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 2024  maggio 17 Venerdì calendario

La guida agli Uffizi di Alexandre Dumas (1841)


Che Alexandre Dumas, il grande romanziere francese, avesse scritto una torrenziale, visionaria “Guida” alla Galleria degli Uffizi non lo sa quasi nessuno. Nella sua onnivora erudizione Paola Barocchi se n’era accorta e ne aveva fatto cenno in un poderoso saggio del 1982 dedicato alla Galleria degli Uffizi e alla storiografia artistica. Tuttavia quell’accenno non destò particolari attenzioni e rimase sepolto tra le migliaia di pagine date alle stampe dalla grande studiosa fiorentina. Forse perché quel testo – da un certo punto di vista – non esisteva. O meglio: esisteva, ma non era mai diventato un libro. La sua storia è molto singolare, come singolare è la storia del suo autore.Figlio di un generale francese e di una schiava originaria di Haiti, Dumas passò un’infanzia non propriamente felice, ai limiti dell’indigenza, ma ben presto il suo talento lo rese celebre nei teatri parigini grazie a testi subito acclamati dal pubblico. Con Ida Ferrier, l’attrice cui si era legato, approdò a Firenze nell’estate del 1840, inseguito dai debiti. Tra salotti e teatrià la page,lo scrittore entrò subito nel vivo dell’alta società fiorentina, dove ribollivano anche ambiziose imprese letterarie, tra cui una in particolare – ideata da una “Società di amatori” – perfetta per la sua penna: La Galerie de Florence. Volta a illustrare i tesori degli Uffizi, dal 1841 sarebbe uscita in fascicoli mensili corredati di incisioni di grande formato, in due diverse edizioni: una italiana –L’Imperiale e Reale Galleria di Firenze, curata dall’erudito Ferdinando Ranalli – e una francese, che gli fu affidata, carte blanche.Vi narrò una storia dei Medici – da Averardo fino ai Lorena – e una storia della pittura e dei pittori. Però a modo suo. In forma narrativa fino a Ghiberti, come biografie romanzate (ventiquattro) da Masaccio in poi, con toni assai più adatti a una delle riviste illustrate allora di gran moda che a una compassata pubblicazione accademica. Suoi anche i commenti alle incisioni delle opere conservate in Galleria: centinaia di testi veloci, a volte folgoranti, quasi sempre sorprendenti. Ne sortì una sorta di summa di otto secoli di pittura, un’epopea che, opera dopo opera, offriva al lettore un pittoresco romanzo sull’arte. I fascicoli uscirono fino al 1851, poi dal 1856 al 1865, ed entrarono nei salotti borghesi così come nelle biblioteche blasonate di tutta Europa, nonché dello zar, cui fu dedicata.Nella Galerie de Florence la penna di Dumas miscela alcune fonti antiche (in primis Vasari) e altri testi all’insegna della più impetuosa reinvenzione romantica, dove il filo della storia si perde in infiniti rivoli e aneddoti; aggiunge dialoghi e scorci degni dei suoi migliori romanzi, affondi di spericolata introspezione psicologica; affianca figure storiche a personaggi di pura fantasia, che il registro “pittoresco” trasforma viceversa in reali. Riempie lacune, fiorisce l’esistente e trasforma sequenze di fatti e opere in un racconto avvincente che occupa, complessivamente, oltre 300 pagine. Insomma: una meraviglia.A richiamare l’attenzione su questo testo è stata Cristina Farnetti, in un saggio apparso l’anno scorso inImagines,la rivista online degli Uffizi, in cui vengono meticolosamente narrate le tante vicissitudini che ne accompagnarono la genesi. La stessa Farnetti – assieme al presidente della Société des Amis d’Alexandre Dumas, Jocelyn Fiorina – ne cura ora l’edizione moderna integrale per l’editore parigino Chêne (Hachette). L’opera è incorso di stampa, ma la studiosa ne ha dato un’anticipazione succulenta estrapolando una delle biografie più ammalianti della Galerie – quella del misteriosissimo Giorgione – in un delizioso volumetto appena edito dall’editore ZeL di Treviso, dove il testo di Dumas appare sia in francese sia in traduzione. Esso costituisce il perno di una piccola ma raffinata mostra aperta dal 19 maggio al 29 settembre nel Museo Casa Giorgione a Castelfranco Veneto. Curata dall’autrice assieme a Matteo Melchiorre, essa srotola ilGiorgione di Dumas (questo il titolo della mostra) nella cornice più generale della storia della Galerie de Florence, accompagnandola con dipinti, disegni, stampe e documenti eterogenei. Un’installazione acustica progettata da Laboratorio teatrale Anagoor ne fa risuonare il testo nella Sala del Fregio giorgionesco, dove la voce dell’attore Marco Menegoni, che recita in italiano, si alterna con quella impossibiledello stesso Dumas, ricreata dall’Intelligenza Artificiale, in francese.Al centro dell’esposizione – proveniente dalla Galleria degli Autoritratti degli Uffizi – sta un volto barbuto che allora si credeva essere quello del maestro di Castelfranco: quel «cavaliere giovane e bello» che percorreva una Venezia dove «non vi era nulla che rimanesse estraneo alle arti», decorandola di «trofei, colonne, cavalieri armati di tutto punto, schiavi nudi, geometri intenti a misurare il mondo». Del suo passaggio in questo mondo restano pochi brandelli e neanche una firma. A colpi di penna, affilata come la spada di un moschettiere, Dumas ne scavò il profilo interiore, lo inseguì per le calli, immaginandolo mentre dialogava con Tiziano o s’appartava malinconico nel buio della sua stanza: generoso e innamorato, temerario e vinto, quasi fosse il protagonista dell’ultimo copione inviato al Théâtre-Français di Parigi.