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 2024  maggio 18 Sabato calendario

IL “VAFFA” DELLE BANCHE CINESI A PUTIN – GLI ISTITUTI FINANZIARI DI PECHINO TEMONO LE SANZIONI SECONDARIE AMERICANE E TAGLIANO I LEGAMI CON MOSCA: I PAGAMENTI CHE ARRIVANO DIRETTAMENTE DALLA RUSSIA ORMAI VENGONO RESPINTI NELL’80% DEI CASI – IL GIOCO DELL’INTERSCAMBIO CON IL PAESE DELLO ZAR NON VALE LA CANDELA DELL’ISOLAMENTO CON L’OCCIDENTE – GLI USA ESULTANO, MA PUTIN SI STA GIÀ RIORGANIZZANDO CON LE CRIPTOVALUTE… -

Il motore della “macchina da guerra russa” inizia davvero a battere in testa. A oltre due anni dall’aggressione dell’Ucraina, Mosca incontra difficoltà inedite nei pagamenti internazionali, che ora si sono estese persino alla Cina, il più amico tra i Paesi amici.

Serve anche a mettere a punto nuove strategie su questo fronte la visita di Vladimir Putin nella Repubblica popolare. «Abbiamo concordato che Russia e Cina continueranno a potenziare i contatti tra le istituzioni bancarie e che utilizzeranno energicamente i sistemi di pagamento nazionali per servire i nostri operatori economici», ha dichiarato ieri il presidente russo secondo Interfax.

I problemi nel condurre transazioni sono ormai evidenti, confermati anche dagli ultimi dati ufficiali sugli scambi: a marzo le esportazioni cinesi verso la Russia sono diminuite del 15,7% in valore, registrando la prima flessione su base annua dall’inizio della guerra, e ad aprile c’è stato un calo ulteriore, del 13%. Segnali che si sommano alle indiscrezioni […]sulla defezione di banche nei rapporti con Mosca e che gli Stati Uniti celebrano come un successo, ma anche con la crescente consapevolezza che la sfida per costringere Mosca all’isolamento finanziario diventerà sempre più difficile in futuro, perché le attuali difficoltà accelerano lo spostamento su canali informali sommersi e nel mondo opaco delle criptovalute.

Tagliata fuori dal sistema del dollaro fin dal 2022, la Russia fino a poco tempo fa aveva resistito meglio del previsto ridisegnando con grande abilità la geografia degli scambi commerciali […]. Gli ostacoli più seri sono insorti solo dallo scorso dicembre, quando Washington ha imposto un giro di vite decisivo minacciando sanzioni secondarie contro qualsiasi intermediario finanziario sospettato di agevolare le attività belliche in Ucraina.

Il voltafaccia di molte banche è stato immediato, soprattutto in Turchia e negli Emirati arabi . La reazione cinese è arrivata (o è diventata visibile) un po’ più tardi. Ma da marzo in avanti c’è stato un effetto valanga: nella Repubblica popolare sarebbero già almeno una decina gli istituti di credito di grandi e medie dimensioni che hanno rallentato o fermato le operazioni con soggetti russi.

I pagamenti che arrivano direttamente dalla Russia vengono respinti addirittura nell’80% dei casi secondo il quotidiano russo Izvestia. Anche i versamenti in yuan ora vengono guardati con diffidenza. E persino le aziende russe con una filiale in Cina faticano a condurre transazioni, tanto da cercare l’assistenza di “specialisti”: semplici prestanome o agenzie di pagamento, che in cambio di lauti compensi si muovono in modo spregiudicato, moltiplicando i passaggi di denaro in modo da offuscarne la provenienza.

Vtb Shanghai, unica banca russa con licenza ad operare in Cina, riesce ancora a garantire servizi adeguati ai correntisti, ma per aprire un nuovo conto ormai ci si deve mettere in coda, con attese fino a sei mesi secondo fonti Reuters.

La macchina inizia davvero ad incepparsi. Neppure il gigante cinese può prendere sotto gamba il rischio di sanzioni secondarie Usa. E la minaccia è più che mai concreta. Secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal – mai smentite –Washington ha già aperto un dossier con tanto di nomi degli istituti messi nel mirino.

[…] Difficoltà e costi crescenti nelle transazioni del resto sono stati ammessi persino da Nornickel, un gigante minerario, tra i maggiori gruppi russi. La situazione però ha anche spinto Mosca ad intensificare gli sforzi per potenziare metodi di pagamento alternativi, con un occhio di riguardo alle soluzioni digitali, meno controllabili . E gli Usa rischiano di non essere attrezzati per contrastarla.

Ad accendere un faro proprio su questo aspetto è una lettera aperta “bipartisan”, redatta in aprile da due esponenti di spicco del Congresso e indirizzata tra gli altri alla segretaria al Tesoro Janet Yellen e al segretario alla Difesa Lloyd Austin: Mosca «sta usando le criptovalute per spostare fondi e condurre transazioni nel dark web», oltre a sviluppare «un rublo digitale che consentirà di effettuare scambi commerciali internazionali senza convertire la valuta in dollari», denunciano la senatrice democratica Elizabeth Warren e il repubblicano Roger Marshall.

«Terroristi e Paesi canaglia come Russia, Corea del Nord e Iran – prosegue la missiva – si convertono in modo crescente alle criptovalute per evadere le sanzioni, i nostri strumenti per difenderne l’applicazione devono evolvere di pari passo».

Non sono timori infondati. Le recenti difficoltà hanno impresso un’accelerazione ai piani, che Mosca persegue da tempo, di creare un canale privilegiato per gli scambi tra i Paesi Brics, di cui fanno parte Cina, India e da poco anche Iran ed Emirati arabi. Una valuta digitale comune è un progetto complesso e forse velleitario. Ma la Russia, che quest’anno ha la presidenza dei Brics, si è impegnata ad anticipare l’avvio di mBridge, piattaforma digitale già in fase pilota su cui i Paesi del gruppo potrebbero “regolare i conti” scambiando senza problemi le loro valute, tutte poco convertibili.

In parallelo sta aumentando anche il ricorso a criptovalute, in particolare le stablecoin, dal valore ancorato al prezzo di un altro asset, come il dollaro o l’oro. Secondo un’inchiesta del Wsj avrebbe comprato anche armamenti pagando con Tether, la più diffusa delle stablecoin, emessa da una società di Hong Kong. […]