la Repubblica, 20 maggio 2024
Rivolta antifrancese nel paradiso della Nuova Caledonia Protesta la minoranza Kanak, strade in fiamme nelle isole
PARIGI – Emmanuel Macron vuole riprendere il controllo della Nuova Caledonia, dopo la sesta vittima in pochi giorni e mentre il ministro dell’Interno accusa potenze straniere di fomentare la rivolta nell’arcipelago, a cominciare dall’Azeirbaigian, che non ha perdonato alla Francia il sostegno all’Armenia. «L’ordine repubblicano sarà ripristinato, costi quel che costi», dice l’Alto commissario del governo, Louis Le Franc. L’esecutivo di Parigi ha messo in campo più di 600 gendarmi, tra cui un centinaio di uomini delle forze speciali, per poter liberare dalle barricate la strada tra il capoluogo Nouméa e l’aeroporto internazionale.
La rabbia degli indipendentisti nell’arcipelago francese del Pacifico meridionale ha innescato un ciclo di violenze scandito da giorni e notti di incendi, scontri e blocchi stradali. Il fatto che i voli da e per la Nuova Caledonia siano sospesi da martedì sta diventando un problema per le autorità, soprattutto da quando, nelle ultime ore, la Nuova Zelanda ha annunciato di aver chiesto alla Francia di poter far atterrare gli aerei per rimpatriare i suoi cittadini. La protesta è scoppiata lunedì scorso, nel giorno in cui è arrivata in parlamento una riforma costituzionale sul sistema elettorale che secondo i pro-indipendentisti rischia di marginalizzare ancora di più la popolazione indigena dei Kanak. La riforma avrà ancora bisogno dei tre quinti dei voti dei parlamentari riuniti in Congresso a Versailles, ma Macron ha promesso che non lo convocherà subito per dare ai partiti locali un’ultima possibilità di discutere. Il capo di Stato ha anche proposto ai leader dei partiti di Nouméa di venire a Parigi per un tavolo di concertazione.
La Nuova Caledonia è da tempo attraversata da tensioni sotto le pressioni del movimento per l’indipendenza. Nell’ultimo referendum sulla proposta di secessione dalla Francia i lealisti hanno vinto con un risicato scarto di voti. L’arcipelago lontano 18mila chilometri da Parigi aveva già avuto un’insurrezione violenta a metà anni Ottanta, con gli indipendentisti kanaki furiosi contro il potere centrale della Francia e i suoi sostenitori locali, di origine europea. Ci furono più di 70 morti, il momento più difficile fu il rapimento e la detenzione di ostaggi nella grotta di Ouvéa, nel 1988, dove alla fine furono uccisi 19 militanti kanaki e 6 militari francesi.
Furono allora firmati gli accordi di Matignon, l’inizio del tentativo di riconciliazione e del percorso di emancipazione del territorio francese, costruito attorno al riequilibrio economico, politico e su una spartizione condivisa del poterefra le due comunità, quella indipendentista dei kanaki e quella filoeuropea dei “caldoches”, gli eredi dei primi deportati francesi e dei colonialisti bianchi, che sono i più fedeli alla madrepatria. I successivi accordi di Nouméa, firmati nel 1998, hanno concesso uno statuto unicoall’arcipelago con una graduale autonomia fino all’organizzazione del referendum di autodeterminazione.
La rabbia che è esplosa nelle ultime ore è anche il frutto delle disuguaglianze economiche e sociali che continuano ad aggravarsi. Il 17per cento della popolazione, la maggior parte kanaki, vive al di sotto della soglia di povertà, il doppio rispetto alla Francia metropolitana. Parigi accusa alcune potenze straniere, come l’Azerbaigian, menzionata esplicitamente dal ministro Darmanin, di fomentare la rivolta. I sospetti vanno anche verso la Cina. Pechino è il principale importatore del nichel, il polmone economico della Nuova Caledonia. L’arcipelago francese è il quinto produttore mondiale di questo minerale.