la Repubblica, 20 maggio 2024
Intervista a Maurizio Landini
ROMA – «L’eredità di Massimo D’Antona la sentiamo forte. Lavorava per estendere a tutti i lavoratori stesse tutele e stessi diritti». Questa mattina il segretario generale della Cgil Maurizio Landini parteciperà alla commemorazione in via Salaria a Roma del giuslavorista ammazzato dalle Nuove Brigate Rosse 25 anni fa.
Qui il suo ricordo in una sta gionedi mobilitazione della Cgil con i referendum per un lavoro «tutelato, sicuro, dignitoso, stabile».
Segretario, come ricorda quel 20 maggio 1999?
«All’epocaerosegretario perl’Emilia RomagnadellaFiomCgil.Ricordoche cifuuna reazionediincredulitàprima e dirabbiapoi.Sipensava cheil terrorismobrigatistafosse scomparso.
Inveceavevacolpitononsoloun intellettualeeuno studioso dialto profilo.Maun giuristamilitante.Aveva fatto partedella consultagiuridica della Cgil.E collaborato convari governi. Si eraoccupatodella contrattualizzazionenelpubblico impiegoedella legge sulla rappresentanzacheinveceancora mancaper ilsettore privato».
Tra il 1999 e il 2003 ci fu una fiammata di ritorno del terrorismo di sinistra. Come si spiega quella stagione?
«Fu una fiammatadi ritorno, di una banda di killer sanguinari. Pochi ricordanoche la grande manifestazione dei tre milioni al Circo Massimo era per la difesa dell’articolo 18, ma anche in risposta all’uccisione di Marco Biagi, l’altro giuslavorista ucciso tre anni dopo D’Antona. I terroristi sono stati sconfitti dalla grande reazione dei lavoratori e dal sacrificio di uominiin divisa,come Emanuele Petri che pagò con la vita la cattura degli assassini di D’Antona e Biagi».
Perché le nuove Br presero di mira il lavoro e i tecnici consulenti dei ministri?
«L’avevanofattogiàinpassato.
RicordiamoEzioTarantellieRoberto Ruffilli.MaancheGuidoRossa,operaio edelegatosindacalecheaveva denunciatoi terroristi.Nellaloro folliai brigatistipensavanoadattisimbolici peraccaparrarsiconsenso.Lasconfitta diquelterrorismolasidevealla reazioneunitariadelmondodel lavoro».
Il 20 maggio cade anche l’anniversario dello Statuto dei lavoratori del 1970. Cosa le evoca questa doppia ricorrenza?
«Se54annifailParlamentohavotatolo Statuto,lodobbiamoallalottadel movimentooperaio.Lalegge300ha sancitol’ingressodellaCostituzionenel mondodellavoro,conlagaranziacontro ilicenziamentiillegittimielaconquista dellareintegra,ildirittodiassembleaedi eleggereidelegatisindacali.D’Antonafu traquantisiposeroiltemadiestendere dirittietuteleatuttelepersoneeleforme dilavoro.Fulasuagrandeintuizione.Ela suaereditàchecomeCgilvogliamo cogliere,presentandoabreveproposte dileggediiniziativapopolare.Non vogliamosoloripristinareedifenderelo Statuto.Maaffermarneunonuovoche valgaancheperilavoratoridelle piattaformeegliautonomi».
D’Antona parlava di flessibilità e tutele. Venticinque anni dopo a che punto siamo?
«La logica di ridurre le tutele ai garantiti anziché allargarle ai non garantiti ha prodotto una precarietà senza precedenti nella storia d’Italia e senza paragoni nell’Europa industrializzata. Si è affermata una legislazione del lavoro che nulla ha ache fare con l’insegnamento di D’Antona. E un modello di impresa fondato sul basso costo del lavoro, sulla precarietà e sulla logica di subappalti, esternalizzazioni, gare al massimo ribasso, anziché su investimenti, sicurezza, qualità del lavoro e innovazione».
La precarietà nasce allora?
«Nasce dalle leggi, a partire dalla metà degli anni Novanta. Leggi che rispondono a una logica in cui la concorrenza tra imprese si fa sulla precarietà senza regole, senza vincoli sociali al mercato e serie politiche industriali. Il risultato sono salari piùbassi, scarsa produttività, investimenti tecnologici insufficienti. E il nostro sistema manifatturiero sempre più a rischio».
Il Jobs Act arriva nel 2015 anche per superare alcune derive precarie di leggi precedenti, come il dilagare di false partite Iva e dei cocopro.
Perché ne chiedete l’abrogazione via referendum?
«Il Jobs Act ha diviso le persone. I nuovi assunti e chi cambia lavoro dopo il 7 marzo 2015 non ha più la tutela della reintegra contro i licenziamenti illegittimi. Questo crea divisione nel mondo del lavoro, tra chi ha più tutele e diritti e chi meno. Di questo chiediamo l’abrogazione. Poi è sotto gli occhi di tutti che l’uso delle false partite Iva non si è mai fermato.
Basta guardare alla tragedia di Firenze, la strage dei cinque operai morti nel cantiere del supermercato.
Su 60 imprese risulta che 20-25 erano in realtà singole partite Iva».
Crede che le leggi possano migliorare la qualità del lavoro?
«Crediamo intanto in una legge sulla rappresentanza che dica chiaro chi rappresenta le imprese e i lavoratori in questo Paese. Ci credeva anche D’Antona. In questi anni invece sono lievitati i contratti pirata. E questo governo legittima i sindacati che li firmano».
Esiste una flessibilità buona?
«Esiste una flessibilità contrattata e governata.Seusata inmodo unilaterale dalle imprese, è precarietà pura.La leggespagnola è un contributo affinché si affermi un’Europa sociale del lavoro. In Italia facciamoun bilancio di questi venticinque anni: i lavoratori e il Paese stanno peggio.Le formedi occupazioneche cresconodi piùsono le meno pagatee precarie: 4,5 milioni in part-time,3 milioni a tempo, un milione a chiamata,un milione interinali. Oltre alle partite Iva non per scelta. Poveri pur lavorando. È ora di cambiare registro. E vogliamo farlo aumentandoisalari conicontratti nazionali e abrogando leggi sbagliate».
La destra al governo non ama il dissenso. E usa le proteste per evocare gli anni di piombo. Quella stagione è finita per sempre?
«Nonsolo nonama ildissenso, ma mette in discussione qualsiasi forma di critica e cerca di far saltare i contropoteri sanciti dalla Costituzione. Penso all’attacco al diritto di informazione, al diritto di sciopero, all’autonomia della magistratura, alle azioni contro glistudenti che mai hannoespresso violenza, ma solopunti divista. L’unico piomboche vedo è quello del ritorno della guerra e dell’usodelle armi.Anche per questo, per la Costituzione, la pace e l’unità del Paese, saremoin piazza a Napoli sabato 25 maggio, con le associazioni della Via Maestra».