la Repubblica, 19 maggio 2024
Restaurata la stilografica di Falcone
PALERMO – Il “bunkerino” di Giovani Falcone e Paolo Borsellino è uno degli scrigni di Palermo. Una Cappella Palatina laica che custodisce tesori preziosi almeno quanto i mosaici bizantini del “Regno del sole” normanno. Gli uffici al piano ammezzato del Palazzo di Giustizia di Palermo dove i due magistrati lavorarono fianco a fianco per sei anni, istruendo il Maxiprocesso a Cosa Nostra. Manca il respiro davanti alle scrivanie, ai documenti, ai computer vintage, agli appunti scritti a mano in una calligrafia scrupolosa ed elegante. Ai posacenere, alla scatola vuota dei sigari di Falcone, fumati tutti in un’unica notte di lavoro.La penna stilografica che ha scritto il verbale dell’interrogatorio di Tommaso Buscetta e gli altri atti, con quell’ortografia inimmaginabile in questi nostri tempi di scrittura digitale, il 23 maggio del 1992 si trovava nel taschino interno della giacca di Falcone. All’altezza del cuore. Come si legge nella sentenza sulla strage di Capaci della Corte d’Assise di Caltanissetta, alle 17.56 e 32 secondi di quel giorno di maggio «i sismografi dell’Osservatorio geofisico di Monte Cammarata (Agrigento) registravano, attraverso un aumento di ampiezza relativo ad un segnale ad alta frequenza, gli effetti dello spostamento d’aria provocato dall’avvenuto brillamento di sostanze costituenti verosimilmente materiale esplosivo, verificatosi nel tratto autostradale Palermo-Punta Raisi».Era l’onda d’urto che uccise Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. E che spezzò la stilografica del magistrato: una bellissima Pelikan Toledo M900. Le cravatte e le penne, unici vezzi di Falcone che le collezionava e le usava come fedeli compagne del suo lavoro. I frammenti della penna vennero consegnati al nipote di Falcone, Vincenzo Di Fresco, figlio di Maria Falcone, insieme agli altri effetti personali. La Toledo è un modello che Pelikanproduce dal 1931: si chiama così per evocare l’arte di lavorare l’acciaio di Damasco, giunta in Spagna con gli Arabi e perfezionata nel corso dei secoli proprio a Toledo.Trentadue anni dopo la strage, la stilografica è stata restaurata e ricomposta dalla Pelikan, azienda tedesca che ancora oggi produce la Toledo. Insomma, è tornata esattamente come appare in una delle iconiche fotografie di Falcone e Borsellino sorridenti fianco a fianco, scattate durante la campagna elettorale di Giuseppe Ayala (in particolare, lo scatto di Beppe Gerbasi, entrato nella storia insieme a quello della stessa occasione di Tony Gentile).«La penna sarà esposta nel Museo del Presente che apriremo entro l’estate a Palazzo Jung a Palermo – racconta Alessandro de Lisi, curatore del progetto della Fondazione Falcone, presieduta da Maria Falcone e con Di Fresco consigliere di riferimento –. Ma non è un museo direliquie e di reperti, piuttosto di storie e connessioni, dove ritrovare l’energia civile che ha fatto di Palermo l’unica città epica recente, dove dal sangue delle stragi ha saputo ribellarsi e dire no puntualmente alle mafie: i lenzuoli alle finestre sono stati le bandiere di popolo di questa rivolta e ne sono simbolo unico nel panorama europeo». Insieme alla penna, ci sarà anche un’agenda del 1989 sulla quale Falcone scriveva appunti e scadenze (in una pagina, per dire, si legge “Sentire Buscetta?”).Giovedì prossimo saranno trentadue anni dalla strage di Capaci e, forse, la penna ricomposta di Falcone potrebbe tornare a scrivere, questa volta metaforicamente, un pezzo di storia del nostro Paese. La stilografica Pelikan Toledo, simbolo di un movimento antimafia che ritrova una voce unica, senza polemiche, amarezze e divisioni che rischiano di disperdere nel nulla il sacrificio di tutti i martiri della lotta a Cosa nostra.