Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 17 Venerdì calendario

Accettare di fallire è un atto rivoluzionario: ecco perché

Questo è un libro sul fallimento: sbagliare, deludere gli altri, rovinarsi la vita. È un libro da leggere nei momenti di disperazione: quando non riusciamo a smettere di piangere, abbiamo perso ogni speranza e ci vergogniamo troppo per chiedere aiuto.Un libro simile a quell’amico che ci tiene per mano nelle ore più nere e ci dà consigli che per un po’ ci tirano su di morale o, perlomeno, ci fanno sentire meno soli. (…) Anche chi ha scritto questo libro, è importante sottolinearlo, ha vissuto sulla propria pelle gravi fallimenti (dall’abbandono al discredito, dal panico alla confusione). Non aspettatevi quindi una sterile esercitazione accademica, né un trattato di psicologia, ma piuttosto una lettera scritta da un essere umano disperato ad altri esseri umani altrettanto disperati, nata dallo sconforto e da una lenta risalita dalla catastrofe. I manuali freddi e obiettivi non fanno al caso nostro.
(…) Ci sono libri che affrontano temi come divorzio, disoccupazione, crisi finanziaria, morte, esilio, ridicolo, vergogna e esaurimento nervoso, che ci fanno piangere e sospirare, ma in qualche modo è come se si desse per scontato che i lettori non vivranno mai in prima persona situazioni simili a quelle descritte, che si limiteranno a osservare il protagonista mentre viene denigrato, a guardare l’eroina in fuga o l’eroe che abbandona la dimora avita per una catapecchia, per poi lasciarsi tutto alle spalle, controllare che la porta d’ingresso sia chiusa a chiave, infilarsi a letto e spegnere la luce pregustando un domani sereno.
Naturalmente, più ci si avvicina alla tragedia vera e vissuta, più è difficile che le parole siano di qualche utilità. Che cosa si può dire a chi ha appena perso tutto, a chi ha visto morire una persona cara, a chi deve affrontare la rovina professionale o a chi non potrà mai più mettere piede nella propria città? Davanti a difficoltà così grandi, si potrebbe semplicemente preferire il silenzio, che forse renderebbe onore alla catastrofe meglio di certe inutili argomentazioni.
Eppure, perfino in situazioni del genere, deve esserci un modo perché le parole possano essere d’aiuto. Durante i periodi di crisi il tempo per leggere non manca: tutte le ore passate di notte in un reparto di oncologia, in un letto matrimoniale vuoto, nella cella di un carcere prima di un processo o in un rifugio dopo uno scandalo. Questo libro aspira a essere letto in stanze d’albergo solitarie e sulle banchine di stazioni ferroviarie deserte. Si rivolge a persone che piangono il proprio destino, che vorrebbero non essere mai nate, che sono tormentate dall’ansia e non ricordano l’ultimo giorno vissuto senza provare angoscia.
A volte, in quei momenti, ci si affida alla Bibbia, che spesso si trova anche sui comodini degli alberghi, e che senz’altro può rappresentare una fonte di consolazione: dalle cadenze antiche ai riferimenti a tribù lontane, agli antenati di tizio e caio… Il Nuovo Testamento, in particolare, porta con sé una certa tenerezza; dopo tutto, si tratta di una delle grandi tragedie della storia mondiale, ed è ricolma di amore e speranza. Senza dubbio l’uomo di Nazareth di sofferenza se ne intendeva. E tuttavia, per molti di noi quel libro non funziona, perché non riusciamo a credere nelle soluzioni beatifiche che ci prospetta. Viviamo un’agonia di proporzioni bibliche, ma senza un dio. Siamo come Giobbe, ma non abbiamo nessuno a cui fare domande.
Il mondo moderno non ci ha dato grandi soddisfazioni. Siamo stati talmente impegnati a inventare aggeggi che ci facessero risparmiare tempo e piccoli fastidi e siamo così ansiosi di raggiungere un futuro tecnologicamente avanzato da non renderci conto che la vita non è altro che una serie infinita di tragedie, per le quali non possiamo nemmeno appellarci al sostegno delle forze divine. È proprio qui che questo libro vuole entrare in gioco, aspirando a diventare una risorsa cui attingere quando tutto è più nero che mai.
(…) Vengono prese in esame due tipologie di fallimento, entrambe a modo loro strazianti, il fallimento reale e il fallimento immaginario. Per fallimento reale si intende ogni situazione in cui i nostri errori insieme ai capricci del destino finiscono per rovinarci la vita: bancarotta, isolamento sociale, delusioni sentimentali, scandali… Ci saranno osservazioni e considerazioni destinate a chi è stato separato dai propri cari, a chi si trova in carcere, a chi ha perso tutto, a chi da un certo punto in avanti viene emarginato dalla “società perbene”. D’altro canto il fallimento immaginario riguarda chi, pur non avendo in apparenza problemi concreti, nella sua mente vive tuttavia un inferno. Queste persone si trovano rinchiuse in una prigione psicologica che si sono costruite da sole, e il pensiero del fallimento le terrorizza, le priva del sonno, le perseguita facendo presagire la catastrofe, le suggestiona con lo spettro della rovina e del ridicolo fino a condurle sull’orlo del suicidio.
In entrambi i casi, lo scopo è trovare un modo per proseguire. Il punto non è la felicità in quanto tale, ma piuttosto la perseveranza: l’obiettivo è essere una guida verso un’esistenza che, malgrado tutto, vi permetta di andare avanti, e in cui, ogni tanto, faccia capolino anche qualche piccolo piacere. Una vita in cui tornare a sorridere e in cui, magari, ci sia posto per un po’ d’amore e qualche risata, anche se il presente non prospettava altro che sofferenza.
Questo è anche un libro sulla resilienza, perché sopravvivere al fallimento – andare avanti nonostante gli ostacoli – significa non avere più molto da temere. La vera libertà deriva dalla consapevolezza di poter superare il peggio che la vita possa metterci di fronte. Si può sperimentare il fallimento eppure, nonostante tutto, trovare la realtà in qualche modo sopportabile.
OscarWilde, uno dei più grandi falliti del suo secolo, ha parecchio da insegnarci. Nei primi tempi della sua detenzione nel carcere di Wandsworth, dopo la condanna per atti osceni del 1895, desiderava disperatamente qualcosa da leggere. Riuscì a farsi portare clandestinamente una Bibbia, qualche scritto di Platone, la Divina Commedia di Dante, Le Confessioni di Sant’Agostino e delle opere di Walter Pater e del cardinale Newman. È una lista affascinante, che ci fa interrogare su cosa possa risultare d’aiuto a un uomo che, in carcere, assiste alla distruzione di tutto il suo mondo: non ha più diritto a vedere i figli, ha ricevuto sputi alla stazione di Clapham Common, nonché centinaia di lettere ingiuriose dove viene descritto come la creatura più immonda mai apparsa sulla faccia della terra. Una sfida interessante per qualsiasi libro, che sposta l’asticella a un’altezza notevole.
È stato scritto di tutto per insegnare a raggiungere il successo. Al giorno d’oggi ogni nostra energia è concentrata su quello. Nessuno vuole parlare dell’eventualità – meno probabile ma decisamente più importante – che ciò che avevamo accuratamente pianificato possa andare distrutto. Di fronte a un fallimento abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile; non possiamo lasciare che ci sconfigga senza nemmeno provare a combattere contrapponendo idee forti. Spesso ci insegnano a diffidare dei manuali di autoaiuto – quando promettono pance piatte e montagne di soldi, per esempio – eppure, quando possono servire a farci uscire dalla disperazione, si rivelano all’altezza delle loro promesse.