presunti affiliati alla P2” tra cui lo stesso Baslini, Edgardo Sogno e Antonio Martino.
Sullo scandalo piduista, la posizione del Pli fu quella che espresse l’allora vicesegretario Antonio Patuelli, oggi a capo dell’Abi: “Il nostro sospetto è che la P2 fosse uno strumento di un gruppo di potere che si muoveva all’interno della logica, dei conflitti e dei rapporti di forza, potenziali e in atto, nell’ambito della grande coalizione di compromesso”. Ossia il compromesso storico tra Dc e Pci.