Corriere della Sera, 15 maggio 2024
Un film su Maria Schneider ingannata
CANNES Quando ha girato quel film censurato e consacrato, che finì al rogo e nella storia del cinema, Maria Schneider non era più una bambina e non era adulta. Un giorno accese la fantasia erotica di Bernardo Bertolucci che a 31 anni veniva dal successo de Il conformista, e di Marlon Brando, che di anni ne aveva 48 ed era già Marlon Brando. I due erano a colazione insieme. E venne l’idea del burro.
Ultimo tango a Parigi è la storia di un americano trapiantato a Parigi che dopo il suicidio della moglie ha smarrito ogni voglia di vivere. Vagando senza meta incontra una ragazza in un appartamento in affitto che i due casualmente visitano insieme. Non si conoscono, ma l’attrazione fatale incombe.
Maria di Jessica Palud (evento della sezione Première a Cannes) è la storia della vita di una ragazza che fu segnata per sempre da quel film. Maria Schneider era un’attrice di 19 anni e dunque per l’epoca, nel 1972, ancora minorenne. Nel film l’«aggressore» era un monumento di Hollywood, Marlon Brando. Dopo aver rifatto la scena della sodomìa simulata col burro, sul set è calato un silenzio quasi irreale. «Abbiamo pensato a quello che accadde realmente», dice Giuseppe Maggio che interpreta Bertolucci.
Maria è ispirato alla biografia che Vanessa Schneider ha scritto su sua cugina, impersonata da Annamaria Vartolomei, 25 anni, romena come romene erano le origini per parte di madre di Maria.
La regista: «Io non giudico, ho fatto un ritratto di quella società attraverso lo sguardo della Schneider. Ho ammirato Bertolucci di cui sono stata stagista per The Dreamers». Però aggiunge che «in nome dell’arte è tutto passato sotto silenzio. Il film interroga le beffe dell’integrità, i limiti dell’arte, il tradimento attraverso lo sguardo di Maria».
Jessica Palud è entrata nei suoi pensieri, nella sua pelle, nel suo respiro: «Ho cercato di provare quello che lei ha provato. Quando anni dopo ha raccontato quello che le era accaduto, nessuno le ha prestato ascolto. Non c’era nessuno a proteggerla». La cugina Vanessa dice che dal film «uscì danneggiata, iniziò a drogarsi, veniva insultata per strada, associata a un oggetto sessuale, la gente faceva battute volgari sul burro».
Ignorata
«Quando anni dopo ha raccontato quello che le era accaduto, nessuno l’ha ascoltata»
La regista ha letto «la sceneggiatura originale e la sequenza del burro non c’era». Era un cinema di uomini fatto per gli uomini. Bertolucci prima di girare la avvisò che sarebbero andati oltre, che gli piaceva improvvisare e cercare momenti accidentali. Fatto sta che Brando le abbassò i pantaloni, e questo non era scritto. Bertolucci a posteriori disse che voleva «le vere lacrime di Maria». Lei nel 2007, 35 anni più tardi, provò a liberarsi del suo tormento e raccontò l’inganno di essere stata avvertita «un minuto prima del ciak. Brando mi disse: non preoccuparti, è solo un film». Per la regista quella scena hard, quel tango sulfureo, è «di una violenza rapida, tranchant e senza appello».
Quando Maria non c’era più e non poteva ascoltare le sue parole, Bertolucci ha dichiarato di avere avuto «sensi di colpa ma senza rimpianti». Ma in seguito ritrattò: «Maria sapeva tutto tranne il burro».
«La crudezza sta nell’inquadratura che mostra la troupe mentre assiste a tutto», dice l’attore Giuseppe Maggio. Cosa le ha consigliato la regista? «Di non cercare la malvagità. Ho vissuto il film da Bertolucci e non da spettatore. Per lui il burro rappresenta la mortificazione della famiglia borghese».
Anche per Marlon Brando la regista non ha inseguito «una somiglianza perfetta ma un’evocazione. Le soluzioni erano due: prendere un sosia o qualcuno che rappresenti il mito e il fascino di Hollywood. E Matt Dillon era l’attore di cui le ragazze avevano il poster in camera». Per la sua discesa agli inferi la protagonista aveva l’intimacy coordinator e una stuntwoman, perché «l’azione così violenta poteva richiedere una sostituzione, che non è avvenuta».
Per Bertolucci, Giuseppe Maggio ha però cercato una plausibilità fisica, indossando i suoi indumenti, la giacca di renna e di pelle, il borsalino, oltre a pettinatura e basettoni: «Io non do giudizi artistici, so che Maria Schneider soffrì molto». «Non era preparata né alla gloria né allo scandalo», dice la regista. Si è concentrata sulla libertà della tormentata Maria dai ricci neri, disordinati come lei, e sulle conseguenze della sua libertà. Il film è dedicato a lei, scomparsa nel 2011, a 58 anni.