il Giornale, 17 maggio 2024
Sull’ultimo disco di Billie Eilish
C’è qualcosa di favoloso nel mondo di Billie Eilish che il suo nuovo disco spiega «con durezza e morbidezza» come recita il titolo Hit me hard and soft. Di favoloso ma pure di concreto perché in questa ragazza losangelina di neanche ventitré anni non c’è solo l’ispirazione nei testi oppure la ricerca musicale che, anche grazie al fratello alter ego Finneas, è diventata la bussola dei nuovi suoni. C’è anche una implacabile, quasi feroce, fotografia di una generazione che si pensa sempre sfocata a ogni scatto. Invece in Billie Eilish tutto è nitido, anche l’incertezza, il contorno sfumato, i sensi non decifrati. «Il titolo di questo disco (in italiano traducibile con un «Colpiscimi fortemente e dolcemente» – ndr) è la sintesi perfetta di ciò che fa questo disco, so che è una richiesta impossibile, come si può ricevere un colpo duro e delicato allo stesso tempo?», ha detto a Rolling Stone Usa aggiungendo: «Sono una persona piuttosto estrema e mi piace vivere esperienze fisicamente intense». E il riferimento non è soltanto al sesso, del quale ha parlato a lungo con inevitabile e torrenziale quantità di rilanci social impazziti su frasi come «ho capito che volevo la mia faccia in una vagina». In realtà non c’è soltanto questo nell’universo Eilish, anzi la sfera sessuale è solo una tessera dentro un mosaico che la musica illumina come riesce così bene a pochi altri della sua generazione. Non a caso è la più giovane artista della storia ad aver vinto due Oscar per la miglior canzone (ultima con What Was I Made For? da Barbie), ha vinto nove Grammy Awards e venduto l’equivalente di 70 milioni di copie. E, in questo disco, brani come Birds of a feather oppure Lunch (il nuovo singolo) rendono l’idea di una fuga voluta e consapevole dalla superficialità. «Questo disco racconta un periodo di transizione, di crescita, cercando me stessa e riflette in modo accurato quello che sono oggi», ha detto qualche settimana fa. E in questi dieci pezzi apre le porte sui luoghi spesso cupi del suo spirito, che poi rappresentano bene derive e pensieri dei suoi coetanei: «Se non soffro in qualche modo, non mi sento a mio agio». È l’immagine di una generazione che è straordinariamente distante da quella dei fratelli maggiori e che ha più voglia di scendere in profondità, anche a costo di superare barriere. Insomma è una cartina al tornasole di questa epoca che è pop quanto basta, ma anche decadente e non si spaventa a essere fedele soltanto se e quando davvero lo si vuole. A differenza di Taylor Swift, che ha creato quasi una «chiesa» radunando i suoi fan, Billie Eilish non mette navate o cupole nelle sue canzoni e nelle sue visioni. E il filo conduttore da The Diner a The Greatest è molto più attorcigliato di quanto le leggi del pop generalmente consentano. Però lei va oltre. E, tanto per dire, la sua unica (per ora) data italiana del 2025, l’8 maggio all’Unipol Arena di Bologna, è andata tutta esaurita in pochi minuti. Sarà la prova del nove di un disco che vale nove in pagella perché è coraggioso ma non sfrontato, futurista ma non progressista e, soprattutto, dannatamente vivo.