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 2024  maggio 14 Martedì calendario

Il costo della corruzione

«Nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti sul fronte della lotta alla corruzione», avverte il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia nella sua relazione annuale, in cui lamenta i troppi affidamenti diretti nel campo degli appalti, i continui tentativi di scardinare le regole e limitare i controlli (come nel caso della diga di Genova e del ponte sullo Stretto), i limiti del nuovo Codice degli appalti, l’assenza di una legge per regolamentare le lobby e i rischi connessi all’introduzione dell’intelligenza artificiale nel campo degli appalti e della Pa.
«La classifica degli Stati membri sullo stato di diritto, contenuta nell’ultimo rapporto dell’European Court of Auditors, la Corte dei conti europea, vede il nostro Paese in una posizione ancora troppo arretrata» ha spiegato ieri Busia nel suo intervento alla Camera, ricordando che dal rapporto 2023 sulle attività della Procura europea (Eppo), «l’Italia risulta il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata». Quanto all’Anac nel 2023, nell’ambito delle vigilanza in materia di anticorruzione e trasparenza, l’Autorità ha gestito 1.294 istruttorie, oltre ad aver avviato 395 procedimenti e gestito 441 istanze di precontenzioso.
Per Busia «è essenziale» prevenire la corruzione «ancor prima che reprimerla», «per evitare che la sua ombra si distenda sulla società, sull’apparato pubblico e sul tessuto produttivo, pregiudicando prospettive di lavoro e di vita». A suo parere, infatti, la corruzione «mortifica legittime aspettative, deteriora la qualità dei servizi pubblici, rafforza le mafie, inquina la democrazia. Ha un costo, quindi, sociale, civile e umano, oltre che economico». E sono vittime della corruzione anche i morti sul lavoro. «Anche quando non uccide – ha poi aggiunto il presidente dell’Anac – la corruzione arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli. Opere non ultimate, o completate con smodati ritardi e sperpero di risorse pubbliche. Imprese sane che falliscono a causa di un mercato poco aperto e trasparente. Giovani eccellenze costrette a cercare all’estero chance di realizzazione professionale, sottratte in patria da concorsi poco trasparenti».
Sono molte le criticità segnalate da Busia a partire dai troppi affidamenti diretti che hanno raggiunto oltre il 90% del totale (78% se si escludono dall’insieme i contratti sotto i 40.000 euro), percentuale sale oltre il 95% se si considerano anche le procedure negoziate. E Busia, in particolare, ha ricordato che il nuovo Codice degli appalti, oltre a non prevedere l’obbligo di avvisi o bandi per i lavori fino a 5 milioni di euro, consente di acquistare beni o affidare servizi fino a 140.000 euro senza neanche il vincolo di richiedere più preventivi. Una scelta questa già criticata a suo tempo e su cui l’Anac ora sollecita un ripensamento. Nel complesso parliamo di una torta che nel 2023, anche per effetto del Pnrr, ha toccato quota 283,4 miliardi, il 36,4% in più rispetto al 2021 e addirittura un +65,9% sul 2019.
Il presidente dell’Anticorruzione segnala poi la poca attenzione all’occupazione femminile e giovanile nel Pnrr (nessun aumento rispetto al 2022), i rischi della crescita smisurata dei «medici a gettone», l’ingiustificato ricorso ai subappalti anche quando non servono lavorazioni particolari. E per questo Busia definisce «cruciale una vigilanza rigorosa, posto che i rischi appaiono crescenti man mano che si scende lungo la catena degli affidamenti e dei sub-affidamenti. Quando non vi è una giustificazione legata a lavorazioni o funzioni particolari, nei subappalti a cascata a perdere qualcosa sono spesso i lavoratori, le imprese subappaltatrici e la stessa stazione appaltante».
Il presidente dell’Anac ha poi richiamato la necessità di una legge di regolamentazione delle lobby e l’esigenza di recepire la direttiva europea Anticorruzione, stoppata in Italia in commissione parlamentare e poi ha messo in guardia sull’introduzione dell’intelligenza artificiale negli appalti pubblici e nella Pa. «Sarà fondamentale che le decisioni assunte con tali sistemi siano ispirate a rigorosi criteri di non discriminazione algoritmica – ha sostenuto Busia – e che la decisione ultima sia comunque riservata alla persona».
Unici dati positivi la digitalizzazione degli appalti, entrata a pieno regime, e la qualificazione delle stazioni appaltanti scese dalle precedenti 26.500 unità a 4.353 soggetti qualificati. Ma anche in questo caso bisognerebbe però rivedere le deroghe: troppe quelle previste dalla legge. —