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 2024  maggio 14 Martedì calendario

Viaggio nella terra natale di Stalin «L’incubo è la terza invasione russa»

L’attesa, la paura e la rabbia si respirano a Tbilisi capitale della Georgia, dopo l’approvazione della legge sugli “agenti stranieri” che può spezzare il forte legame tra la società civile georgiana e le organizzazioni europee che vedono nella Georgia, in prospettiva, un’altra stella dell’Unione. Specie i giovani sentono il fiato sul collo del gigante russo al confine, e guardano con crescente apprensione gli arretramenti degli ucraini nella guerra con l’esercito di Putin. Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, un’invasione pacifica di giovani russi in fuga dalla mobilitazione ha riempito case e alberghi in tutto il Paese. C’è un valico aperto e il flusso non si arresta. La Georgia, incastonata nel cuore delle turbolenze caucasiche, ha già subito due guerre dopo la disgregazione dell’Urss, nel 1993 e nel 2008. E si è ritrovata più piccola dopo la rivolta separatista, sostenuta da Mosca, di Abkhazia e Ossezia del Sud. IL CONFINE MOBILEQuest’ultima chiede l’annessione a Mosca, proprio come il Donbass ucraino nel 2014. L’autostrada fra Tbilisi a Gori, la città natale di Josif Vissarionovi Dzugavili (il vero nome di Stalin che era georgiano), costeggia a breve distanza quello che per tutti è «il confine illegale» con l’Ossezia del Sud. Le guardie di frontiera allargano le braccia e confessano che i colleghi russi si portano avanti di qualche metro ogni giorno. La linea del confine è variabile, si avvicina sempre più ai candidi prefabbricati dove vivono i profughi delle invasioni russe precedenti, sullo sfondo dei ghiacciai del Grande Caucaso. A Tbilisi, sui muri delle case i graffiti della solidarietà georgiana a Kiev, e gli insulti a Putin e alla Russia. Sulle vetrine dei negozi e negli androni dei palazzi, la vicinanza ideale dei georgiani all’Ucraina è testimoniata da un fiorire di murales. La stragrande maggioranza dei georgiani tifa Zelensky, Ue e Nato. lL NO ALLO ZARNella piazza centrale, davanti alla statua dorata di San Giorgio si affaccia il palazzo in cui la Nato per anni ha gestito i suoi programmi nel Paese, invitando i cittadini a visitare il centro di informazione. Ora l’ingresso è sbarrato, il personale se n’è andato allo scoppio della guerra russo-ucraina. L’effetto dell’arrivo dei giovani russi è stata l’impennata dei prezzi degli affitti, che non sono più scesi. C’è insofferenza verso quei figli della Russia che non condividono la guerra, sono critici con Putin, ma agli occhi del popolo georgiano in lotta contro l’espansionismo russo sono dissenti che se la danno a gambe nel “giardino di casa” della Georgia, invece di restare a combattere il regime dall’interno. A Tbilisi, si “toccano” tutti i temi dell’attualità internazionale, come nella Sinagoga dove spiccano sui muri gli appelli per la liberazione degli ostaggi israeliani e ebrei a Gaza. Il segno della presenza italiana è visibile nelle architetture allegre e eccentriche di Michele De Lucchi, designer di fama che ha progettato le strutture del ministero dell’Interno improntate all’idea di trasparenza e il centralissimo Ponte della Pace, che è diventato un’icona di Tbilisi. Negli alberghi all’occidentale si tengono convegni sul miraggio dell’adesione alla Ue, ma gli analisti che arrivano da Georgia, Moldova, Stati baltici e Polonia si focalizzano ormai solo sui temi della sicurezza, e sulla necessità che l’Europa si armi e riconosca che l’imperialismo russo potrebbe non fermarsi all’Ucraina. A Gori, intanto, brillano come nuovi i cimeli di Stalin, nel museo e nel parco antistante dove è stata ricostruita la sua casa d’infanzia, e sul treno attrezzatissimo, autentico, che lo portò a Yalta. Le scolaresche russe si indicano a vicenda il primo documento in cui il dittatore assunse il nome di Stalin. Le guide russofone evitano però di accompagnare gli studenti sotto lo scalone, dove sono state ricavate sale in cui spiccano le foto degli orrori russi in Georgia. I turisti moscoviti sono malvisti dai ciceroni, e le guide georgiane non si prestano volentieri a parlare russo. Molti sono andati a svernare a Batumi, sul Mar Nero, a ridosso del “confine illegale” con l’Abkhazia oltre la quale c’è Soci, la residenza estiva di Putin e sede dei Giochi invernali del 2014. Anche Soci era georgiana, una volta. La voglia di Europa, qui, è tanto più forte quanto più i georgiani percepiscono che la Nato non li difenderà mai dai russi, se sfonderanno di nuovo.