Corriere della Sera, 16 maggio 2024
Alberi e conti offshore: così il magnate «Bidzina» tiene in scacco la Georgia
È russo, ma non è russo. È filorusso, ma anche filoeuropeo. È filo-Nato, ma pure putiniano. È un oligarca, ma non è sanzionato. È il padrone, ma fa l’umile. Sogna la Georgia, ma il suo l’incubo è l’Occidente. In questi giorni, un uomo ricchissimo s’affaccia su Tbilisi dall’alto del monte Mtatsminda, dalla sua villa da 50 milioni di dollari, che all’esterno somiglia più a una centrale del latte, e guarda la folla immensa che lo contesta. Un tempo lo chiamavano il Conte di Montecristo e ancora adesso Bidzina Ivanishvili s’isola nel suo Ermitage, c’è e non c’è. Preferirebbe tacere, però gli tocca parlare: quella folla europeista e antirussa ce l’ha anche, e soprattutto, con lui. «Questo è solo il “Partito Globale della Guerra” e dietro c’è l’Occidente», s’è finalmente espresso Bidzina, lunedì scorso: «È quello stesso partito che nel 2008 ha spinto la Georgia al conflitto con la Russia. E poi l’Ucraina nel 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea. E di nuovo l’Ucraina, nel 2022. Ora, sta manovrando l’opposizione per ritrascinare in guerra anche la Georgia. Ma la mia missione sarà la piena restaurazione della sovranità».
Il popolo ha fame d’Europa? Dategli le brioche del Cremlino. E pensare che dodici anni fa Bidzina – quando scese in campo fondando il suo Sogno Georgiano, il partito ancora al governo – tutto sognava, men che di morire putiniano. «Era uno che poteva vivere bene in qualunque parte del mondo – disse Kakha Kaladze, l’ex calciatore del Milan, oggi sindaco di Tbilisi – e invece ha fondato un partito per cambiare le cose: io sto con lui!».
Ha cambiato anche molte idee. Favorevole all’ingresso nell’Ue, poi meno, ha sostenuto la presidente Salome Zourabishvili per poi chiederne l’impeachment, quando lei è andata in giro per l’Europa a sostenere la causa georgiana. S’è ritirato dalla politica almeno tre volte, rimanendoci sempre, per rientrarci lo scorso dicembre nei panni ambigui dell’amico di Mosca, prepararsi alle imminenti elezioni e spingere sulla contestatissima legge putiniana che imbavaglia le ong straniere e l’opposizione «serva dell’Occidente». Figlio d’un minatore («mio papà era così povero che non poteva comprarmi le scarpe»), Bidzina è fra i 600 uomini più ricchi del mondo, ha un patrimonio che vale il 30% del Pil georgiano, per un Picasso ha pagato una delle cifre più alte mai battute a un’asta, fa molta beneficenza e finanzia la costruzione di chiese, coltiva una passione per il green che lo porta tutte le mattine ad abbracciare gli alberi. Gliel’ha consigliato un guru «alberista», «sento la loro energia»: ne ha espiantati d’ogni tipo, e da ogni bosco del Paese, per coccolarseli in un parco di 60 ettari. «Amo le piante, perché non sono fastidiose come le persone».
I fastidi che ebbe quando viveva a San Pietroburgo, ad esempio, dove lo conoscevano come Boris, e nell’era Eltsin accumulò immensi tesori. Siderurgia e banche, elettronica e hotel, soci chiacchierati e un passaporto francese che oggi gli permette di non finire sulla lista nera degli oligarchi, ma non gli risparmia il fastidio delle ong che vorrebbe cancellare: l’accusano di controllare almeno undici società russe con capitali offshore, più altre intestate ai fratelli e ai cugini. O ai figli, albini: uno fa il rapper ed è seguitissimo sui social, un altro è spesso in copertina ed è fra i più pagati fotomodelli «con caratteristiche particolari». Bidzina è sopravvissuto alle mafie russe e al Fsb, è passato per la Rivoluzione delle Rose e per l’invasione russa. E dal giurassico Shevardnadze all’eterno rivale Saakashvili, in carcere e malato, facendo l’eminenza grigia ha eliminato tutti i rivali ed è diventato l’uomo nero della politica georgiana.
Dice d’essere «un pragmatico», e per questo di non avere votato le sanzioni alla Russia pur chiedendo d’entrare nella Nato, ma proprio questo suo pragmatismo – assieme alla questione d’Abkhazia e Sud Ossezia, un 20% di Paese controllato da Mosca – è ora fra i principali ostacoli all’ingresso della Georgia nell’Ue. Una volta chiesero al milanista Kaladze se Bidzina somigliasse più a Berlusconi o a Trump: «Tutt’e tre hanno in comune solo la politica e la ricchezza», rispose sobrio, senza far capire dove fosse il complimento.