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 2024  maggio 17 Venerdì calendario

Intervista a Patuelli

torino
«Sul Superbonus siamo stati sorpresi da una norma imprevedibile. La retroattività? Spero che i problemi vengano corretti». L’auspicio è di Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), che ieri a Torino ha dialogato con il vicedirettore de La Stampa Federico Monga in occasione della premiazione delle eccellenze del settore bancario.
Presidente Patuelli, sul Superbonus è stato approvato un decreto controverso. L’Abi è molto critica, perché?
«Siamo stati presi di sorpresa rispetto a una norma imprevista e imprevedibile, che ha un effetto retroattivo: chi ha già comprato quei crediti fiscali non potrà più detrarli dalle spese previdenziali e assicurative. E per le banche è un problema, specie in un panorama in cui i tassi di interesse sono calati. Che i dati del bilancio dello Stato non fossero così floridi, poi, non è certo una scoperta di inizio maggio 2024. Lo dico con il massimo rispetto istituzionale».
Avete calcolato quale sarà l’impatto sulle banche di questo decreto?
«La previsione non è fattibile in tempi rapidi. La norma è piena di combinati disposti, che sono un po’ come sabbie mobili. Abbiamo cercato di effettuare un’analisi, ci sono alcune valutazioni da confermare».
Ritiene che la retroattività sia costituzionale?
«Io sono innamorato del diritto costituzionale ed è un travaglio rispondere a questa domanda. Spero che i problemi vengano corretti prossimamente: non è necessaria la procedura prevista dall’articolo 138 della Carta per modificarla. Non è una norma eterna, l’auspicio è che venga migliorata».
L’Ance sostiene che questa norma potrebbe mettere le imprese contro le banche. È una preoccupazione legittima?
«Tutto il mondo delle imprese ha espresso preoccupazione. Il punto è che non esiste un solo contratto di acquisto dei crediti fiscali del Superbonus, ma ce n’è un’infinità. Di conseguenza bisognerà vedere caso per caso quali sono le implicazioni del nuovo quadro giuridico».
Cosa si aspetta dalla Bce sui tassi di interesse?
«I tassi di mercato, in realtà, sono già calati. Bisogna guardare quelli praticati dalle banche, non quelli della Bce. Da diversi mesi è possibile per famiglie e imprese avere condizioni migliori di quelle delle banche centrali. Ci aspettiamo che dal mese di giugno inizino a calare anche i tassi della Banca centrale europea».
Nei giorni scorsi è stato venduto quasi il 3% di Eni, un “gioiello” di Stato. Il debito italiano è un tabù, nessuno vuole tagliarlo: secondo lei è fuori controllo?
«Non credo. Ma dal 1967, indipendentemente da governi, maggioranze o legislature, l’ammontare totale del debito pubblico cresce ogni anno. Per quasi dieci anni i tassi erano a zero, ma non si è riusciti a innestare un circuito virtuoso per ridurre il totale dello stock del debito pubblico. Le privatizzazioni andavano fatte in quel periodo».
L’Ue ha segnalato che la situazione italiana, in prospettiva, potrebbe essere peggiore di quella della Grecia. C’è lo spettro degli anni in cui lo spread aveva raggiunto quota 500?
«Non credo. Se andiamo a vedere i tassi dei titoli di Stato a dieci anni, l’Italia ha un costo del debito del 3,72%: non è spaventevole rispetto alla nostra storia economico-finanziaria. E poi lo spread è basso anche perché la Germania non è più la locomotiva d’Europa: ha tassi al 2,41%».
Come sta sfruttando l’Italia il Pnrr?
«Sta positivamente stupendo l’Europa perché è più tempestiva delle previsioni che gli altri Paesi dell’Unione europea facevano rispetto alle complessità normative e burocratiche del nostro Paese. Finora il ministro Fitto è stato determinante negli adempimenti, tanto che l’Ue non ha ritardato alcuna tranche di pagamento».
Cosa pensa della riforma costituzionale voluta dal governo?
«Io sono uno storico del diritto costituzionale. Rimango commosso quando a Torino entro nell’Aula del Parlamento Subalpino a Palazzo Carignano, è il luogo dove si è fatta l’Italia. Confido che qualsiasi tesi venga sostenuta nei prossimi anni si basi sulla consapevolezza che la nostra Repubblica ha la sua storia più bella legata all’istituzione del Parlamento». —