Corriere della Sera, 19 maggio 2024
Le aliquote americane
Caro Aldo,
esistono certamente molti veri ricchi che hanno trasferito opportunisticamente le sedi legali e fiscali in luoghi considerati più accoglienti. Esiste anche un ceto medio che è assoggettato ad aliquote fiscali molto onerose. Ma tra Montecarlo e il ceto medio (dipendente...) esiste una gran massa di connazionali residenti, che io definisco i finti poveri, i quali presentano dichiarazioni dei redditi palesemente poco credibili. Se per un solo anno i tassametri dei taxisti fossero direttamente collegati all’Agenzia delle entrate e se i botteghini degli stabilimenti balneari per una sola stagione accettassero solo moneta elettronica, si rileverebbe che in Italia più si hanno rendite di posizione e più ci si lamenta.
Paolo NovaresioCaro Paolo,
non voglio puntare il dito contro una categoria piuttosto che un’altra. È un fatto che oltre l’80 per cento dell’Irpef sia pagato da lavoratori dipendenti e pensionati. E sulla riforma dell’Irpef si parla molto e si fa poco. Berlusconi – che aveva promesso due sole aliquote, il 22 e il 33% – diede una sforbiciatina prima delle elezioni del 2006, e Prodi si affrettò a ripristinare le aliquote precedenti. Meloni e Salvini hanno promesso la flat tax, e l’hanno fatta; ma solo per i lavoratori autonomi.
Oltre i 50 mila euro lordi l’anno, i lavoratori dipendenti e i pensionati sono considerati ricchi da tassare al 43%, come in Scandinavia. Sono andato a guardarmi le aliquote vigenti negli Stati Uniti, dopo quattro anni di amministrazione democratica, per un lavoratore con familiari a carico. Per chi guadagna da un dollaro a 15.700 dollari, l’aliquota è del 10%. La no tax area in America non esiste. Chiunque è chiamato, sia pure in modo simbolico, a dare il proprio contributo alla società. Se guadagni un dollaro, devi dare allo Stato 10 centesimi. Mi pare giusto; anche perché in Italia per molti la no tax area diventa un paradiso fiscale in patria. Tra 15.701 a 59.850 dollari l’aliquota è del 12%. Oltre diventa del 22% fino a 93.350 dollari. Insomma, il ceto medio è tassato con aliquote basse. Se accadesse lo stesso in Italia, ci sarebbero meno evasione, più sincerità, più serenità, più equità. Certo, se non paghi le tasse in America vai in galera. E puoi trasferirti a Montecarlo, in Svizzera, in Lussemburgo, alle Cayman; ma gli Usa tassano la cittadinanza, non la residenza; sempre allo Stato americano devi pagare le tasse. Che per i veri ricchi sono fortemente progressive: 24% fino a 182 mila dollari, 32% fino a 231 mila, 35% fino a 578 mila, 37% oltre. Poi certo ci sono le addizionali locali; proprio come da noi. E c’è l’assicurazione sanitaria; ormai quasi obbligatoria pure in Italia, per chi può permettersela, per avere servizi sanitari decenti.