Corriere della Sera, 18 maggio 2024
Cinquant’anni del cubo di Rubik
Ha conquistato le copertine più prestigiose («Scientific American» e «Time») e musei di fama mondiale (fa parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York). Film d’autore (da «La ricerca della felicità» di Gabriele Muccino ad «Armageddon», di Michael Bay) e serie tv («I Simpson», «Rick e Morty» e la sitcom «The Big Bang Theory»), ispirando scrittori, pittori, street artist e pubblicitari che l’hanno utilizzato per vendere pressoché di tutto: computer, thriller, servizi bancari, sigari, persino brodo di gallina condensato.
Il Cubo di Rubik compie 50 anni. E ne ha fatta di strada, nella sua incredibile ascesa di oggetto cult. L’iconico rompicapo ideato nel 1974 dall’ungherese Ernö Rubik, architetto, designer e professore all’Accademia di arti e design di Budapest, è il gioco più venduto al mondo – mezzo miliardo di pezzi —, maneggiato da una persona su 7 (vale a dire oltre un miliardo di persone). E non era un gioco. «Stavo studiando un problema geometrico e come illustrarlo: volevo dimostrare in modo pratico ai miei studenti la rotazione su un asse. Ero solo tremendamente curioso. Così costruii una certa cosa che poi divenne il Cubo. Mi ci volle un mese intero per riuscire a risolverlo. Solo quando i miei amici lo videro e cercarono di risolverlo, ebbi la certezza che la mia creazione poteva avere anche un potenziale commerciale».
A raccontare la sua storia, ricca di aneddoti e particolari sfiziosi (sapevate che in suo onore, la Banca nazionale ungherese coniò una moneta da 500 fiorini di forma quadrata, con corso legale?) è lo stesso Rubik ne «Il cubo e io. Storia del rompicapo che ha incantato il mondo e del suo inventore» (edizioni Utet), il libro che da domani e per un mese potrete acquistare in edicola con il Corriere della Sera al prezzo di 8,90 euro, oltre al costo del quotidiano.
Numeri da capogiro
Oltre mezzo miliardo di pezzi venduti: è stato maneggiato da una persona su 7
Quando il Cubo compare come gioco contenuto in una semplice scatola azzurra con il nome di Buvös kocka, il Cubo magico (oggi si chiama Rubik’s ed è prodotto da Spin Master), è il 1977. «Era da poco nei negozi di giocattoli di Budapest, la mia città natale quando, un giorno, portai mia figlia in un parco giochi – ricorda Rubik —. Lì c’erano due persone che ci stavano giocando. Un bambino di circa otto anni e una giovane madre, probabilmente appena uscita dal salone di bellezza. Il Cubo sbucò dalla sua elegante borsetta. Seduta su una panchina, lanciava solo di rado un’occhiata al figlioletto, tanto era immersa nella risoluzione del gioco. Fu sbalorditivo scorgere la medesima espressione sul viso di due persone così agli antipodi. Da quel giorno, ho visto gli stessi visi e la stessa espressione in ogni angolo del mondo». Alla fine del 1979, in Ungheria ne erano stati venduti 300.000 esemplari, più altri 50.000 all’estero. Numeri straordinari, per un Paese di appena dieci milioni di abitanti.
Il resto è storia. Sei facce (è un cubo) da rendere omogenee di colore, sgranando ogni fila di qua e di là, in su e in giù. Soluzione non semplice, dato che le possibili combinazioni – lo dicono i calcolatori – sono quarantatré triliardi (per capirci, ogni triliardo equivale a mille miliardi di miliardi). «Ormai ci sono così tante risorse online che la risoluzione è accessibile a tutti – dice Lorenzo Vigani Poli, presidente di Cubing Italy, l’associazione che promuove lo speedcubing, la pratica di risolvere il cubo di Rubik nel miglior tempo possibile – ma approfondire è un’altra cosa: ci vuole passione, tempo e allenamento. Consigli? Gli unici pezzi da non muovere mai sono quelli centrali, e questi danno il colore alla faccia. E non cercate di risolvere una faccia per volta ma considerate il cubo come un problema tridimensionale procedendo per strati e non per facce. Abbiamo più di 600 soci, per lo più liceali, disponibili ad aiutare chiunque a mettersi in gioco. Una bella comunità... L’appeal del Cubo è universale, non ha barriere di lingua e cultura e per giocarci non ci sono limiti di età, genere, religione e cultura».
Dal 1982, anno del primo campionato internazionale di cubo di Rubik, di passi in avanti ne sono stati fatti, visto che allora il record mondiale era pari alla modesta cifra di 22,95 secondi e oggi siamo scesi poco sopra i tre (Max Park, 21enne statunitense, l’ha finito in 3,13 secondi stabilendo il record del mondo; Valerio Locatelli, campione italiano, ha centrato il record nazionale in 6,44 secondi). Carolina Guidetti, youtuber, 25 anni, i suoi follower (1 milione e 100mila su TikTok, 170mila su Youtube) li ha conquistati così: risolvendo il cubo a una velocità impressionante (7 secondi e 99, il suo record), anche bendata, con una mano sola o mentre è impegnata a fare sport. «Ho iniziato a 16 anni. Un compagno di classe mi ha insegnato a giocare, il mio obiettivo era batterlo. Ora l’ho insegnato anche a mio padre e a mia sorella ma trovare la soluzione, in fondo, non è poi così importante. La felicità, è cercarla».