la Repubblica, 19 maggio 2024
La guerra nello spazio
StatiUniti, Russia e Cina sono protagonisti di una sfida militare nel cosmo che disegna nuovi pericoli per la sicurezza collettiva evidenziando la debolezza dei trattati internazionali esistenti nel prevenire lo scenario di una nuova corsa alle armi spaziali. Le recenti rivelazioni americane sullo sviluppo da parte della Russia di un’arma nucleare capace di distruggere, partendo dallo spazio, satelliti commerciali e militari avversari ha alzato il velo su una tipologia di “guerre spaziali” assai diverse dalla Space Defense Initiative (Sdi) che l’amministrazione Reagan progettò all’inizio degli anni Ottanta per dimostrare la superiorità tecnologica sull’Urss. L’intento dell’Sdi era infatti la creazione di uno scudo spaziale capace di intercettare e distruggere qualsiasi missile nucleare lanciato da terra mentre adesso si profila il posizionamento nel cosmo di armamenti capaci di lanciare attacchi contro satelliti avversari.
La Russia ha sperimentato con successo il veicolo segreto “Cosmos 2570”, la Cina il “Dragone Divino” e gli Stati Uniti hanno più volte fatto volare il super-classificato “X37-B”: si tratta di navicelle in grado di stazionare nello spazio diventando possibili piattaforme da cui lanciare attacchi o far partire satelliti-killer. Come John Shawn - ex vicecapo dello Space Comand del Pentagono - ha spiegato all’Economist, questo significa entrare nella “terza età spaziale” perché nella prima età, durante la Guerra Fredda, i satelliti servivano per operazioni di comunicazione e intelligence, e nella seconda, dopo il 1991, sono stati utilizzati anche per guidare missili su obiettivi specifici in conflitti come l’Afghanistan e l’Iraq, mentre adesso ci stiamo avvicinando a grandi passi alla possibilità che ad essere posizionate nello spazio siano armi capaci di colpire e distruggere satelliti altrui. La Direzione nazionale dell’intelligence americana, in documenti pubblici, afferma che Russia e Cina sono già in grado di condurre, teoricamente, queste tipologie di attacchi grazie ai successi acquisiti nello sviluppo di laser ad alta energia basati a terra, missili anti-satelliti posizionati nello spazio e veri e propri “satelliti da attacco”. Senza contare il fatto che la Cina ha testato già nel 2007 un missile lanciato da terra capace di colpire un satellite, così come sono in grado di fare oggi anche Stati Uniti, Russia e India. A conferma che si tratta di un orizzonte di ricerca militare in pieno sviluppo, c’è un ruolo per la Francia che lavora alla realizzazione entro il 2030 di un satellite dotato di laser in grado di colpire possibili obiettivi. Mosca smentisce di voler sviluppare missili nucleari da posizionare nello spazio, ma per spiegare quanto sta avvenendo bisogna ascoltare le parole di Chance Saltzman, attuale comandante della Space Force americana creata nel 2019, quando riferendosi alla sfida in corso afferma: «Non disporre di tali potenzialità significa perdere».
La preoccupazione di Washington si concentra soprattutto su Pechino perché, come spiega il Segretario all’US Air Force Frank Kendall al New York Times, «la Cina già dispiega alcune capacità spaziali destinate a colpire le nostre forze e senza poterle sconfiggere non saremo più in grado di operare liberamente nel Pacifico Occidentale». Se dunque già oggi, le aree di conflitti in corso dall’Ucraina al Medio Oriente fino alla Corea del Nord, fanno registrare ogni giorno il lancio di circa trenta missili, il pericolo maggiore viene dalla sfida sulle armi spaziali di nuova generazione che vede protagonisti Stati Uniti, Russia e Cina creando le premesse per un trasferimento fuori dall’atmosfera delle crescenti tensioni strategiche esistenti sulla Terra fra le maggiori potenze militari del momento. Se tale pericolo esiste è anche per l’assenza di accordi internazionali capaci di prevenirlo o impedirlo. In particolare, il Trattato sullo spazio esterno, risalente al 1967, impedisce il posizionamento di armi nucleari nel cosmo ma non fa riferimento ad armamenti differenti, a cominciare da quelli convenzionali, creando così un’area legalmente grigia che consente ampi spazi di manovra. Per avere un’idea dei rischi di escalation nello spazio che corriamo basta ricordare quanto avvenne all’inizio del 2022, poco prima dell’aggressione russa all’Ucraina, quando un virus hi-tech aggredì il network di satelliti Viasat – una società americana – riuscendo ad oscurare completamente circa 50 mila utenti in Europa, incluse molte unità militari di Kiev. Quando l’Ucraina riuscì a riprendersi dal colpo sofferto, si affidò al sistema Starlink, basato sui satelliti posseduti dalla società SpaceX di Elon Musk, e da quel momento Mosca ha più volte tentato di sabotarlo affermando che le comunicazioni satellitari commerciali sono oramai divenute un «legittimo obiettivo di ritorsione». Quasi l’anticipo dei rischi, assai maggiori, che le armi spaziali di ultima generazione pongono alla sicurezza internazionale.