Avvenire, 16 maggio 2024
Cattolici e sessualità
Gentile direttore, l’abbandono della pratica cristiana da parte dei giovani italiani sta assumendo proporzioni drammatiche. Oltre un punto percentuale in meno ogni anno (Lorenzo Rosoli su “Avvenire” dell’11 aprile scorso). Molte analisi sociologiche mostrano che il principale punto di distacco e di estraniazione è l’etica sessuale proposta dalla Chiesa, che viene percepita come incomprensibile, impraticabile e quindi – come si usa dire oggi – irricevibile. Parecchi volenterosi tentativi di analisi e di risposta sono stati proposti, anche sulle pagine di questo giornale. Penso ad esempio a quanto scritto dal rettore della Pontificia Università Salesiana lo scorso 18 gennaio a proposito della necessità di maggiore «empatia, disponibilità all’ascolto, senza toni giudicanti e senza linguaggi enfatici». Qui vorrei evidenziare un aspetto la cui rilevanza mi sembra che continui a sfuggire a molti. Potremmo chiamarlo il “paradosso dei vent’anni dopo”. Un genitore o un educatore cattolico che voglia rispondere agli interrogativi, spesso inespressi, di una ragazzina o di un ragazzino di dodici o tredici anni anni che iniziano a sentirsi attratti e forse turbati dalla realtà sessuale e affettiva, è in grado naturalmente di presentare un modello bello, armonico ed appassionante di amore umano e di sessualità pienamente compatibile con l’insegnamento tradizionale della Chiesa. Forse riuscirà persino ad entusiasmare i suoi giovani interlocutori per questo ideale. Poi però, se è onesto, dovrà concludere la sua presentazione dicendo, più o meno: «Tutto questo, cara, caro, è qualcosa che può riguardare anche te (e magari colui o colei che ti piace tanto...). Dovete solo aspettare una ventina d’anni, fino a quando – finiti gli studi e trovato un lavoro stabile – potrete sposarvi!» (è l’Istat, infatti, a ricordarci che in Italia «nel 2020 l’età media al primo matrimonio è 34,1 anni per lui e 32 per lei»). Non mi sembra che ci voglia molto a cogliere la totale mancanza di realismo e di buon senso di tale prospettiva. Dobbiamo riconoscere che non basta più riproporre le regole morali di sempre, sia pure con un packaging più moderno e accattivante. Ci vogliono idee nuove e praticabili. E ci vogliono presto. A meno di non arrendersi alla prospettiva indicata da una recente indagine sociologica di Caltabiano e Dalla Zuanna e cioè, banalmente, alla «fine della sessualità “cattolica” in Italia». Mentre le autorità educative e pastorali, forse per imbarazzo o per mancanza di risposte, scelgono perlopiù il silenzio su questi argomenti.
Luca Borghi,
Roma, docente universitario