Il Messaggero, 15 maggio 2024
Ritratto di Jessie White Mario
«Dopo aver nella sua gioventù assistito i feriti garibaldini per tutti i campi di battaglia, passa ora tutta la sua vita, sempre laboriosa, scrivendo le biografie dei nostri patrioti e percorrendo le nostre province più misere per difendere nei suoi scritti la causa degli oppressi». Così lo storico e politico del Regno d’Italia Pasquale Villari descrive l’inglese Jessie White Mario, straordinaria figura di donna che, ancorché straniera, aveva seguito con grande dedizione le vicende del nostro Risorgimento – e non solo nelle vesti di infermiera, bensì di documentarista e reporter. Fra i suoi estimatori, come riporta l’Enciclopedia delle donne, c’è anche il giornalista Luigi Bertelli. Costui ne elogia invece l’abilità nella propaganda, «fatta da pochi generosi ai quali Giuseppe Mazzini aveva trasfuso la irresistibile forza della sua fede. Tra questi, prima nell’affrontare arditamente una vita tutta di abnegazione per l’ideale di un’Italia libera, fu senza dubbio Jessie White Mario».
LE ORIGINI
Colei che Mazzini soprannominerà “la Giovanna d’Arco del Risorgimento” – altri la chiameranno “Miss Uragano” – nasce a Gosport, nell’Hampshire, il 9 maggio 1832 con il nome di Jessie Jane Meriton White. La sua è una ricca famiglia di armatori. La ragazza compie studi classici, poi fra il 1852 e il 1854 frequenta la Sorbona di Parigi. Lì, o forse a Londra, stringe amicizia con Emma Roberts, vicina a Garibaldi. E la segue quando la Roberts va a trovare il Generale a Nizza e in Sardegna. Quello che doveva essere un semplice incontro, però, diviene per Jessie un “colpo di fulmine” politico e sociale. Ha trovato il suo progetto di vita: dare un contributo alla lotta per l’indipendenza italiana. Si avvicina pertanto a diversi patrioti. Di ritorno a Londra vorrebbe fare il medico (soprattutto per aiutare i feriti), ma non è ammessa alla Facoltà in quanto donna. Non per questo cede le armi. «Sono convinta – commenta – che il modo migliore per far sì che altre donne lavorino è di cominciare noi stesse a ottenere un lavoro pratico».
IL LEGAME
Nel frattempo si lega, anche affettivamente, a Giuseppe Mazzini, che all’epoca vive da esiliato nella capitale britannica. Spinta dal grande patriota e pensatore, la White comincia a raccogliere denaro, a tenere conferenze, a scrivere molti articoli (all’inizio per il Daily News), sempre per agevolare l’unificazione. Inoltre, traduce in inglese Le prigioni austriche d’Italia di Felice Orsini. Nel ’57 Mazzini rimette piede a Genova con la sua sostenitrice al seguito, ma deve nuovamente riparare a Londra per il fallimento dei moti. Si è chiusa infatti tragicamente la spedizione di Carlo Pisacane, quella della poesia «eran trecento, eran giovani e forti e sono morti». Jessie è accusata, insieme ad altri, di averla organizzata: Pisacane aveva, a quanto pare, lasciato a lei il suo testamento politico prima di partire per Sapri.
LA PRIGIONIA
Imprigionata nel carcere di Sant’Andrea, la giovane incontra – o forse è accaduto prima – il patriota mazziniano, giornalista e scrittore Alberto Mario, con cui scoppia un grande amore. Una volta usciti di prigione, i due tornano in Inghilterra e nel dicembre ’57 si sposano. Dopodiché vanno a New York per diffondere la causa risorgimentale. Di nuovo in Italia, gli sposi vengono tratti in arresto a Bologna; nel ’60 sono a Lugano e quindi si uniscono ai volontari che da Genova partono per la Sicilia a combattere con Garibaldi e i Mille. La valorosa inglese lavora come infermiera, partecipando alla battaglia del Volturno; poi nel 1866 prende parte alla III Guerra d’Indipendenza, sempre in qualità di infermiera del corpo di sanità garibaldino. È il momento delle spedizioni di Monterotondo e Mentana, vicino Roma. La passione civile che la anima è così intensa che nel ’70 la White Mario si sposta in Francia al seguito del Generale. Siamo all’epoca della guerra franco-prussiana, che si concluderà malamente per il II Impero e Napoleone III.
L’UNITÀ
Arrivata l’Unità, Jessie si adopera per alleviare le condizioni dei più poveri, deboli e sfruttati. Attira l’attenzione sulle solfatare siciliane e sulle drammatiche condizioni di lavoro dei minatori; si preoccupa dei poveri di Napoli – nel 1877 darà alle stampe La miseria di Napoli -; affronta il tema della pellagra fra i contadini. Oltre a scrivere per i giornali italiani, inglesi e americani, redige biografie di Padri della Patria come Garibaldi e Mazzini. Colpito dal suo coraggio fattivo – e infastidito dalla scarsa attenzione della Sinistra storica per i più fragili – Giosuè Carducci dichiara: «La democrazia conta un solo scrittore sociale: ed è un inglese, ed è una donna; la signora Jessy Mario, che non manca mai dove ci sia da patire o da osare per una nobile causa».
L’EPITAFFIO
Carducci è legato anche ad Alberto Mario (che muore nel 1883), tanto da scriverne l’epitaffio: «Ora non ho più ritrovi da dargli; ora non mi resta che raggiungerlo nel riposo senza fine». Jessie, invece, scompare a Firenze nel 1906. É giusto ricordare che il nostro Risorgimento, cui hanno partecipato tante donne di tutte le provenienze e le estrazioni, deve molto anche a lei.