la Repubblica, 19 maggio 2024
Su Blasetti e La cena delle beffe
Caro Merlo, il ministro Lollobrigida ha dichiarato che «una cena ben organizzata», magari con prodotti italiani, avrebbe evitato chissà quante guerre. Forse è il caso di suggerirgli di guardare “La cena delle beffe” di Alessandro Blasetti. O ci ha già pensato il notoriamente acculturato ministro Sangiuliano?Nicola Narciso – Giovinazzo (Bari)Sul povero Lollo trattengo l’ironia, perché è ormai troppo facile; e poi l’idea che a tarallucci e vino finiscano anche droni e bombe atomiche è la bonaria scemenza della commedia all’italiana, molto migliore di “mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Due parole merita invece La cena delle beffe,che è del 1942. Blasetti, che era bravo pur essendo fascista senza alcuna vergogna, adattò per il cinema il drammone teatrale di Sem Benelli, un epigono diD’Annunzio, allora molto popolare. (Carmelo Bene lo riprese in teatro, ovviamente con la sua arte di trasfigurazione). Il film non regge il tempo ed è inguardabile se non con l’occhio della storia. Vale infatti la pena di rivederlo per le tre cose che lo resero famoso. La bellissima Clara Calamai mostrò il primo seno nudo del cinema provocando l’ira del Vaticano, ma anche l’invidia di Doris Duranti che, amante sia del ministro Pavolini sia del direttore di Cinecittà Fontana, ottenne anche lei il privilegio di esibire il suo bel seno di regime: la chiamarono “la battaglia dei seni”. Amedeo Nazzari pronunziò con l’accento sardo la battuta «e chi non beve con me, peste lo colga!».Sbocciò l’amore tra Luisa Ferida e Osvaldo Valenti che poi aderiranno alla Repubblica di Salò e, accusati di aver torturato i partigiani a Villa Triste a Milano, saranno fucilati il 30 aprile 1945. Lei aveva 31 anni e lui 39. La loro storia ispirò un’abbondante letteratura romantica e fumettistica e nel 2008 Rai1 trasmise in due puntate il filmSanguepazzo di Marco Tullio Giordana con Luca Zingaretti, Monica Bellucci e Alessio Boni. Dopo la guerra, Blasetti si riciclò subito a sinistra, compiendo con un solo salto quello che Ruggero Zangrandi chiamò Il lungo viaggi o, che è un libro che invece resiste al tempo e che sarebbe bene (ri)leggere.