Corriere della Sera, 19 maggio 2024
Il condono per i piccoli abusi
Prima del successo di serie tv come Fallout e cavalcando l’onda di Black Mirror, c’era chi aveva provato a immaginare una società in cui esseri umani e automi vivono in simbiosi. A giugno del 2015 Humans approda nel Regno Unito e si affaccia, con risultati poco esaltanti, anche nel resto d’Europa. Tre stagioni che possono essere riassunte nei pochi secondi della puntata d’esordio: una delle protagoniste che cammina per strada, in una metropoli britannica, chiedendosi se quelli che ha intorno sono persone o robot, in un mondo in cui gli umanoidi sono stati sdoganati come oggetti da acquistare come qualsiasi altro prodotto. Tutto troppo lontano? In realtà no: non siamo così distanti da anni in cui uomo e macchina interagiranno in maniera sempre più naturale, anche grazie all’intelligenza artificiale. Online, la questione è ancora più complessa. Distinguere tra “organico” e “digitale” non è semplice, e forse non conta nemmeno più di tanto. La dimostrazione è il successo, crescente, degli influencer virtuali; personaggi capaci di segnare la moda, consigliare sugli acquisti e, in sintesi, fare le veci di un vip in carne e ossa, probabilmente senza cadere in scandali che ne ledano l’immagine. Secondo gli ultimi dati degli analisti di Grand View Research, l’industria degli influencer virtuali raggiungerà entro la fine del 2024 il valore di 3,6 miliardi di dollari. Si tratta del 17% dei quasi 22 miliardi di dollari che tutto il settore muove nel suo complesso.
In questo pianeta parallelo a regnare è Lil Miquela, un avatar in grado di raggiungere quasi 3 milioni di follower. Metà brasiliana e metà spagnola, è stata una delle prime influencer virtuali, se non la prima, ad essere creata. Frutto dell’ingegno della startup Brud con sede a Los Angeles, specializzata in intelligenza artificiale e robotica, Lil condivide sui social, principalmente Instagram, i suoi look alla moda e i brani che realizza in studio. Si, avete capito bene: in pieno Covid, l’influencer ha pubblicato su Spotify i singoli Money e Sleeping. I brand si sono “accorti” di lei nel giro di poco: quasi quattro anni fa, la prima a puntarci è stata Samsung, che l’ha inserita nel Team Galaxy per sponsorizzare i suoi prodotti.
Imma Gram è un altro nome noto su Instagram. Forte dei suoi 388 mila follower, la “ragazza” ha presenziato anche un Ted Talk, ad aprile, in diretta da Vancouver. Ha tratti giapponesi, dice di vivere a Tokyo ed è riconoscibile per il caschetto rosa ed ha anche un po’ di senso dell’umorismo. Spesso usa l’hashtag #IThinkImCgi, pensa di essere un cgi acronimo che sta per “computer generated imagery”, un artefatto virtuale. Negli anni scorsi è divenuta uno dei volti del Japan Economics Entertainment ed è apparsa in numerose testate di moda. Ambasciatrice, tra gli altri, di Amazon, Porsche, Valentino, Ikea, Puma e Nike.
Personaggi che hanno sorpreso per la loro capacità di interagire sui social media, sfidando la percezione della realtà. Influencer, modelle, performer: anche piattaforme a mo’ di OnlyFans cominciano a fare i conti con tali celebrità. Su Fanvue emblematico è l’esempio di Rebecca Galani, modella nostrana generata da tre informatici italiani. Poche centinaia di dollari al mese guadagnati da una manciata di iscritti da reinvestire per sponsorizzare il profilo online, con post e reel che non sempre tradiscono la loro essenza artificiale. Rebecca è un po’ la Emily Pellegrini di casa nostra, due bellezze irreali che hanno ingannato, volontariamente o no, anche attori e calciatori, pronti a fare pazzie per un sogno che sembra alla portata di tutti ma che svanisce appena si torna a contatto con la realtà.
Prima della Galani era toccato a Zaira, la cui genesi si deve ai creativi di Buzzoole, che l’hanno “concepita” nel metaverso di The Nemesis. La cosiddetta “meta influencer” si rivolge ad un pubblico di donne tra i 18 e i 34 anni e giovanissimi di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Il suo obiettivo è però differente da quello delle colleghe più seguite: niente vestiti alla moda, gioielli e aperitivi ma messaggi cari alla Generazione Z, come la diversità, la sostenibilità e il benessere psico-fisico. Perché questi avatar saranno pure fatti di bit, ma non sono insensibili e quando si addormentano è probabile che sognino pecore elettriche