Avvenire, 16 maggio 2024
La guerra del Congo
Il video mostra l’inferno della guerra del coltan che la comunità internazionale si rifiuta di fermare nel Kivu, in Repubblica democratica del Congo. Una mano pietosa solleva da terra un bambino di nemmeno un anno che piange disperatamente mentre intorno la gente urla. L’inquadratura si sofferma sulla madre, a terra, morta. Il piccolo è rimasto miracolosamente incolume, protetto dal corpo della mamma, uccisa per strada a caso da un proiettile mentre stava fuggendo da un attacco portato nei pressi di Goma, nel nord Kivu, dai milizianidell’M23, creati e sostenuti dal Ruanda secondo l’Onu. Il gruppo armato di etnia Tutsi, che ha iniziato l’avanzata nell’est della Repubblica democratica del Congo a inizio anno, vuole occupare per la seconda volta Goma, città chiave della regione, e sta cacciando i civili massacrandoli per poi sfruttare il ricco sottosuolo e aprire vie dirette di passaggio con il Ruanda. Il video è stato postato anche dai missionari che seguono i profughi congolesi in fuga dal conflitto per cercare di spiegare con le immagini cosa sta accadendo in una delle più cruente guerre dimenticate del pianeta. Si tratta di un conflitto tra bande armate come l’M23 e le forze armate congolesi per il possesso di terre rare come il coltan. Che sta per columbite-tantalite, minerale indispensabile per costruire microchip per computer e smartphone. Quello estratto nella Repubblica democratica del Congo molto prezioso perché è ad alto tasso di tantalite. Il 70% del coltan globale viene estratto dalle numerose miniere, anche artigianali, della Repubblica democratica del Congo. Che, però, nel 2023 ha esportato 1.918 tonnellate nel 2023 meno del sorprendente quantitativo – scriveva mesi fa Nigrizia citando dati elaborati dall’agenzia Ecofin – di oltre 2.000 tonnellate esportate dal vicino Ruanda pur senza avere molte miniere. Una prova del contrabbando verso il paese confinante del prezioso materiale che ha scatenato da decenni il conflitto. Il Ruanda è il paese preferito dalle compagnie internazionali per il commercio illecito del minerale raro perché non tassa le esportazioni di minerali e consente la riclassificazione dei beni importati come «made in Ruanda» semplicemente con un valore aggiunto pari ad almeno il 30% della lavorazione nel paese. Ne approfittano tutti. Quando i ribelli dell’M23, ai primi di maggio hanno conquistato la strategica città mineraria di Rubaya, dicono i missionari, hanno subito usato i civili come schiavi nelle miniere e nella costruzione della strada per esportarlo.
Diversi report di organizzazioni umanitarie accusano la soldataglia filo ruandese di esecuzioni sommarie, massacri e stupri per terrorizzare la popolazione.
La guerra per il coltan nella Repubblica democratica del Congo ha provocato 6,5 milioni di sfollati interni, tragedia seconda solo a quella del Sudan. Si calcola che nel 2024 più di 25.4 milioni di persone, un quarto della popolazione congolese, avrà bisogno di assistenza umanitaria. Anche i missionari nel nord Kivu faticano ad aiutare i profughi in fuga.
Kinshasa chiede sanzioni per il Ruanda e non esclude di scatenare un conflitto armato con Kigali, il quale a sua volta nega ogni coinvolgimento. Ma la comunità internazionale, con Francia e Stati Uniti, in testa, ritiene che il paese dei Grandi laghi sostenga invece il gruppo M23 e abbia impegnato forze nel Kivu. Bisogna ricordare tutto ciò rivedendo il video del bambino e della sua povera mamma, entrambi vittime senza nome della guerra per le terre rare. Bisogna ricordarselo guardando i nostri indispensabili smartphone