La Stampa, 16 maggio 2024
In difesa del premierato
Per Francesco Saverio Marini sono tutte «preoccupazioni ingiustificate». Il costituzionalista, tra i “padri” del premierato, consulente della premier Giorgia Meloni per la stesura della riforma, ha ascoltato «con rispetto» anche l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, ma ovviamente non condivide l’allarmismo. «Non ci sarà nessuno stravolgimento, non viene pregiudicato l’equilibrio dei poteri, non viene declassato il Presidente della Repubblica», assicura.Un premier eletto dai cittadini e un capo dello Stato eletto dal Parlamento: non si crea una diversa legittimazione?«È una critica che capisco poco, è fisiologico che organi di garanzia abbiano legittimazione diversa. Pensiamo, ad esempio, alla differenza tra Parlamento e Corte costituzionale. Del resto, il ruolo di presidente del Repubblica non è quello di rappresentanza politica e non è un caso che venga eletto per 7 anni, a scrutinio segreto e da parte di un’ampia maggioranza parlamentare, come deve essere per il suo ruolo di garanzia e non di parte, che la riforma non modifica».Però i suoi poteri vengono intaccati, non potrà più affrontare le crisi politiche valutando l’esistenza di maggioranze alternative in Parlamento…«Certo, non potrà più formare governi tecnici e di unità nazionale con maggioranze diverse da quella uscita dalle urne. Si ridurrà il suo potere di indirizzo politico “a fisarmonica”, ma i suoi poteri di garanzia restano intatti. Quanto alla nomina del premier, non è che oggi il presidente proceda in base a legami di amicizia o di simpatia, ma a valle di consultazioni con le forze politiche che hanno ottenuto la maggioranza in Parlamento».Maggioranza parlamentare che sarà legata mani e piedi al premier eletto e difficilmente lo sfiducerà, o no?«Non credo che il Parlamento si ritroverà alla mercé del premier, in Gran Bretagna c’è un sistema simile e non mi pare ci sia questa criticità. Deputati e senatori potranno comunque sfiduciare il premier, ma è senz’altro vero che l’obiettivo della riforma sia far durare di più i governi e rendere più rare le sfiducie».Anche perché il premier sfiduciato può chiedere lo scioglimento delle Camere e mandare tutti a casa…«Potrebbe anche consentire la nomina di un secondo premier e fare andare avanti la legislatura, purché sia vincolato al programma di governo votato dai cittadini».Insomma, lei non vede rischio o pericoli? Perché, allora, molti suoi autorevoli colleghi suonano quotidianamente l’allarme?«Non vedo particolari rischi o pericoli, ma non mi permetto di giudicare le valutazioni fatte da altri. Credo che a volte ci sia un atteggiamento un po’ ideologico, legato alle contingenze politiche».È ideologico anche domandarsi perché in nessun altro Paese del mondo c’è il premierato?«Se è per questo, anche l’attuale modello che abbiamo in Italia non esiste da nessuna altra parte. Il fatto che si sperimenti una nuova forma di governo non è una stranezza, anche in Francia hanno introdotto il semipresidenzialismo quando non c’erano precedenti. Da noi, peraltro, una sperimentazione del nuovo modello c’è già a livello regionale e mi pare stia dando buoni risultati».Non si poteva puntare a maggiore stabilità agendo solo sulla legge elettorale, come hanno fatto proprio in Gran Bretagna, senza toccare la Costituzione?«Credo sia un bene rendere più stabili le regole del gioco e ciò si può fare solo attraverso una modifica costituzionale. La legge elettorale può essere più facilmente soggetta a interventi della maggioranza di turno, magari in vista del voto, e agire solo su quella non consente di risolvere il problema in modo strutturale».