la Repubblica, 16 maggio 2024
Mosca, la strategia della tenaglia assalta Kharkiv
ODESSA – L’esercito russo conquista villaggi uno dopo l’altro, in sequenza, a Nord di Kharkiv, ed è arrivato a nove, ma per adesso non punta a conquistare il capoluogo. La città ucraina da un milione e mezzo di abitanti è un obiettivo troppo grande, con i suoi quartieri estesi e le fortificazioni ad anello che la circondano come una tangenziale. Per adesso una battaglia urbana così impegnativa non è fattibile, dal punto di vista del Cremlino: del resto, da due mesi i soldati russi tentano di entrare a Chasiv Yar, centro abitato da tredicimila persone nel Donbass, e non ci sono ancora riusciti sebbene i combattimenti siano violenti e i bombardamenti continui.
Ecco, le operazioni russe attorno a Kharkiv hanno come fine la presa di Chasiv Yar (a più di duecento chilometri di distanza in linea d’aria) perché Mosca sa che i soldati ucraini sono troppo pochi per difendere bene il fronte lungo mille chilometri, e creare una crisi nella regione di Kharkiv, quindi a Nord, costringe l’esercito dell’Ucraina a togliere alcuni reparti dal Donbass, a Est.
Del resto è il Donbass, il territorio formato dalle due regioni di Donetsk e Luhansk, l’obiettivo dichiarato del presidente Putin, che ieri commentava con entusiasmo: «Stiamo avanzando su tutti i fronti». Per paradosso militare, questa offensiva – che è la conquista più estesa di terreno da febbraio-marzo 2022, l’inizio dell’invasione – vicino a Kharkiv serve per sbloccare il fronte del Donbass. Se Putin centrasse l’obiettivo Donbass potrebbe cominciare a sostenere di avere ottenuto quello che voleva quando ha ordinato l’inizio della sua “operazione speciale”.
Tra l’altro i russi sono stati aiutati in questa offensiva su Kharkiv dalla regola che limita l’uso delle armi arrivate dagli Stati Uniti: mai contro bersagli in territorio russo. E questo vuol dire che l’esercito di Mosca ha ammassato materiale a ridosso del confine, a pochi chilometri, senza temere che fosse colpito e distrutto dai missili americani. Nel Donbass questa cosa non è possibile, perché i russi hanno alle spalle decine di chilometri di Ucraina occupata e quindi le loro basi in quell’area sono bersagli legittimi per i missili donati dagli Stati Uniti.
Ieri il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita a Kiev, ha annunciato che la vecchia regola non vale più: «Sta agli ucraini decidere come usare le armi», ha detto. Il Regno Unito aveva detto la stessa cosa il 2 maggio. Gli ucraini ottengono soltanto adesso una libertà d’azione che chiedevano da molto tempo e che sarebbe servita prima per cambiare il corso delle cose. Inoltre i massicci aiuti militari sbloccati un mese fa al Congresso americano dopo quasi sei mesi di sospensione non sono ancora arrivati o perlomeno non se ne vedono ancora gli effetti sul campo.
Questo cambiamento – la rinuncia alle cautele degli anni passati e alle molte restrizioni imposte per non provocare la Russia – è un segnale fra i tanti che le cose sul fronte vanno male per l’Ucraina. Il generale Budanov, capo dell’intelligence militare – che però dispone di molti reparti combattenti e non si limita a raccogliere informazioni – si è spostato a Kharkiv per meglio seguire la crisi. Aveva detto alla Bbc che maggio e giugno sarebbero stati mesi tremendi. Zelensky ha annullato i viaggi all’estero per lo stesso motivo. Per ora la popolazione della città regge alla pressione della guerra che torna vicina e non ci sono segni di panico, accoglie gli sfollati dai villaggi del nord e non ci sono partenze di massa.
Può suonare incredibile, considerato lo scenario cupo a Nord, ma l’esercito ucraino continua a lavorare sulla liberazione della Crimea. Ieri notte una salva di missili americani Atacms ha colpito una base aerea russa e ha distrutto il radar di un sistema S-400, uno dei più sofisticati schierati dalla Russia per creare un ombrello protettivo sull’Ucraina meridionale. Un mese fa c’era stato un attacco identico e l’intento è chiaro: azzerare le difese aeree russe in Crimea in tempo per quando gli ucraini faranno alzare in volo i loro aerei F-16 – fra un mese secondo indiscrezioni solide. Dopo aver costretto le navi della Flotta del Mar Nero ad abbandonare i porti crimeani, lo smantellamento dei radar e sistemi di difesa russi è un altro risultato per Kiev – mentre su tutto il resto del fronte la situazione non era mai stata così grave.