Corriere della Sera, 18 maggio 2024
Vespa e il pluralismo
Nella piccola storia della tv italiana non può non entrare l’ormai celebre monologo di «Cinque minuti» con cui Bruno Vespa ha messo in discussione il meccanismo della par condicio e ha riflettuto sull’uso distorto del concetto di pluralismo (Rai1).
A volte entrano in gioco anche questioni caratteriali e non sarebbe giusto non tenerne conto: Vespa era molto indispettito (livoroso?) per la decisione di Viale Mazzini di annullare il confronto televisivo a «Porta a Porta» tra la segretaria del Pd Elly Schlein e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni dato che non era stato raggiunto un minimo di cinque leader politici presenti in trasmissione, in base alle regole Agcom. Ancora una volta, sarebbe stato lui a condurre il primo confronto fra due donne. Diciamolo affabilmente: era un comprensibile sfogo di lesa maestà.
Poi però Vespa si è avventurato nel territorio insidioso del pluralismo e ha rispolverato tre famosi episodi successi nel 2001, cioè 23 anni fa (nell’universo delle comunicazioni è passato più di un secolo). Il caso Luttazzi-Travaglio, il caso Santoro (contro Berlusconi) e il caso Biagi-Benigni. Quelle elezioni, è bene ricordarlo, le vinse Berlusconi e allora si discusse molto sul ruolo della tv, se e quanto fosse stata decisiva (non dimentichiamo che Berlusconi, dalla sua, aveva tre reti televisive). Inoltre, nella fretta dei cinque minuti, Vespa si è dimenticato di dire che uno dei primi atti della Rai (direttore generale nel 2002 era Agostino Saccà) fu il «licenziamento», in modalità diverse, di Luttazzi, Santoro e Biagi a seguito del famoso «editto bulgaro» (il 18 aprile 2002, durante una conferenza stampa in occasione di una visita ufficiale a Sofia, l’allora presidente del Consiglio Berlusconi parlò dell’uso secondo lui «criminoso» della tv pubblica da parte dei tre).
Nel frattempo, lo scenario del mondo delle comunicazioni è completamente cambiato (c’è il web!) e con esso il concetto di pluralismo. Quello che in Rai non è cambiato, lo scrivo con sommo dispiacere, è la pratica della lottizzazione. Un servizio pubblico più «indipendente» aiuterebbe ad affrontare questi problemi con più serenità e professionalità