Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 14 Martedì calendario

Il ministro fusibile

Nella vita di ogni governo c’è sempre un giorno in cui il ministro dell’Economia rischia di saltare come un fusibile. Questo momento è diventato più frequente dalla Seconda Repubblica in poi, da quando, cioè, s’è deciso di accentrare nelle stesse mani le entrate e le uscite. E si sta pericolosamente avvicinando anche per il governo Meloni, e in particolare per il ministro Giorgetti, il quale da settimane manda segnali inequivocabili sull’impossibilità della sua permanenza nell’esecutivo, se i partner della coalizione continueranno a premere su di lui per nuove spese a debito.L’ultima querelle s’è accesa a proposito del Superbonus, da Giorgetti definito come un’idrovora che succhia denaro pubblico senza controllo, e della sugar tax (tassa sulle bibite gasate), osteggiate da Forza Italia e in prima persona dal vicepresidente Tajani, da sempre difensore delle banche, che se passasse l’allungamento dei tempi dello sconto fiscale previsto da Giorgetti ne pagherebbero le conseguenze. A maggior ragione il leader dell’ex-partito berlusconiano si oppone all’introduzione di una nuova tassa, ancorché piccola e indiretta come sarebbe quella destinata ai consumatori di analcolici con le bollicine, essendo Forza Italia storicamente contraria all’aumento della fiscalità. La sensazione, fin dall’inizio, è stata quella di uno scontro nato anche da esigenze di propaganda della campagna per le Europee e proiettato necessariamente verso una soluzione. Ma il punto non è questo.Condizionato o meno dalle scadenze elettorali, il braccio di ferro tra vicepremier e ministro dell’Economia anticipa la partita più grossa della legge di stabilità in autunno: quando il governo, solo per confermare gli impegni presi nel 2023 dovrà trovare una ventina di miliardi che in cassa non ha e per la prima volta non potrà prendere a debito come fece l’anno scorso. Così, i vantaggi del cuneo fiscale per lavoratori a basso reddito e la prima tranche della riforma fiscale (non parliamo dei 100 euro sul modello degli 80 euro renziani, con cui Meloni vorrebbe chiudere la campagna per il voto dell’8 e 9 giugno) sono in pericolo. E nessuno come Giorgetti, che ha firmato a Bruxelles insieme al commissario Gentiloni il nuovo Patto di stabilità, sa che stavolta non si scherza. —