La Stampa, 14 maggio 2024
Il ministro fusibile
Nella vita di ogni governo c’è sempre un giorno in cui il ministro dell’Economia rischia di saltare come un fusibile. Questo momento è diventato più frequente dalla Seconda Repubblica in poi, da quando, cioè, s’è deciso di accentrare nelle stesse mani le entrate e le uscite. E si sta pericolosamente avvicinando anche per il governo Meloni, e in particolare per il ministro Giorgetti, il quale da settimane manda segnali inequivocabili sull’impossibilità della sua permanenza nell’esecutivo, se i partner della coalizione continueranno a premere su di lui per nuove spese a debito.L’ultima querelle s’è accesa a proposito del Superbonus, da Giorgetti definito come un’idrovora che succhia denaro pubblico senza controllo, e della sugar tax (tassa sulle bibite gasate), osteggiate da Forza Italia e in prima persona dal vicepresidente Tajani, da sempre difensore delle banche, che se passasse l’allungamento dei tempi dello sconto fiscale previsto da Giorgetti ne pagherebbero le conseguenze. A maggior ragione il leader dell’ex-partito berlusconiano si oppone all’introduzione di una nuova tassa, ancorché piccola e indiretta come sarebbe quella destinata ai consumatori di analcolici con le bollicine, essendo Forza Italia storicamente contraria all’aumento della fiscalità. La sensazione, fin dall’inizio, è stata quella di uno scontro nato anche da esigenze di propaganda della campagna per le Europee e proiettato necessariamente verso una soluzione. Ma il punto non è questo.Condizionato o meno dalle scadenze elettorali, il braccio di ferro tra vicepremier e ministro dell’Economia anticipa la partita più grossa della legge di stabilità in autunno: quando il governo, solo per confermare gli impegni presi nel 2023 dovrà trovare una ventina di miliardi che in cassa non ha e per la prima volta non potrà prendere a debito come fece l’anno scorso. Così, i vantaggi del cuneo fiscale per lavoratori a basso reddito e la prima tranche della riforma fiscale (non parliamo dei 100 euro sul modello degli 80 euro renziani, con cui Meloni vorrebbe chiudere la campagna per il voto dell’8 e 9 giugno) sono in pericolo. E nessuno come Giorgetti, che ha firmato a Bruxelles insieme al commissario Gentiloni il nuovo Patto di stabilità, sa che stavolta non si scherza. —