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 2024  maggio 20 Lunedì calendario

Intervista a Ron Howard

CANNES – Ci voleva Ron Howard per rendere giustizia al grande Jim Henson, creatore dei Muppets ma non solo. Il regista premio Oscar porta al Festival Jim Henson: Idea man, un ritratto commovente, buffo e sorprendente in cui racconta di un genio in costante creazione, pieno di idee futuristiche. Un artista scomparso nel 1990, a soli 53 anni. Il film, su Disney+ dal 31 maggio, copre l’intera vita e carriera del protagonista: educazione nel Mississippi, matrimonio con Jane Nebel, sua compagna artistica, la nascita di Kermit, il lavoro con il Children’s Television Workshop: Sesame Street,che ha fatto conoscere a milioni di persone i Muppets.
Ecco Kermit la Rana, Miss Piggy, Gonzo, l’orso Fozzie, lo chef svedese. E ospiti speciali come Orson Welles, Luciano Pavarotti, i Beatles, Rita Moreno e Jennifer Connelly. Incontriamo Ron Howard all’hotel Carlton, berretto da baseball e scarpe da corsa consumate: «Camminare fa bene».
Negli anni è venuto tante volte, dal 1988: “Willow”, “Ed tv”, “Il codice da Vinci”, “Cuori ribelli”, “Apollo 13”, “Solo: a Star Wars story”. Quali sono i ricordi più forti?
«I primi film:Willow fu un’esperienza forte,Cuori ribelliun gigantesco evento hollywoodiano, con la coppia di divi Tom Cruise e Nicole Kidman, eravamo travolti dai fan. È un ottovolante emotivo, Cannes, ma è questo il senso. Sono sorpreso dalle reazioni per questo doc, molti sono cresciuti con iMuppets, è qualcosa di personale per loro».
Cosa ritrova di sé in Jim Henson?
«L’amore così intenso per il lavoro: non vuoi deludere il pubblico e allora gli consegni ogni frammento di vita ed energia. Jim era una eccezione creativa, molto sperimentale. Si è preso tanti rischi, ha avuto successi e grandi delusioni».
Che rapporto aveva lei con i “Muppets” prima del doc?
«Da fan e genitore ho davvero apprezzato quel che il suo lavoro ha significato per i miei figli inSesame Street,un vero strumento di apprendimento. Jim usava l’arguzia, l’umorismo, lo stile visivo ed esteticoper raggiungere i bambini. È stato il suo punto di forza. E mentre io lavoravo aWillow,lui giravaDark Crystal e
Labyrinth,
spingendo i confini di ciò che le marionette potevano significare nel cinema».
I suoi meriti sono stati riconosciuti?
«Beh, all’epoca
Labyrinth fu considerato una delusione. E, nel corso degli anni, si è sviluppato invece un profondo apprezzamento da parte del grande pubblico. Come succede nell’arte, la sperimentazione spesso non è compresa al momento, ci vuole prospettiva. Alcune delle sue idee più estreme ci parlano di più oggi. E quando mi sono rivisto
The Muppet Show, con quella satira così tagliente, ho capito che se quegli episodi li mandassero in onda oggi ci parlerebbero ancora, attraverso l’ipocrisia e le manie dei personaggi.
Sì, era un genio. C’è qualcosa di fuori dal tempo in quella voce satirica, che Jim ha trovato con i suoi pupazzi».
Il suo personaggio preferito?
«Mi piacciono tutti ma mi affascina Kermit, era davvero l’alter ego di Jim. Facendo questo doc ne sono diventato ossessionato. A partire da come Jim lo ha realizzato, con un pezzo del cappotto di sua madre e due palline da ping pong».
George Lucas riceverà qui la Palma alla carriera: è stato un incontro importante per lei.
«Non sarei qui senza di lui. George ha riconosciuto e sostenuto la mia ambizione di diventare regista in un momento in cui era ridicolo pensare che qualcuno potesse passare dalle sitcom televisive americane alla regia. Non c’erano precedenti, non mi prendevano sul serio. Lui lo ha fatto».
Coppola, Costner, Schrader. Una vecchia generazione qui a Cannes arriva con i film più rischiosi.
«Non ho ancora visto Megalopolis, ma rispetto e apprezzo questi autori che prendono rischi così grandi, per se stessi ma anche per noi. Le loro carriere, le loro vite sono compiute.
Amano il cinema e il pubblico abbastanza da dire “ecco, ho un’idea, lasciatemi condividere il mio punto di vista oggi, a questo punto della mia vita con voi, quando non devo preoccuparmi dell’ipoteca della mia casa, di mandare i figli all’università.
Ci siamo solo noi: ecco il film, che ne dite?”. Penso che ci sia un grande coraggio in questo».
Lei è pronto a prendersi rischi?
«Non sono un giovanotto, ma sono ancora più giovane di quei ragazzi che sono là fuori a sfidare se stessi per offrire al pubblico qualcosa di fresco, innovativo. È ciò che vorrei per me».
Il suo nuovo film, “Eden”, parla di un gruppo che cerca alle Galapagos il significato della vita.
«Sì. È basato su eventi reali. È un thriller, una storia di sopravvivenza.
È diverso da qualsiasi cosa abbia mai fatto. Ho un cast straordinario: Sydney Sweeney, Vanessa Kirby, Jude Law e Daniel Bruhl. Grandi ruoli attoriali, ma anche personaggi molto complicati. E una storia spigolosa, raccontata attraverso versioni differenti. Molto presto lo condividerò con voi».