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 2024  maggio 14 Martedì calendario

Su Maria Montessori

Ogni mattina un risciò trainato da un portatore trasportava Maria Montessori dal suo appartamento a Leadbeater Chambers, nei boschi metropolitani della Società Teosofica di Madras sulle rive del fiume Adyar, fino all’Olcott bungalow, poco lontano, dove teneva le sue lezioni. Era il 1939. Montessori era arrivata da Amsterdam, dopo aver lasciato l’Italia, ripudiato il fascismo e rotto con Mussolini. Era accompagnata dal segretario, Mario, che in alcune occasioni presentava come il nipote. Era un quarantunenne robusto che poteva passare per il nipote grazie a una vaga somiglianza con la dottoressa Montessori, che in quell’anno aveva già compiuto 69 anni.
La pedagoga era arrivata in India su invito di una coppia alla guida della Società teosofica: George Arundale e la moglie, Rukmini Devi, danzatrice di Bharatanatyam e militante per i diritti animali che in seguito divenne la prima parlamentare donna in India. Anche Mahatma Gandhi conosceva il metodo Montessori e il premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore nel 1929 aveva fondato già alcune scuole “Tagore-Montessori”.
Il quartiere di Adyar e i graziosi viottoli della Società teosofica, con templi e chiese di ogni denominazione che sorgono tra sacri baniani e baobab, divennero l’incantevoledimora indiana della pedagoga e del segretario-nipote. Ma i venti della Storia mandarono a soqquadro l’idillio. Mussolini dichiarò guerra al Regno Unito. E poiché l’India era ancora parte dell’Impero britannico, i cittadini di una nazione belligerante come l’Italia non potevano più circolare liberamente. I due italiani vennero immediatamente internati.
Per rispetto della fama internazionale, del prestigio accademico e anche della vetusta età, il Viceré consentì a Montessori gli arresti domiciliari presso la Società teosofica. L’inarrestabile dottoressa pianificò subito altri sedici corsi per insegnare il metodo. I suoi progetti furono però rovinati dal fatto che invece Mario, in quanto maschio, più giovane, e, appunto, italiano, fu internato nel campo di Pallavaram, a sud di Madras, con altri prigionieri militari e civili.
Montessori era disperata per due motivi. Il primo, evidente a tutti, ma in realtà meno importante, è che lei non parlava bene l’inglese. Senza le traduzioni simultanee di Mario, non poteva a insegnare. Provò a gesti, ma non era quello il modo. Ciò la spinse ad approfondire alcune considerazioni, poi pubblicate nel suo ultimo saggio, sulla capacità di apprendimento di nuove lingue nei più giovani, dall’infanzia all’adolescenza, in confronto alla refrattarietà del cervello più maturo nell’assorbire un nuovo linguaggio.
Ma il secondo, intimo e più importante motivo della disperazione perla detenzione di Mario a Pallavaram era più viscerale. Per dare più peso alla richiesta di scarcerazione del segretario-nipote, Montessori fu costretta a rivelare un segreto che teneva con sé da una vita. Quel nipote, quel segretario, quel giovane robusto con il sorriso così familiare era in realtà suo figlio.
L’innovatrice considerata oggi la colonna portante della pedagogia mondiale del Novecento, a 27 anni si era innamorata, ricambiata, di un collega, il professor Giuseppe Ferruccio Montesano, uno dei fondatori della psicologia e della neuropsichiatria infantile italiana. Rimasta incinta, ma essendo nubile, decise su pressioni della famiglia Montesano di non rivelare il fatto. Lo scandalo avrebbe danneggiato le carriere di entrambi.
La giovane Montessori nascose la gravidanza e nel 1898 partorì il figlio di nascosto, lontano dalle chiacchiere indiscrete. Non potendolo allevare, affidò il piccolo Mario a una famiglia di fattori che viveva in campagna. La famiglia adottiva lo accudì lontano dallo scandalo che avrebbe rovinato la carriera della madre naturale, che lo andava a trovare una volta alla settimana, facendosi passare per una zia amorevole.
La madre adottiva di Mario morì quando lui aveva solo 14 anni. Solo allora il ragazzo andò a vivere con la vera madre, ma restando all’oscuro della verità. Sapeva di essere nipote, non figlio. Nel 1915 la accompagnò in un viaggio a San Francisco. Innamorato dell’America, non ancora ventenne, decise di restare lì e poco dopo sposò Helen Christie, con la quale si trasferì a vivere in Spagna, dove ebbe da lei quattro figli. Poi divorziò, e si risposò con una donna olandese. Negli anni, Mario aveva sviluppato un forte interesse per il lavoro scientifico della “zia” Maria, diventando anche lui pedagogo, partecipando alla trasformazione del Metodo di Maria nel 1929 nella Associazione Internazionale Montessori. Con la padronanza delle lingue contribuiva a globalizzare le idee di quella che pensava fosse una parente, non un genitore.
Torniamo a Madras (oggi Chennai) dove due volte l’anno veniva concesso a Maria Montessori di visitare quello che, pur di ottenerne la liberazione, era stata costretta ad ammettere essere in realtà il figlio naturale. Quando andava a visitarlo portava con sé un seguito di alunni. Una volta, uno dei bambini cercò di stringere le mani di Mario attraverso il filo spinato, ma una sentinella gli diede una manganellata sulle dita. Davvero poco “Montessori”... Di fronte a questo gesto violento su un bambino, la dottoressa scoppiò a piangere fuori controllo.
Quando si sparse la voce che i Montessori erano internati in India, gli Arundale iniziarono una campagna di lobbying, lettere e pressioni da parte di personaggi influenti. Finalmente, dopo mesi, il 31 agosto, giorno del compleanno di Maria Montessori, tra l’ombra rinfrescante dei boschi della Società teosofica arrivò una lettera del Viceré: «Abbiamo pensato a lungo a cosa regalarle per il suo settantesimo compleanno. E abbiamo pensato che il miglior regalo che possiamo farle è di rispedirle suo figlio».
Era il primo riferimento pubblico e scritto al fatto che Mario era il figlio della dottoressa Montessori, non il nipote né il segretario. I due si poterono riabbracciare. Mario era però traumatizzato dalla scoperta e ci mise un po’ prima di rappacificarsi con quella madre che aveva tenuto nascosto così a lungo il loro vero legame. Nel 1947, a guerra conclusa, madre e figlio Montessori poterono rientrare in Europa. Ma tornarono subito in India per terminare la serie di corsi a Madras, Pune, Ahmedabad e a Karachi. Né i travagli della guerra, né le rivelazioni intime che ne conseguirono, l’avevano dissuasa dal continuare la sua missione che ha lasciato un’importante eredità anche in India, dove si insegna ancora il suo metodo in 2.762 scuole.
Quando Mussolini dichiarò guerra a Londra, l’uomo fu internato in quanto italiano