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 2024  maggio 14 Martedì calendario

Su Gianni De Michelis

MILANO Il libro di Paolo Franchi inizia con un formidabile piccolo aneddoto. Siamo nel 1991 e il ministro socialista Gianni De Michelis invita a cena alcuni giornalisti della redazione romana del Corriere tra cui l’autore. Gli chiedono della situazione agitata nel governo, dei rapporti tra i partiti, lui – ricorda Franchi – si mostra disinteressato alle beghe del giorno per giorno. Snocciola viceversa una serie di dati per spiegare che da lì a vent’anni le migrazioni saranno, insieme all’ambiente, la priorità più grande: «Attraverseranno il Mediterraneo a milioni».
Molto tempo dopo Boris Johnson, allora ministro degli Esteri britannico, ricorderà che De Michelis propose, in anni in cui sembrava un’idea «pazzesca», che una parte del Pil dei Paesi europei venisse destinata a quelli del Nord Africa per favorirne lo sviluppo. E su quel politico italiano aggiunge: «Amava molto andare in discoteca. Di certo sul Mediterraneo aveva ragione». La passione per il ballo (su cui scrisse anche un libro) si è impressa per un lungo periodo come un marchio; ovviamente De Michelis fu molto altro e di più – e il libro lo racconta egregiamente – ma pure quell’aspetto, sostiene Franchi, esprime bene «l’ingordigia politica, intellettuale e anche fisica» dell’uomo. Nella ricostruzione della sua vita individua un filo rosso: l’originalità. Un irregolare, appunto. Dagli anni giovanili fino alle responsabilità di governo, una corsa alimentata dalla «malattia» della politica. La formazione «radical socialista» in una Venezia immersa nelle passioni del Sessantotto, all’interno di una famiglia ugualmente vivace; la «scuola» dell’Unione goliardica italiana nel periodo dell’università, vivaio di tanti «eretici» della politica, a cominciare da Marco Pannella; e poi il Partito socialista, in cui De Michelis si colloca a sinistra, scegliendo il «riformismo rivoluzionario» di Riccardo Lombardi fino alla decisione di schierarsi con l’arrembante Bettino Craxi per la conquista della leadership; e infine il governo, dove il pragmatismo (frutto anche di un’insolita formazione scientifica, è laureato in Chimica) si sposa con la visione, quei «pensieri lunghi», formula nata per definire lo sguardo sulla realtà del leader comunista Enrico Berlinguer e che Franchi, consapevole dell’accostamento con un politico «agli antipodi», riconosce anche all’esponente del Psi.
La visione
Tra i primi a prevedere l’onda delle migrazioni Per questo lo citò anche Boris Johnson
C’è un episodio, tra i tanti descritti, che appare particolarmente significativo. Alla morte di De Michelis, l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, «che già non sta affatto bene», insiste perché venga ricordato «come merita». Viene organizzato un convegno in Senato e Napolitano prende la parola: «Vorrei che mai più accadesse che si parlasse di lui in modo volgare, calunnioso e stupido». E quindi ricorda il comportamento «magnifico» al ministero delle Partecipazioni statali e «l’empito prepotente» con cui innovò la politica estera italiana, il lascito probabilmente più importante, mentre – dalla riunificazione tedesca al crollo dell’Urss, dalla guerra del Golfo alla crisi nella Ex Jugoslavia – un mondo crollava.