La Stampa, 16 maggio 2024
Intervista a Fabio Rovazzi
I sassolini dalla scarpa preferisce levarseli direttamente sui social. «Questa vicenda è stata strumentalizzata», scrive Fabio Rovazzi, al centro delle polemiche dopo aver finto uno scippo in diretta social. «Qualcuno è arrivato a parlare di danni di immagine per la città di Milano. Ma la diretta l’avete vista? Avrei potuto essere ovunque, in qualsiasi luogo del mondo. Forse si è trattato di un riflesso condizionato perché Milano è effettivamente in una situazione disastrosa». E sugli attacchi del sindaco Sala aggiunge: «Sono dispiaciuto e anche un po’ sorpreso visto che pochi mesi fa Sala si è prestato a fare da comparsa nel video dei Club Dogo, dove Milano viene rappresentata come Gotham City, la città criminale per eccellenza, ma nessun assessore ha minacciato di querelarlo». Da adesso in poi, però, vorrebbe non parlarne più e concentrarsi solo sui prossimi impegni: il debutto a Io Canto Family, da lunedì su Canale 5, condotto da Michelle Hunziker; il lancio del singolo Maranza e del podcast 2046.
Al netto delle polemiche, che immagine vuole dare di Milano con Maranza?
«È semplicemente un brano spensierato: prima a Milano esistevano i paninari, ora ci sono i maranza. Ho voluto giocarci senza accusare nessuno. Racconto un clima generale».
Il testo è però anche di denuncia sociale: teme altre strumentalizzazioni?
«Denuncia mi pare una parola forte: il problema della sicurezza a Milano è un dato di fatto».
L’aumento della criminalità è figlio del disagio giovanile?
«Non possiamo attribuire ai giovani tutte le colpe del mondo. Probabilmente è un problema che attiene più ai piani alti ma non ho le competenze per aggiungere altro».
A proposito di competenze, aveva detto che le mancava la maturità artistica per fare il giudice, come mai ha accettato “Io Canto Family” ?
«Dall’alto di cosa potrei valutare un’esecuzione canora? Io per primo ho mille difetti. Io canto Family non è però un talent tecnico come può essere X Factor. Qui vedremo dei bambini esibirsi con il papà, il fratello o il nonno: al centro, ci sono le loro storie. Per questo ho accettato».
E com’è andata?
«Ogni tanto, durante le registrazioni, sarei fuggito nel backstage: alcune storie mi toccavano da vicino (Rovazzi ha perso i nonni e il padre, ndr). Non sono uno che piange in tv e infatti non accadrà. Ho cercato di buttarla sull’ironia».
Nel 2020 si disse che il suo ingaggio a “The Voice Senior” saltò per ragioni di cachet. Mediaset è più generosa?
«I soldi non c’entrano. Avevo rifiutato a prescindere perché all’epoca non mi sentivo adatto a quel contesto. Io canto family è uno show molto diverso».
Tempo fa ha dichiarato: “Odio la mia voce. Non sono un cantante”. Sottoscrive?
«Sì, assolutamente. Per fortuna oggi viviamo in un’epoca in cui non è richiesto saper cantare. Anzi, chi ha solo una grande vocalità rischia di passare in sordina. Le mie canzoni nascono più come film: non sono pensate per essere eseguite live, in tour. Anche perché non sarei in grado… mai fatto neanche una lezione di tecnica».
Ha un animo spensierato o inquieto?
«Entrambi e su questo dualismo giocano i miei testi: mi piace creare brani divertenti ma che al contempo restituiscano una cartolina del Paese».
"Andiamo a comandare” la trasformò in star. Mai patito la sindrome dell’impostore?
«Mi fa compagnia ancora oggi. Sono convinto che molti artisti saprebbero interpretare meglio di me alcune idee: sono più preparati, hanno più talento. Se però ho deciso di metterci la faccia è solo per prendermi la reale proprietà del contenuto. Scrivere cose per altri spesso non rende giustizia».
La visibilità però le piace?
«Zero. Non amo stare al centro dell’attenzione. Non volevo per esempio che esplodesse tutta questa polemica per il video del mio finto scippo. Purtroppo è difficile prevedere quanto un contenuto possa diventare virale. Di certo, non amo le polemiche».
Autore, cantante, videomaker, attore. Prima o poi sceglierà cosa fare da grande?
«È che sono un eterno insoddisfatto. Sviluppo un’idea, sono contento ma poi non mi basta: devo ripartire, scoprire altro, fare cose nuove. Anche perché ogni mondo (tv, radio, cinema) dà un tipo di gioia diversa».
Fame di felicità?
«Più curiosità bulimica».
Il successo le ha tolto qualcosa?
«Non sono così famoso: il periodo dei paparazzi sotto casa per fortuna è finito. Forse l’unica cosa complicata sono le relazioni umane perché è come se avessi un biglietto da visita stampato in fronte. Non sempre le amicizie sono genuine».
A proposito, si è riconciliato con Fedez?
«Sì, dopo la mia partecipazione a Muschio Selvaggio ci siamo sentiti e siamo anche usciti fuori a cena».
Nel suo podcast “2046” un asteroide si schianterà sulla Terra. È così pessimista?
«Non è una mia idea, ma una previsione della NASA. Nel podcast immagino di partire su una navicella e, dallo spazio, discetto sul futuro della Terra con alcuni ospiti».
I nomi vanno da Albano a Fabrizio Corona: non esattamente dei luminari.
«Secondo lei, se avessimo fatto un podcast con degli scienziati, qualcuno lo avrebbe guardato? Comunque sperimeno una cosa mai vista nei podcast: la sveleremo oggi, nel teaser».
Un ultimo desiderio, prima del meteorite?
«Debuttare come regista. Chissà se faccio a tempo…». —